Music di Angela Schanelec (Concorso)

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Che il nuovo film della regista della cosiddetta “Scuola Berlinese” Angela Schanelec  si ispiri al mito di Edipo e alla tragedia sofoclea Edipo re risulta chiaro fin dalle prime sequenze, nonostante l’assoluta indeterminatezza di luoghi e tempi e nonostante i personaggi non abbiano nomi che rimandino all’antica saga greca. Si vede il fianco roccioso di una brulla montagna della Grecia continentale (il monte Citerone?), ricoperto di cardi e cespugli spinosi. Mentre i tuoni preannunciano lo scoppio di un temporale, un uomo e una donna camminano in lacrime. Subito dopo ci viene mostrato un neonato in fasce che viene trovato in una capraia e salvato da un medico di nome Elias il quale, insieme con la moglie, decide di tenerlo e allevarlo dandogli il nome di Jon. Tutto il prologo è costruito attraverso immagini intense, senza che venga pronunciata una sola parola. Le sequenze indugiano sui volti dei protagonisti: dalle facce di Elias (Argyris Xafis) e di sua moglie Merope (Marisha Triantafyllidou), in spiaggia con il piccolo, comprendiamo l’amore che i due genitori adottivi trasmettono al trovatello.
Qualche anno dopo ritroviamo Jon adolescente (Aliocha Schneider) che si porta dietro un marchio indelebile: un’irritazione cutanea sulla pelle delle caviglie e dei piedi che aveva fin da piccolo e che non scompare. Durante una scampagnata con gli amici viene avvicinato da un uomo, tale Lukian, che cerca di baciarlo. Jon/Edipo lo respinge e il malcapitato muore picchiando la testa su una roccia. Condannato a un anno di reclusione per omicidio colposo, Jon finisce in carcere, dove ha modo di conoscere Iro (Agathe Bonitzer), una donna che lavora come agente penitenziario, e che durante la detenzione si prende cura di Jon comprandogli creme per le caviglie e iniziandolo alla musica con registrazioni di Monteverdi, Bach, Pergolesi e altri.

Anni dopo ritroviamo la coppia felicemente sposata e con una figlia, in vacanza a casa dei genitori di lui. Siamo nell’estate del 2006 (la datazione è ricavata dal fatto che la tv trasmette la partita Italia-Germania, semifinale dei Mondiali di calcio di quell’anno). Mentre Grosso e Del Piero affondano la squadra tedesca, e il commentatore greco esulta ostentando una sacrosanta solidarietà mediterranea, ecco compiersi la rivelazione. Iro telefona a casa del suo precedente compagno, che non sentiva da molti anni, e viene a sapere della sua morte. Le modalità e la cronologia non lasciano dubbio alcuno: Lukian era il padre di Jon e questi ha commesso parricidio e incesto.

Fin qui la trama è abbastanza fedele a quella canonica del mito. La parte finale della pellicola, invece, presenza scarti e innovazioni interessanti. Iro non dice nulla a nessuno e in silenzio decide di uccidersi lanciandosi da un dirupo. L’Edipo di Schanelec non scopre la verità sulle sue origini e non deve cavarsi gli occhi per la disperazione. Continua a vivere con la figlia e benché perda la vista nel corso degli anni, trova una compensazione alla sofferenza nell’arte, precisamente nel canto. Il luogo della redenzione di questo Edipo contemporaneo non è la Colono di Sofocle, ma la Berlino di oggi, dove si afferma come cantante. L’idea di fare di Edipo cieco un artista nel campo della musica è senz’altro una derivazione (chissà se inconscia o consapevole) dall’Edipo re di Pier Paolo Pasolini, dove Franco Citti nei panni di Edipo, guidato da Ninetto Davoli, alla fine suona il flauto per le strade di Bologna.
Presentato in Concorso, Music è un film non completamente riuscito. La rielaborazione del mito di Edipo è alquanto originale, ma se si pensa al precedente più illustre, il già citato film di Pasolini, il confronto è impari. Certo, si tratta di epoche e stili diversi e forse incomparabili. Il linguaggio volutamente adottato dalla regista tedesca  è estremamente ellittico ed enigmatico, al punto che lo spettatore è chiamato a scandagliare ogni dettaglio per comprenderne il senso ed inserire il tassello nel posto giusto dentro il mosaico della trama. Si tratta di una scelta estetica rispettabile, ma praticata in modo decisamente troppo radicale.

Nell’edizione 2019 della Berlinale Angela Schanelec vinse l’Orso d’argento con Ich war zuhause, aber … per la miglior regia. È francamente improbabile che quest’anno con Music riesca a ripetere quell’exploit.


MusicRegia, sceneggiatura, montaggio: Angela Schanelec; fotografia: Ivan Marković; musica: Rainer Gerlach; costumi: Anette Guther; interpreti: Aliocha Schneider (Jon), Agathe Bonitzer (Iro), Marisha Triantafyllidou (Merope), Argyris Xafis (Elias), Frida Tarana (Phoebe mit 6), Ninel Skrzypczyk (Phoebe mit 14), Miriam Jakob (Marta), Wolfgang Michael (Hugh); produzione: Konstantinos Kontovrakis, Giorgos Karnavas – Les Films de l’Après-Midi (Parigi); origine: Germania/Francia/Serbia, 2023; durata: 108 minuti.

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