Studentessa del Centro Sperimentale di Cinematografia, diplomata nel 2015, la regista siciliana Francesca Mazzoleni (classe 1989) è da annoverarsi fra i più promettenti talenti del cinema italiano, soprattutto di stampo documentaristico, anche se la regista non disegna pure la finzione, come dimostra il suo primo lungometraggio intitolato Succede tratto da un romanzo della scrittice e YouTuber Sofia Viscardi.
Il suo secondo lavoro, presentato in anteprima alla Festa del Cinema di Roma e adesso per pochi giorni nelle sale (vedi sotto), s’intitola Punta Sacra ed è per l’appunto un documentario, frutto della lunghissima (otto anni) frequentazione dell’autrice con la comunità resistente e resiliente dell’Idroscalo di Nuova Ostia, nella fettuccia di terra che sta fra la foce del Tevere e il Mar Tirreno. Il documentario che appunto di questa lunga frequentazione reca inequivocabili tracce è notevole perché racconta attraverso diverse storie e diversi personaggi un mondo che come si dice non gode di buona stampa (sono, del resto, i protagonisti stessi a dirlo): individui che come nello storico film di Scola vengono comunemente definiti “brutti, sporchi e cattivi”, personaggi marginali che si auto-emarginano e che vengono marginalizzati ma che nutrono un robusto senso di appartenenza e che, se ce ne fosse ancora bisogno, riescono a dimostrare che l’abitabilità di un luogo, pur per tanti aspetti degradato, sono i rapporti umani, i rapporti sociali a determinarla e non un astratto senso di bellezza e gradevolezza. L’autentica guida in questo universo è costituita da colei che viene definita l’Anna Magnani dell’Idroscalo, ovvero Franca Vannini, orgogliosamente comunista e lettrice di Pier Paolo Pasolini, custode di una memoria storica che intende tornare a conferire quella dignità che al più tardi con l’omicidio di Pasolini, in realtà avvenuto a qualche distanza da dove si svolge l’intero film, ha finito per venire meno.
Un luogo che ha pagato un prezzo altissimo, divenendo appunto la quintessenza del degrado, al punto da costituire la location privilegiata di film e serie (uno fra tutti: Suburra) in cui si vuol rappresentare un mondo in cui la delinquenza imperversa e regna sovrana. Francesca Mazzoleni, invece, ha cercato di non fermarsi alla superficie e di entrare nelle case e negli spazi comuni in cui viene agita la vita sociale delle persone, una vita sociale che è punteggiata, per tanti aspetti, dagli stessi riti e dalle stesse abitudini della gente cosiddetta “normale”, che vive cioè in luoghi che godono di ben altra rispettabilità. Come sempre accade in un documentario eminentemente corale non tutti i soggetti individuati suscitano il medesimo interesse – e la cosa curiosa è che si ha la sensazione che siano gli stessi personaggi a saperlo, perché le storie più interessanti, i personaggi più intensi sono anche quelli che “recitano” meglio. Forse i momenti più deboli del film sono le storie che vedono protagonisti i ragazzini e le ragazzine, storie un po’ tenui non dissimili da tante potenziali altre storie di loro coetanei che vivono altrove. Questo non significa che guardando Punta Sacra si debba per forza andare a cercare il Diverso. Tutt’altro, anzi. È proprio la normalità dello stato di eccezione ciò che rende il film particolarmente attraente, ma i ragazzini e le ragazzine non hanno oggettivamente tantissimo da dire.
Vi sono altri due aspetti che risultano particolarmente convincenti. Il primo: lo spessore drammatico del film nasce non solo dalla resistenza della comunità al costante pericolo di essere costretti ad abbandonare le proprie case, costruite a fatica, per dare spazio a un progetto urbanistico di normalizzazione se non addirittura di gentrificazione e speculazione, una minaccia costantemente dietro l’angolo; ciò che rende drammatico Punta Sacra è anche il fatto che gli abitanti devono lottare, oltreché con la società, anche con la Natura, particolarmente aggressiva, contro cui anche la comunità più solidale può fare ben poco. Il secondo: siamo in presenza di un documentario in cui la regia non è semplicemente al servizio delle storie, ma in cui (la location aiuta) la macchina da presa può dare il meglio di sé, stando addosso ai personaggi, alzandosi e abbassandosi con virtuosistici movimenti e giocando con i fuochi e con le prospettive. Meno convincente forse, sul piano strutturale, la suddivisione in capitoli.
Restando a Roma e dintorni: se pensiamo che il David di Donatello come miglior documentario lo ha vinto il film su Totti (Mi chiamo Francesco Totti di Alex Infascelli), beh il film di Francesca Mazzoleni era nettamente più originale. E comunque ha ricevuto un Nastro d’Argento speciale,
Prossime proiezioni in calendario (per le successive vedere: https://www.puntasacra.com/)
Cast & Credits
Punta Sacra – Regia: Francesca Mazzoleni; sceneggiatura: Francesca Mazzoleni; fotografia: Emanuele Pasquet; montaggio: Elisabetta Abrami; musica: Lorenzo Tomio; produzione: Morel Film, Patroclo Film; distribuzione: True Colors; genere: documentario; origine: Italia 2020; durata: 96’; distribuzione: Morel Film.