Samsara di Lois Patiño

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Ma ci sono altri che credono che, quando qualcuno muore, l’anima va in un altro corpo.

Amid è un ragazzo che frequenta i templi buddisti del Laos. Tra le vesti arancioni la sua maglietta grigia si confonde con il paesaggio sottostante, un luogo di natura e bellezza. Con sé porta il “libro tibetano dei morti” e ogni giorno si reca da una signora anziana e malata, stretta al letto, che tra una pagina e la successiva sussurra:

Voglio reincarnarmi in un animale. Molti pensano che sia una cattiva cosa, ma solo perché trattano così male gli animali.

In un altro continente, una bambina porta con sé una capretta appena nata. Si chiama Neema, l’animale. Come Amid, si aggira tra i raccoglitori di alghe di Zanzibar e osserva la quotidianità dipanarsi, tra la scuola mattutina e i pomeriggi spesi tra le schiene piegate delle donne. Un vecchio la coccola e la rassicura:

Non ti uccideranno, stai tranquilla.

Lois Patiño è il giovane astronascente del cinema spagnolo, così viene definito, benché come astro di anni luce ne ha percorsi: il corto Mountain in shadow (2012), i lunghi Costa da morte (2013) e Lùa Vermella (2019), infine Red Mood Tide (2020). Denominatore comune del lavoro è un’attenzione alla fotografia da togliere il fiato: guardare una sua opera non è lontano dal vivere un’esperienza immersiva – per visione ma anche per audio – nei luoghi registrati.

La sua ultima fatica, Samsara, è infatti girato in 16 mm e ha una restituzione raffinatissima, nonché un montaggio – montato da Patiño stesso – che tesse una narrativa dolce e pregevole, attraverso sovrapposizioni e sfumature. A tratti, nella visione, si ha onestamente la percezione di essere arricchiti nell’anima da ciò che si sta guardando; è tatto, è visione registica che ha inizio dalla capacità di cogliere il bello nel circostante, soprattutto quando entra nell’inquadratura l’acqua. La sequenza delle cascate è indimenticabile, rimane negli occhi come quando si guarda dritto il sole.

Il colore principale, l’arancione, quello del buddismo, è tema ricorrente delle inquadrature del Laos e si contrasta poeticamente con gli sfondi della natura del luogo; la sceneggiatura non va a coprire la resa visiva, piuttosto l’affianca, dandole così un linguaggio:

Sapevi che c’era una grotta sopra le cascate?

Si dice che lì vivesse un cervo d’oro. Ma nel 2001 piovve forte e ci fu un enorme inondazione che distrusse la grotta. Nessuno ha più visto il cervo dorato.

Il richiamo è perennemente alla natura, o meglio, al Samsara: il ciclo buddista di spirito e reincarnazione. Un’idea di morte è allora il sottinteso di ogni inquadratura e ogni dialogo, evitando però un’idea grave di morte, bensì mirando a un’idea positiva, anzi umana della stessa: l’aldilà non è un luogo di oscurità, perché l’aldilà è aldiqua, tra noi:

Quanto sarebbe bello avere un nuovo corpo?

Come quello di una capretta. Dalla signora all’animale, il Samsara è così completo e la visione di Patiño è così realizzata: un viaggio partito dalla meditazione buddista e terminato tra l’oscurità della notte di Zanzibar. Con una atmosfera soffusa, vibrante e scintillante che domina l’intera pellicola e uno sguardo – quello di Admin, quello della capretta – che si sofferma sullo splendore del creato e dell’umano che prova, cerca, di entrarne in comunione, tra goffaggine e naturalezza.

Premio della Giuria in Encounters alla Berlinale 2023, Samsara è più di un’opera di finzione. Anzi, della finzione ha ben poco, a tratti si avvicina al documentario o alla preghiera. Una preghiera recitata con determinazione e che richiama un principio vitale come l’incarnazione, che è processo positivo, altro. Tutto scorre, e noi stessi scorriamo con il mondo:

Sento che l’albero ha iniziato a guardarmi.

No, ti ha sempre guardato, ma non te ne sei mai accorto.

 

Presentato in anteprima italiana al 7° Festival del cinema spagnolo e latino americano (Roma, 15-19 maggio).
Dal 23 maggio in sala.


Samsararegia: Lois Patiño; sceneggiatura: Lois Patiño, Garbiñe Ortega; fotografia: Mauro Herce, Jessica Sarah Rinland; montaggio: Lois Patiño; interpreti: Amid Keomany, Juwairiya Idrisa Uwesu, Mariam Vuaa Mtego, Simone Milavanh, Toumor Xiong: produzione: Señor y Señora – Sr&Sra Producciones; origine: Spagna, 2023; durata: 113’; distribuzione: EXIT Media.

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