Tornando a Est di Antonio Pisu

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Partiamo da un brano musicale: correva l’anno 1979 e Franco Battiato (la sua E ti vengo a cercare, del 1988, fa parte della colonna sonora del film) portava all’ascolto del pubblico italiano (ed anche europeo almeno) la canzone Strade dell’est, rientrante in quello che forse è uno tra gli album più fortunati (L’era del cinghiale bianco), in tutti i sensi, dell’immensa carriera del cantautore siciliano. Con quella distintiva ricerca di musiche e suoni provenienti da levante, riletti con le influenze mediterranee, quel componimento disegnava orizzonti (ancora per fortuna non “perduti”) e itinerari di movimenti di intere popolazioni che si spostavano, attraversando i confini di infiniti paesi, come quando migrano gli uccelli. Dall’Albania verso la Siberia, dalla Turchia all’Iran “mercanti indiani mettono su case tra Russia e Cina”, fino a Leningrado, città di castelli e “giardini stupendi”.

Chi scrive nacque proprio quell’anno, e ha conosciuto queste “ambientazioni” con qualche generazione in più dietro le spalle. Un po’ come gli attori-protagonisti di Tornando a Est (anche se, in verità, più giovani). I personaggi e gli adattamenti della sceneggiatura risalgono al 1991, ovvero due anni dopo la caduta del muro di Berlino, e riprendono in modo un po’ analogo quelli del precedente film, Est – Dittatura Last Minute, del 2020, sempre di Antonio Pisu e degli stessi suoi collaboratori. Qui lo spettatore è alle prese di nuovo con i tre giovani emiliani che si ritrovano a cercare “l’altrove” verso l’est Europa appunto. In questa occasione, è lo scambio di “lettere d’amore” tra Bibi (Jacopo Costantini) e Yuliya (Alexandra Vale), una ragazza nata a Sofia, a essere il motore che accende il viaggio dei tre amici per andare a conoscerla in Bulgaria. Una volta lì si troveranno coinvolti in un traffico internazionale di prostituzione, dove interessi economici ed esigenze di vita non certo agiata la fanno da padrone. Il loro coinvolgimento si trasforma da una dimensione emotiva (Bibi s’immaginava di trovare l’amore della sua vita, gli altri due amici, ovvero Rice e Pago, rispettivamente gli attori Lodo Guenzi e Matteo Gatta, forse il loro personale “Eldorado”) in una da “italiani brave gente” (qui senza falsi miti però). Infatti, una volta resisi conto che le cose stanno diversamente, non voltano le spalle alle disgrazie di Yuliya e della famiglia di Mariya (una sua coetanea che con l’inganno si è ritrovata in Italia indotta alla prostituzione), bensì restano in Bulgaria e si prestano a darle una mano per determinare al meglio le sorti della ragazza bulgara.

Dietro a questa vicenda, si può intravedere l’intento del regista volto non tanto a raccontarci, ancora una volta, una storia che ci rimanda all’annoso problema del “vendita” dei corpi di giovani donne in Europa, ma a mostrare quanto in generale essere trentenni, anche all’inizio degli anni ’90 del secolo scorso, può significare essere da un lato fragili e dall’altro non per forza di cose ancora del tutto risolti. Anzi, per niente. Quell’età che diventava già all’epoca sempre più di mezzo (rispetto a tempi più andati) è il soggetto cruciale, semmai un po’ nascosto, del racconto del film. I tre amici di Cesena, come nell’opera precedente, iniziano il loro secondo viaggio verso est per riprovare in fondo a conoscersi singolarmente di più, a domandarsi cosa vogliono dalla vita, chi intendono essere. Perché ancora non lo sanno e nulla “in patria” li consente di dipanare gli intrecci delle loro esistenze, nemmeno la loro salda amicizia. Anche se l’aspetto è quello di un viaggio collettivo, in realtà esso si rileva un mero e semplice espediente. A intraprendere la rotta dell’est sono tre solitudini-amiche alla ricerca di se stesse. Ma ancora una volta il loro spostarsi non è che, alla fine, un Falso movimento. Solo Yuliya, grazie a loro, riuscirà a liberare Mariya e a farla rientrare in Bulgaria presso la sua famiglia. E qui si è riusciti a raggiungere almeno un risultato. Invece per i tre amici italiani il tutto si risolve in un nulla di fatto. Li lasciamo alla frontiera intenti tra i loro scherzi e prese in giro che servono ad anestetizzare un po’ l’esperienza vissuta. Chissà, magari preferirebbero inconsciamente addormentarsi a lungo su quei confini e non oltrepassare la linea. Forse sarebbe un bene per loro. E allora li pensiamo ancora lì, come in un fermo-immagine “sospeso immobile” (cantava Gianna Nannini), così mentre si dimenticano per un attimo di se stessi. Male, certo, non gli farà.

In sala dal 13 febbraio 2025.


Tornando a Est Regia e sceneggiatura: Antonio Pisu; fotografia: Adrian Silisteanu; montaggio: Paolo Marzoni; musica: Davide Caprelli (con canzoni di Franco Battiato e Ricchi e Poveri); interpreti: Lodo Guenzi (Rice), Matteo Gatta (Pago), Jacopo Costantini (Bibi), Cesare Bocci (Natalino Franchi), Alexandra Vale (Yuliya), Zachary Baharov (Ivan), Ekaterina Lazarewska (Mariya), Samuele Sbrighi (Paolo Dinucci), Caterina Gabanella (Agente Pedrazzini), Pierpaolo de Meio (Agente Michele), Konstantin Trendafilov (Petar), Plamena Getova (Agnes), Bogdan Kazandjiev (Luben), Denis Campitelli (Luigi Rampelli), Sofia Longhini (Lara), Vladimir Kolev (Agente frontiera), Asen Karanikolov (Secondo agente frontiera), Aleksandur Uzunov (Autista tram), Francesco Bertozzi (Agente Mantegazza), Melani Miladenova (Lala), Gianluca Vannucci (Pago adulto), Orfeo Orlando (Proiezionista), Nikolay Urumov (Receptionista Hotel Sofia); produzione: Maurizio Paganelli, Andrea Riceputi per StradeDellEst Produzioni, Band of Friends, Atelier du Film; origine: Italia, Bulgaria, Romania, 2024; durata: 102 minuti; distribuzione: Plaion Pictures Italia.

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