Call My Agent – Italia (Seconda stagione) di Luca Ribuoli (I primi episodi)

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Comunque la si pensi sul cinema e sulla tivvù italiani, non si può non amare la serie Call My Agent – Italia, giunta alla seconda stagione; per la ferocia spudorata e insieme ironica con la quale ci mostra il controcampo dello star-system di casa nostra. Quantunque si possano istituire severi parallelismi rispetto all’originale francese Dix pour cent, o con l’indimenticabile Boris di Giacomo Ciarrapico, Luca Vendruscolo e del compianto Mattia Torre; non ci si può proprio impedire di ammettere che in questa produzione Sky Studios\Palomar la messinscena dello stardom italiano raggiunge vette notevolissime. Il motivo? La generosità (per carità, mica disinteressata, ma cosa conta?) con cui i divi del nostro cinema accettano di mettere in piazza vizi, malvezzi, fragilità, difetti, e qualche virtù del proprio carattere; abbattendo spesso la sottile linea che separa veridicità e verosimiglianza, con arditezze drammaturgiche che rinviano persino alle teorie brechtiane (ciò accade soprattutto nel plot affidato al personaggio interpretato da Emanuela Fanelli, in combutta col vecchio sodale, Corrado Guzzanti).

Ma andiamo per ordine. Lo scorso anno Sky e Palomar decisero di adattare la serie televisiva francese Dix pour cent, trasmessa dal 2015 su France Télévisions; che in Italia era stata ri-titolata Chiami il mio agente!, e che aveva imposto definitivamente il talento di Laure Calamy e Camille Cottin. Un progetto basato su un’idea semplice e geniale: svelare il dark side dello showbiz francese, chiamando a recitare loro stessi (o almeno le loro “dramatis personae”) i veri divi d’oltralpe: da Fabrice Luchini a Juliette Binoche; da Isabelle Huppert a Charlotte Gainsbourg. Operazione audace perché in bilico tra il rischio di autopromozione e la denigrazione di sé; che in Italia ottenne l’adesione oggettivamente onesta e talvolta addirittura spudorata di attori di primissima fila come Paola Cortellesi, Paolo Sorrentino, Pierfrancesco Favino, Stefano Accorsi, etc. Con effetti quasi sempre esilaranti. Anche perché accanto al racconto del lato oscuro del meglio della nostra cinematografia, si svolgeva quello dell’agenzia che la rappresenta, ribattezzata CMA, e popolata da finti agenti interpretati da bravissimi attori, che meritano di essere menzionati perché sono tanto capaci quanto misconosciuti (ora non più, per la verità): Michele Di Mauro, Sara Drago, Maurizio Lastrico e Marzia Ubaldi, scomparsa subito dopo la fine delle riprese.

Un esperimento molto riuscito, perché capace di ricalcare quasi pedissequamente plot e stilemi del modello francese, donando però al remake i crismi dell’originalità. E perché, pur basandosi su un copione intelligente e non privo di rimandi persino teorici e concettuali, riesce ad appagare le attese dello spettatore toccando le corde del comico, del drammatico, del sentimentale, del ridicolo e del patetico. Senza mai farle stridere.

Questa nuova stagione ricomincia da dove si era conclusa la prima, ovvero mettendo a nudo un paio di campioni del nostro showbiz, e svelandone tratti caratteriali intimi, momenti di fragilità e odiose idiosincrasie. Si tratta delle “Valerie”, Golino e Bruni Tedeschi, che, come è noto, sono amiche anche fuori dal set. Qui si immagina che vengano scritturate per interpretare il debutto dietro la macchina da presa del vero casting director (anche di questa serie) Francesco Vedovati, il quale come un vero debuttante “arthouse” vuol pomposamente tener celato il (brutto) copione che ha scritto. Ma la pur sintomatica trama è di fatto un mero pretesto per consentire alle due attrici di mettere in scena lacerti significativi della propria autentica (?) identità. Ecco, perciò, Valeria Bruni Tedeschi enfatizzare gli scatti d’ira isterici che punteggiano da qualche anno tutte le sue performance cinematografiche; quella adorabile “corda pazza” che per primo Paolo Virzì mise in scena ne La pazza gioia.

Ma è tutta la sceneggiatura della serie (scritta ancora dall’ottima Lisa Nur Sultan, con Federico Baccomo e Dario D’Amato) ad essere una goduria, soprattutto per chi è affetto da un minimo di cinefilia; fitta di reference citazioniste e di puntuali rimandi all’attualità. C’è Mereghetti, “Il Post”, I fratelli D’Innocenzo e “MyMovies”; l’hype, le “lucherinate” e La Ferrante, intesa come Elena; e c’è ovviamente l’immancabile riferimento all’”empowerment femminile” e al fenomeno Greta Gerwig. Ma anche deliziose trovate di scrittura al limite del calembour che ricordano le penne migliori degli sceneggiatori della nostra tradizione: il “Calamaio d’oro” diventa il “Calamaro d’oro”; e Un tram chiamato desiderio diventa Un desiderio chiamato tram: una sorta di Aspettando Godot in versione Atac… E via motteggiando… Così come non manca la satira sin troppo facile sulle stanche liturgie (con tanto di puntuale panel dell’industry) sulla endemica crisi del cinema italiano.

Talché se ne deduce che questo show targato Sky, altro non è che l’ennesima propaggine della commedia cinematografica italiana, che da sempre castigat ridendo mores; in quello scarto ambiguo tra riprovazione superciliosa e giocosa autoassoluzione, tra autocritica e celebrazione di sé. Lo si vede soprattutto nell’episodio di Gabriele Muccino in cui il regista romano elenca vezzosamente la sfilza infinita di star hollywoodiane con cui ha lavorato, da Will Smith a Russell Crowe; urla impetuosamente come i personaggi dei suoi film; deride la sua notoria vis polemica via social; e scatena una rissa telematica contro il critico Gianni Canova. Tra rivendicazione dei propri meriti e denuncia dei propri limiti; che il regista romano accetta di sbeffeggiare con un tasso di onestà intellettuale obiettivamente generoso (si ode anche questa battuta perfidamente autoironica: “Dimmi se c’è una forma di cinema più alta di una famiglia che si sbrana?”); sebbene – non essendo egli un attore – talvolta indulga in eccessi parossistici che inficiano la verosimiglianza della rappresentazione.

Imperdibile il cameo di Gianmarco Tognazzi, obeso come Brendan Fraser in The Whale.

I prossimi episodi – visibili su Sky Serie (e Sky Cinema), ogni venerdì in prima serata; ma anche on demand e in streaming su NOW – vedranno in campo Claudio Santamaria in predicato di interpretare Giordano Bruno in un film di Christopher Nolan; Serena Rossi recitare le trame coniugali col vero marito Davide Devenuto; Elodie scelta per il nuovo film di Dario Argento; e Sabrina Impacciatore futura madrina della Mostra del cinema di Venezia.

Come si sarà capito, il mio consiglio è di non perdersene neanche uno.

Dal 22 marzo in esclusiva su Sky e in streaming solo su NOW


CREDITS & CAST

Call My Agent – Italia 2 Regia: Luca Ribuoli; soggetto: tratto dalla serie francese Dix pour cent; sceneggiatura: Lisa Nur Sultan con Federico Baccomo e Dario D’Amato; interpreti: Michele Di Mauro, Sara Drago, Maurizio Lastrico, Marzia Ubaldi, Sara Lazzaro, Francesca Russo, Paola Buratto, Kaze, Pietro De Nova. E con Emanuela Fanelli e Corrado Guzzanti; Guest star della seconda stagione: Valeria Golino e Valeria Bruni Tedeschi; Gabriele Muccino e Gian Marco Tognazzi; Claudio Santamaria e Francesca Barra; Serena Rossi e Davide Devenuto; Elodie; Sabrina Impacciatore; fotografia: Gogò Bianchi, Sebastiano Bazzini; montaggio: Pietro Morana; musica: Fabio Amurri; scenografia: Alessandra Mura; costumi: Alberto Moretti; produzione: Sky Studios e Palomar; origine: Italia, 2024; durata: 6 episodi.

 

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