A proposito di Béla Tarr: Intervista allo scrittore e sceneggiatore László Krasznahorkai

In occasione della rassegna Senza fine: il cinema di Béla Tarr (Napoli 17 maggio-2 giugno – vedi qui il programma), Gabriele Esichio Greco ha intervistato lo scrittore László Krasznahorkai che a, a partire da Perdizione (1987), ha cominciato una collaborazione intensa e continuativa con il cineasta ungherese, fino al suo ultimo film, Il cavallo di Torino (2011). Un incontro che, a dire il vero, è andato oltre il  limitato concetto di collaborazione, in quanto si è concretizzato ed espresso attraverso una serie opere portatrici di una potente e radicale visione sull’umanità. Tra i risultati più incredibili di una simile compenetrazione tra parole e immagini, tra scrittura e sguardo,  resto un unicum il fluviale  Satantango, adattamento del romanzo d’ esordio di Krasznahorkai, 435 minuti di un’ estenuante danza  all’intento della quale si consumano tutte le pulsioni di vita e di morte di uomini e donne segnati dall’emarginazione, l’abbandono, la diaspora di una comunità per mano di leaders autoproclamati che hanno smarrito il carisma per la manipolazione, la fiducia per l’inganno. E sempre da un romanzo di Krasznahorkai, Melancolia della resistenza,  e con la sua sostanziale presenza nella realizzazione della sceneggiatura, Tarr realizzerà Le armonie di Werckmeister:  opera preveggente e visionaria che anticipa l’avvento e l’assalto imminente dei populismi europei come degenerante male attorcigliato intorno ai corpi e ai volti vittime e carnefici degli esseri umani, con gli sprazzi di lirismo e di meraviglia sopravvissuti e incarnati dagli occhi del protagonista János e dalle sue mani in grado di creare ancora un cosmo di carnale e calda bellezza. Un sentimento di struggente pietas  che appartiene anche a Krasznahorkai e che attraversa sotto traccia anche le asciutte e laconiche risposte di questa intervista.

Gabriele Greco:  Come le è capitato di dire siamo fondamentalmente all’inferno, cosa possiamo fare per aspirare ad avvicinarci a un ipotetico paradiso terreno in questa realtà imprevedibile?

László Krasznahorkai:  No, non siamo all’inferno, siamo sospesi tra inferno e paradiso. Il problema è che entrambi – inferno e paradiso: sono sulla terra. Non c’è un’altra realtà, soltanto questa. Ma non abbiamo idea di cosa sia la realtà. Quando la chiamiamo così funziona soltanto nel nostro cervello. Molto bene tra l’altro. Ma non è la realtà.

So che il Castello di Franz Kafka è un libro molto importante per lei, oltre alla scrittura quali altre forme d’espressione la ispirano?

LK: Johann Sebastian Bach, John Coltrane, il Rinascimento italiano, il teatro Noh giapponese.

Cosa ne pensa delle colonne sonore di Mihály Vig?

LK: Sono fenomenali.

I suoi romanzi si inoltrano nella parte più oscura della natura umana, evocando disperazione, isolazione, nichilismo. Come fa a navigare nell’equilibrio tra oscurità e redenzione?

LK: Non potrei fare altrimenti. Non sono io a navigare, è il materiale che naviga se stesso.

Nonostante tutti i riconoscimenti lei non si ritiene un grande scrittore. Perché?

LK: Perché piuttosto sono un artista, e un artista non può essere né grande né piccolo.

A cosa sta lavorando al momento?

LK: Al momento non lavoro a qualcosa.

«Guardò tristemente il cielo funesto, i residui riarsi dell’estate segnata dall’invasione di cavallette, e d’improvviso su un unico ramoscello d’acacia vide passare la primavera, l’estate, l’autunno e l’inverno, e gli sembrò di percepire la totalità del tempo come un inganno farsesco nella sfera immobile dell’eternità, che attraversa la discontinuità del caos creando la satanica finzione di un percorso rettilineo, spacciando tramite una falsa prospettiva l’assurdo per necessità…». Anche se le avranno fatto domande a riguardo migliaia di volte questo estratto mi colpisce molto, qual è l’essenza del momento che ha descritto?

LK: La frase parla per sé.

Nel suo romanzo Satantango impiega una struttura non lineare, racconta la storia da più prospettive e andando avanti e indietro nel tempo. Cosa l’ha portato a questa scelta?

LK: Le prospettive differenti, i punti di vista differenti ci danno un po’ di più la possibilità di avvicinarci all’oggetto.

Possono gli esseri umani tornare al loro naturale stato d’essere (a parte alcuni aspetti della civiltà che potremmo mantenere per motivi di sopravvivenza) o questo sistema artificiale è a un punto di non ritorno per cui siamo praticamente fottuti?

LK: No, non c’è speranza. Scusatemi. Non possiamo salvarci e le divinità sono scomparse chissà dove, chissà quando.

Da dove viene la sua empatia per i più svantaggiati?

LK: Quand’è che la nostra empatia non viene da cose ed esseri svantaggiati?

Qual è il processo di adattamento cinematografico delle sue sceneggiature? Come si svolge?

LK: Béla Tarr è un mio amico. Voleva fare dei film dai miei romanzi. Ed io sono stato troppo debole per dire di no.

Può consigliarci qualche libro poco conosciuto che vale la pena leggere?

LK: I libri di Thomas Pynchon. Non è uno scherzo.

 

1 thought on “A proposito di Béla Tarr: Intervista allo scrittore e sceneggiatore László Krasznahorkai

  1. Bellissima intervista! Grande plauso va, sopratutto, al lavoro dell’intervistatore: domande concise e chiare, che danno la possibilità ,a chi legge, di capire un linguaggio artistico non alla portata di tutti.

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