Squid Game 2 di Hwang Dong-hyuk

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Il ritorno di Gi-Hun

Gi-Hun è tornato. Il giocatore 456, interpretato da Lee Jung-jae, torna al centro dell’arena con il proposito di ribellarsi e sovvertire l’ordine imposto dalla imperscrutabile organizzazione di Squid Game.
Non vogliamo girarci attorno né annoiare i più impazienti con inutili preamboli: Squid Game 2 merita il vostro tempo, confermando l’estrema bontà della formula di partenza, al netto dei buchi di sceneggiatura, dei colpi di scena telefonati e di qualche personaggio poco riuscito.

Una caccia al ladro fuori dall’arena

Durante la prima parte della serie, l’azione si svolge all’esterno dell’arena-castello di Squid Game anche se, metaforicamente, i giochi cominciano da subito: Gi-Hun e il reclutatore (il misterioso individuo che rilascia biglietti da visita ai potenziali candidati, interpretato da Gong Yoo) si sfidano in un avvincente inseguimento che culmina in una roulette russa ad altissima tensione.
Il nostro protagonista stavolta è deciso a fare le cose in grande: assolda un esercito, reperisce un arsenale di armi, stabilisce in un motel la base delle sue operazioni per stanare l’organizzazione. Nel frattempo, il poliziotto, fratello di Front Man (a cui quest’ultimo aveva sparato) scandaglia tutte le isole alla ricerca di quella dove si svolgono i giochi.

Questa caccia al ladro iniziale sorprende e risulta una delle parti più riuscite dell’intera serie, inoltre, quando si entra nel vivo e si torna nell’arena di Squid Game, l’impressione di un “more of the same” appare smorzata dalle differenti condizioni di partenza appena descritte.

Il ritorno nell’arena e una nuova regola 

Un meccanismo perfetto necessita soltanto di leggerissime alterazioni per rivelare nuovi paradigmi: ora i giocatori hanno la possibilità di votare per uscire dall’evento al termine di ogni gioco. Questa regola aggiuntiva, estremamente provocatoria, potrebbe sembrare un azzardo troppo rischioso, ma si rivela invece uno schiaffo morale dato con arroganza da parte di un’organizzazione che conosce intimamente la pulsione della natura umana e l’intima disperazione dei concorrenti.
Si delinea qui la spaccatura profonda sulla quale verte l’intera questione morale: sono loro che lo vogliono; noi non facciamo altro che dargli la possibilità di mostrarsi per quello che sono.

A proposito della natura umana

La natura inquinata e meschina dell’essere umano, disposto a prendersi la responsabilità di morti innocenti per il proprio tornaconto, è il vero motore dello Squid Game. La verità emerge ancora più evidente in questa seconda stagione. Lo stesso protagonista prenderà una decisione estremamente discutibile che lo collocherà sempre più in uno spazio moralmente ambiguo, pur riuscendo a condensare la sua integrità in una battuta rivolta al reclutatore, che lo accusa di essere “spazzatura”, al pari di tutti gli altri: “Tu ti nascondi dietro una maschera e fai tutto ciò che il tuo padrone ti ordina. Corri, abbai e scodinzoli per loro. Non sei altro che il loro cane.” 

 

I giochi: vecchi successi e nuove sfide

L’autore ci vede giusto quando decide di mantenere inalterato l’intero funzionamento dello Squid Game, riproponendo anche il primo gioco esattamente identico all’iterazione precedente. I giochi sono ancora una volta la portata principale, e anche questa stagione tengono banco, riuscendo a mantenere inalterato lo spirito brillante che ci ha divertito, e risultano tutti perfettamente a fuoco.
Tra le new entry, troviamo una sorta di enorme carosello musicale che richiede ai giocatori di riunirsi in gruppi al termine della musica e, soprattutto, il Six-Legged Pentathlon. Questo gioco, in cui giocatori sono legati ai piedi in gruppi da cinque e devono superare cinque differenti prove, è il più complesso ed è sicuramente stato il più difficile da girare.

Il protagonista e i nuovi personaggi

Il protagonista subisce inevitabilmente un’evoluzione che lo porta a essere molto meno scanzonato, molto più determinato. Ci manca il Gi-Hun sorridente e ingenuo della prima stagione, ma, dopo quello che ha visto e attraversato, era inevitabile un profondo mutamento della sua personalità. Il nuovo Gi-Hun è assetato di vendetta, o di giustizia se vogliamo, e ha un solo obiettivo. Giustamente, però, certe cose non cambiano: il nostro eroe non era una cima in precedenza e non lo è tuttora: le sue mosse sono semplici, prevedibili e ben poco strategiche.

A compensare la cupezza di Gi-Hun abbiamo il giocatore 390, Jung-bae (Lee Seo-hwan), e il giocatore 388, Dae-Ho (Kang Ha-neul). Il primo è un amico di vecchia data di Gi-Hun; il secondo, un giovane ragazzo che viene preso in simpatia da Jung-bae quando scopre che ha servito anche lui nei Marine Corps (ma sarà vero?). I due danno un tocco di leggerezza e si incaricano di stemperare la tensione delle situazioni, che aumenta esponenzialmente episodio dopo episodio.

Altro personaggio chiave, utilizzato in maniera brillante e inaspettata, è lo stesso Front Man, Hwang In-ho, che entra a sorpresa a far parte dei giochi per supervisionare da vicino Gi-Hun, e si allea con quest’ultimo. La sua presenza (con il numero 001) contribuisce in maniera sostanziale al piacere della visione, tramite il solito vecchio stratagemma hitchcockiano di dare al pubblico un’informazione in più, che il protagonista ignora: Hwang In-ho si presenta come principale alleato di Gu-Hun, solo noi sappiamo in realtà che è il main villain. Tutte le scene in cui sono presenti i due si caricano di un doppio significato mentre, alla luce di ciò che solo noi sappiamo, cerchiamo disperatamente di indovinare quali siano le reali intenzioni del giocatore 001.

Personaggi secondari poco riusciti

Non ci hanno convinto troppo altri personaggi come Thanos (interpretato dall’idol T.O.P), rapper fuori di testa che dovrebbe incarnare la variabile impazzita. Purtroppo il suo scarso spessore e la sua fondamentale stupidità lo relegano in un contesto di prevedibile imprevedibilità piuttosto banale e piatta. Già più interessante il suo compagno: entrambi sono teppisti, tossici e senza scrupoli, incaricati di portare il caos. Ai due si aggiunge, nel parterre dei cattivi, un anziano avido e prepotente.

Seon-nyeo e Hyun-ju: personaggi con del potenziale

Seon-nyeo, la sciamana, tra i concorrenti più interessanti, è sicuramente quello con il maggiore potenziale. Al momento l’abbiamo vista poco: la sua figura oscilla tra il ciarlatano e una vera stregona. Le sue affermazioni criptiche e, soprattutto, la bravura dell’interprete (Chae Kook-hee) hanno reso profondamente accattivante lo spirito di ineluttabilità con il quale si muove. Completamente disinteressata a fare alleanze, lascia che gli eventi scorrano davanti ai suoi occhi, affidandosi totalmente a ciò che il destino riserva per lei.

Infine, l’ultimo personaggio degno di nota è sicuramente il giocatore 120, Hyun-ju, (Park Sung-hoon) un transgender che si ritrova a partecipare per pagarsi le cure di transizione e sogna di trasferirsi in Thailandia. Il suo background militare lo fionderà al centro dell’azione, e avrà un ruolo cruciale.

Personaggi meno memorabili e criticità sui nuovi personaggi chiave

Piuttosto dimenticabili (per ora) tutti gli altri personaggi, a partire dall’investitore di crypto fallito, la sua ex ragazza incinta, un ragazzetto vigliacco e spaventato, ed un paio di altre ragazze piuttosto anonime.

Ed ora veniamo alle perplessità: il personaggio numero 11, il soldato triangolo che cerca di opporsi al traffico di organi, ha una backstory fumosa e non sappiamo assolutamente nulla del reale significato dietro alle sue azioni. L’impressione è che si siano poste delle basi per lo sviluppo del suo personaggio, che consistono in un certo tipo di moralità (è contraria al traffico di organi), ma ha perso una figlia, e questo la porta a mostrare un aspetto di vulnerabilità nei confronti di un personaggio in particolare. Sono tutte informazioni disseminate in maniera piuttosto sconnessa, ma probabilmente ne sapremo di più nella terza stagione.

Un’altra perplessità riguarda il capitano della nave: il modo in cui questo personaggio si inserisce ed emerge risulta leggermente contraddittorio. Non è questo il luogo per approfondire la questione, anche perché dovremmo addentrarci troppo in una trama che è già stata fin troppo dettagliatamente illustrata.

Ritorno agli elementi essenziali

Ovviamente, Squid Game 2 non può fare affidamento sulla freschezza e sul fattore novità, ma questo è un aspetto del quale si è tenuto immediatamente conto durante la scrittura. Gli autori hanno intelligentemente sviluppato un nuovo arco narrativo con un certo criterio, senza rinunciare a sperimentare con notevoli trovate di sceneggiatura e di regia. La musica si mantiene sul registro grottesco della prima stagione e, per quanto riguarda certe sequenze, prese singolarmente, superano tranquillamente i fasti della prima stagione. In particolare il brillante cliffhanger con cui si risolve la sfida con il reclutatore. Movimenti ed inquadrature di ogni singola sequenza contengono un livello di cura maniacale e di intuizioni visive che portano Squid Game 2 ad attestarsi, ancora una volta, su livelli di eccellenza.

Perché Squid Game ci piace?

Qualche ipotesi? Personaggi con cui è facile identificarsi; una riflessione apparentemente critica, ma in realtà più ambigua, sul capitalismo; la capacità di alimentare un fascino per le teorie cospirazioniste.

Probabilmente, però, l’aspetto più coinvolgente è l’esplorazione delle personalità in situazioni estreme, dove le convenzioni sociali, le gerarchie tradizionali e le dinamiche relazionali vengono completamente stravolte, creando un nuovo microcosmo governato da regole proprie.

Questo stesso meccanismo narrativo è alla base di opere iconiche come Il Signore delle Mosche, film come Triangle of Sadness e The Cube, e serie TV come la recente The 8th Show, che riprende le premesse di Squid Game ma approfondisce ulteriormente la componente psicologica, rivelandosi per certi versi ancora più interessante.

Un’occhiata a Hwang Dong-hyuk: l’autore dietro il fenomeno

Il regista Hwang Dong-hyuk

In conclusione, è venuto forse il momento di capire meglio chi sia Hwang Dong-hyuk, considerata l’effettiva solidità che ha dimostrato come autore e sceneggiatore in questa seconda stagione. Come molti di voi già sanno, non è venuto fuori dal nulla: il suo secondo lungometraggio (il notevole The Silenced) riscosse grandissimo successo nel 2011, in Corea, e vedeva come protagonista proprio lo stesso Gong Yoo (che in Squid Game interpreta il “reclutatore”).

The Silenced era ambientato presso la scuola per non udenti di Gwangju Inhwa, dove i giovani studenti venivano trattati crudelmente e abusati sessualmente dai loro insegnanti e amministratori. Mentre The Silenced ci mostra la componente di impegno sociale, con il successivo The Granny, Hwang Dong-hyuk accede alla sua parte più scanzonata e fantasiosa.

Questa doppia anima la ritroviamo in Squid Game, la cui genesi risulta molto più collegata alla reale esperienza di vita del regista di quel che si pensi: prima di questi due successi infatti, nel 2008, Hwang affrontò numerose difficoltà economiche, aggravate dal fallimento nel trovare investitori per una sua sceneggiatura.

Per far fronte alla situazione, lui, sua madre e sua nonna si indebitarono, cercando di sopravvivere durante un periodo di crisi economica nazionale. Durante il tempo libero, Hwang frequentava un Manhwabang (caffetteria dedicata ai manga) e si immergeva nella lettura di opere giapponesi di sopravvivenza come Battle Royale, Liar Game e Gambling Apocalypse: Kaiji.

Trovò ispirazione in questi racconti e li collegò alle difficoltà che stava vivendo, immaginando un gioco di sopravvivenza in cui i partecipanti potevano competere per un premio in denaro che li avrebbe salvati dai debiti. Nel 2009, sviluppò una sceneggiatura basata su questa idea, concependola come una metafora della società capitalista e della feroce competizione che essa genera, con personaggi ispirati alla vita reale.

Tuttavia, il progetto fu rifiutato all’epoca da vari produttori coreani, che lo giudicarono eccessivamente crudo e poco realistico.

Il resto della storia la conoscete già.

Buona visione.

Su Netflix dal 26 dicembre 2024


Squid Game 2 – Regia: Hwang Dong-hyuk; Sceneggiatura: Hwang Dong-hyuk; Fotografia: Lee Hyung-deok; Montaggio: Nam Na-yeong; Musiche: Jung Jae-il; Interpreti: Lee Jung-jae, Lee Byung-hun, Wi Ha-joon, Park Gyu-young, Lee Jin-uk, Kang Ae-sim, Jo Yu-ri, Choi Seung-hyun (T.O.P); Produzione: Sirens Pictures, in collaborazione con Netflix; Distribuzione: Netflix; Paese di origine: Corea del Sud; Durata: 7 episodi, ciascuno di circa 60 minuti

Si  ringrazia Rauan Prince Charming per la consulenza e l’aiuto alla stesura di questo articolo.

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