Mother Lode

  • Voto
4

Jorge vive nei sobborghi di Lima.
Ha un mototaxi che, nell’atavica carenza di lavoro e opportunità che contraddistinguono anche la capitale peruviana, sembra proprio come un’archetipale bicicletta desichiana: il discrimine tra la possibilità di portare a casa qualche soldo e l’invisibilità di chi, invece, muore di fame.
A casa, che è proprio una baracca, Jorge ha una compagna e una bambina piccola: due bocche da sfamare che gli riempiono la giornata.
Di notte, invece, Jorge non disdegna farsi una birra con gli amici (quelli veri, quelli che li riconosci perché stanno con te anche quando tutto va male). La si beve dalla collina, al buio, mentre sotto, si stende come un manto di stille, la presenza delle luci di città che, indifferenti, rimbalzano impressioni di storie non raccontate di altri disgraziati come lui. E c’è un eco di Leopardi in questo canto notturno dove le stelle non stanno in cielo, ma riempiono comunque la notte con la stessa domanda del pastore errante alla luna: “Che fai?”

Una domanda del genere, Jorge deve rivolgerla anche a se stesso, a un certo punto, perché l’evidenza di non poter riandare ancora i sempiterni calli lo obbliga a una decisione: trovare altro lavoro e trovarlo altrove perché più che un futuro, è un presente quello che serve alla famiglia.
Per cui l’uomo, fatte armi e bagagli, si avventura in cerca di occupazione, anche solo stagionale, per le strade fangose di un disperato Perù, ben sapendo, in fondo, che l’unica possibilità che gli si prospetta è il lavoro nelle miniere, in cerca di quella vena madre che dà titolo al film.

Nella sua vocazione a una storia senza fine (anche perché l’inquieta disperazione della povertà è una storia senza inizio e senza tempo), Mother Lode ci mette prima di tutto di fronte allo strazio del paesaggio, girovagando tra le contrade povere di un paese che ha davvero poco da offrire anche ai giovani più pronti al sacrificio e a sporcarsi le mani anche col fango. Un paesaggio arcaico, fatto di sassi, a tratti lunare e alieno, che deve essere conquistato col sudore sulla fronte e che, malgrado il lavoro, continua a sfuggire a ogni sforzo umano di domarlo. Un paesaggio brullo e mostruoso, pronto a chiedere, all’uomo che lo attraversa, la moneta del traghettatore, il sacrificio necessario a prevenire la sua possibile ira funesta.

Dopo la Lima disperata dei sobborghi, eccoci, quindi, all’approdo di La Rinconada, la miniera più alta delle Ande peruviane, in cui cercano occupazione, insieme a Jorge, altre migliaia di lavoratori. Ed è proprio quando cominciamo a calarci nei suoi tunnel e nei suoi cunicoli che ci accorgiamo che il bianco e nero scelto per questa pellicola, non serve tanto a ingentilire, con l’assenza di colori, la miseria di uomini e cose, quanto a rendere il senso della contrapposizione tra buio e luce, tra il nero e il bianco degli assoluti che governano vita e lavoro di persone che scavano in cerca di oro e sentono, a ogni passo, che bisogna pagare, e non solo col sudore, quel diavolo che sta acquattato sottoterra. Così, pian piano, il non racconto del film si popola delle storie di quei sacrifici umani necessari se si vuole che il demone si riveli generoso concedendo l’oro. E, man mano che i racconti si accavallano allo squallore quotidiano, si capisce anche che quel diavolo da tutti temuto è l’avidità, la speranza di guadagno che sta nascosta nelle viscere di ciascuno di noi.

Matteo Tortone firma, con Mother Lode, un’opera potente, in cui il costante pedinamento di Jorge supera la dimensione realista (e documentarista, da sguardo etnografico) per accedere alle vette più alte della poesia. Un’opera suggestiva e lenta che si attacca alla pelle dello spettatore e non lo abbandona più.


Cast & Credits

Mother Lode; Regia: Matteo Tortone; sceneggiatura: Mathieu Granier, Matteo Tortone; fotografia: Patrick Tresch; montaggio: Enrico Giovannone; musica: Ivan Pisino; mediatrice culturale: Ladoysca Romero; interpreti: José Luis Nazario Campos, Damian Segundo Vospey, Maximiliana Campos Guzman, Juan José Nazario Campos, Juan Pedro Nazario Campos, Cristian Nazario Campos, Katerine Campos, Carla Fernanda Napoleon Vasquez, Andrea Balice; produzione: Nadège Labé e Alexis Taillant (Wendigo Films); co-produzione: Margot Mecca (Malfé Film), Benjamin Poumey (C-Side Productions); Vendite internazionali: Intramovies

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