«Ci scusiamo per il disagio. La pubertà è un caos»
Se siete rimasti davanti allo schermo a tifare per una o l’altra delle emozioni che si contendevano il controllo e l’attenzione della piccola Riley Andersen nel rivoluzionario film d’animazione Inside Out (2015), per la regia di Pete Docter (Monster & Co., Up) e premio Oscar per l’animazione nel 2016, sicuramente non vi potete perdere il suo sequel. Il nuovo lungometraggio, sempre di produzione Pixar/Walt Disney Pictures, opera prima di Kelsey Mann, che ne cura la regia, ci offre una visione della pubertà come una dirompente e caotica condizione dell’essere.
Inside Out 2 riprende la storia di Riley proprio dove l’avevamo lasciata. Dopo aver superato il trauma del trasloco dall’amato Minnesota alla turbolenta San Francisco e conclusasi la (quasi solo) gioiosa infanzia, si avvia per lei una nuova fase. Proprio ora, verrebbe da chiedersi, quando in quell’universo di emozioni e ricordi che messi insieme hanno formato il carattere di Riley bambina si è creato un equilibrio. Sì, perché Gioia – una versione, in grafica computer dai capelli blu, della fatina di Peter Pan, Campanellino –, dopo aver finalmente compreso l’importanza di Tristezza, insieme a quest’ultima e a Rabbia, Paura e Disgusto, ha imparato a concedere a tutte le emozioni il giusto spazio, fino a creare così, in un placido equilibrio dei sensi, il carattere ‘opera d’arte’, il perfetto ‘senso di sé’: appunto, la piccola Riley. Se vi ricordate però, c’era, nel mezzo della nuovissima console di tasti colorati, appena montata dai minuscoli operai, nel quartier generale, quell’evidente bottone rosso con scritto ‘pubertà’ che le cinque emozioni di base non si erano per niente date la pena di capire a cosa servisse. Ecco quindi che, non proprio inaspettatamente, ma comunque all’improvviso, arriva la terribile pubertà a destabilizzare quel già instabile carattere che tiene insieme la personalità dell’essere umano.
Ritroviamo la protagonista Riley, ormai tredicenne, frequentare con le sue due migliori amiche un campo estivo di hockey della durata di tre giorni. Come in Inside Out la narrazione principale si frammenta e corre parallela a quella della dimensione emozionale interna. Con l’accendersi della spia luminosa rossa nella torre di controllo, la già variegata gamma emotiva di Riley matura di nuove e più complesse emozioni, così come l’immaginario creativo della Pixar si arricchisce di nuovi personaggi e di nuovi colori: Ansia, Invidia, Noia, Imbarazzo e Malinconia (quest’ultima ancora fatica a trovare un suo ruolo e compare letteralmente solo per due brevi apparizioni). Com’era prevedibile questa nuova e raddoppiata squadra però ha bisogno di una sistematina, nonchè di un nuovo ordine organizzativo, prima di poter tornare a funzionare al meglio in questa formazione, e quindi raggiungere il tanto difficilmente conquistato ‘senso di sé’.
Sembra sia l’invadente Ansia a prende il comando della situazione, la quale mandando nel dimenticatoio le emozioni di base, non si rende conto di creare un pericoloso squilibrio verso le sensazioni negative, che generano inevitabilmente nella ragazzina un’esagerata condizione di insicurezza tendente al panico. Pur meritevole quindi, l’intenzione di Ansia di progettare un buon piano per il futuro, non può funzionare finchè non include tutta la gamma emotiva.
In questo Inside Out tornano tutte le fantasiose architetture animate create nell’inconfondibile stile di Pixar, come il quartier generale con l’enorme console e i comandi colorati, le isole della personalità, gli infiniti e labirintici scaffali della memoria a lungo termine – una lontana reminiscenza dal romanzo Il GGG (1982) di Roald Dahl –, fino alla necessaria discarica-dimenticatoio. Gli spettatori si muovono su un territorio certo complesso, ma ormai diventato familiare. A questo si aggiunge ora il reparto progettazione, che Ansia tende a sfruttare per i propri piani a lungo termine e che catapulta la bambina in una crisi d’ansia, causata, come abbiamo visto, dalla mancanza di emozioni positive.
Una partita di hockey su ghiaccio rimane un’interessante paragone per raffigurarsi le emozioni come tanti giocatori che si contendono il carattere – in questo caso il disco nero – della protagonista. Come nel precedente, anche qui è compito di Gioia, l’emozione innata della prima infanzia, trovare la strada per ristabilire l’equilibrio andato perduto e trarne la necessaria conclusione, la nuova ‘morale’ acquisita, che altro non è se non la realizzazione della condizione principale dell’età adulta: il venir meno, crescendo, delle emozioni positive.
Kelsey Mann utilizza sapientemente l’immaginario Pixar, lo amplia ed arricchisce di nuovi personaggi e di nuovi ambienti, sfrutta al meglio le potenzialità già presenti ed ereditate dal suo predecessore. Ma questo, probabilmente, rimane il suo limite. Il sequel si ‘accontenta’ senza particolare originalità di riproporre appunto una continuazione visiva e narrativa del primo capitolo e quindi, pur senza perdere in qualità, perde sicuramente in genuinità. Nonostante ciò, o proprio per questo, Inside Out 2, è quello che ci si aspetta di trovare entrando in sala cinematografica: un buon intrattenimento per tutta la famiglia.
In sala dal 19 giugno 2024
Inside Out 2 – Regia: Kelsey Mann; sceneggiatura: Meg LeFauve; produttore: Mark Nielsen; produttore esecutivo: Pete Docter; musica: Andrea Datzman; voci italiane: Stella Musy: Gioia; Melina Martello: Tristezza; Sara Ciocca: Riley Andersen; Paolo Marchese: Rabbia; Daniele Giuliani: Paura; Veronica Puccio: Disgusto; Pilar Fogliati: Ansia; Marta Filippi: Invidia; Federico Cesari: Imbarazzo; Deva Cassel: Ennui / Noia; Stash: Lance Slashblade; produzione: Pixar Animation Studios, Walt Disney Pictures; origine: Usa, 2024; durata: 96 minuti; distribuzione: Walt Disney.