Torino Film Festival (Concorso doc./italiana): Commedia all’italiana di Fabrizio Bellomo

  • Voto
3.5

Gli invitati a un programma televisivo locale discutono il progetto di un’imponente statua di San Nicola da erigere sul lungo mare di Bari. I fedeli ne avrebbero un ritorno di fede, i turisti qualcosa in più da fotografare. Una chiamata irrompe nello studio e pone il seguente quesito: «Durante il consiglio di Nicea del 325 pare che San Nicola diede uno schiaffo ad Ario. Non pensate di poter essere accusati di voler innalzare una statua a un violento?».

Il presentatore è in imbarazzo, prova a giocarsela a parole, richiama pure la ‘veemenza di cultura mediterranea da campione del popolo’ quale era il santo, ma i titoli del giorno successivo sui giornali sono perentori: “San Nicola era un violento? Dubbi sulla statua”. Siamo dentro una commedia, commedia all’italiana, questa volta però elevata al quadrato perché messa in scena da personaggi che non recitano, sono gli italiani al naturale, in scenografie che sono città, le nostre.

Commedia all’italiana, per la scrittura di Fabrizio Bellomo, è un’indagine casalinga sulle contraddizioni insite nell’italiano medio, non però nella persona bensì negli spazi che questa vive: lì ce ne sono parecchie, è sufficiente saper (dove) guardare. È così che ci ritroviamo in google maps e la freccetta cerca i retaggi fascisti tra i palazzi di Bari: ce ne sono, sono visibili se si è capaci di vedere oltre il lieve strato di stucco che vi è stato sovrapposto. Allo stesso modo, segni del passato emergono tra palazzi gemelli a quelli pugliesi collocati in Eritrea, oppure in Via Eritrea, a Bari stessa, dove i segni sono invece del presente e spuntano con maggiore forza, nelle vesti di CasaPound.

Il fascismo diventa così un nemico mai domato e malamente sopito. Il film richiama fin da subito una citazione di Umberto Eco, nel quale il semiologo sostiene che sarebbe fin troppo confortevole se il fascismo oggi si riproponesse in pompa magna, in sfilata di camice nere dirette verso la capitale. Così, in effetti, non è. Il fascismo odierno si presenta sotto differenti spoglie e opera su un terreno che nemmeno lui era riuscito a creare, quello dell’omologazione. Ce lo suggerisce il documentario nel momento in cui a un appassionato Ti saluto! (Vado in Abissinia), registrato su Raidue (!), si sostituisce un Pasolini vista mare, le parole dello scrittore bolognese rilevatrici di quella rivoluzione antropologica che allora si stava preannunciando e ai nostri giorni è compiutasi nella società dei consumi.

Siamo nell’omologazione e quindi nella cultura ‘popolare’, non del popolo tradizionale però, bensì quello televisivo che soffre un appiattimento del gusto e ha i propri dei e dee, come Manuela Arcuri. “Il mare di Porto Cesareo a Manuela Arcuri simbolo di bellezza e prosperità” reca la scritta sotto una statua rappresentativa della showgirl, con tanto cornucopia tra le mani. Per il flash dei fotografi, e il turismo locale, certamente meglio di una Madonnina del Mare. I tentativi di sbarazzarsene (che lo si dice a fare?) falliti miseramente. Oppure il monumento eretto in onore di un altro dio, il pisello nano di Zollino, prodotto tipico della zona, che a mani basse si candida a statua kitsch del decennio, pronta a essere battuta da una, quella futura di Nicola, il santo (violento).

Quello che l’artista Fabrizio Bellomo architetta è quindi un forsennato confronto urbanistico tra detriti kitsch dello ieri e dell’oggi, fascisti e consumistici, a cui oppone altro, una cultura dell’inclusività o di schieramento antifascista. Allora per le vie della città appaiono cartelli recanti le frasi in codice di Radio Bari (‘Maria si prepari’ / ‘Il corriere di Leone’)  a rappresentare l’Italia della liberazione; oppure le strade perdono il nome, Corso Cavour, per acquisirne un altro, Corso Floyd, o proprio un nome non lo vogliono prendere. Per esempio quando l’artista trova su Maps una ‘Strada senza nome’ e se ne fa segnaletica vivente (lui il palo, in mano la dicitura ‘strada che vuole rimanere senza nome’) per poi andarsene via, fino a fare un tuffo nel mare. L’urbanistica stessa, a volte, ha bisogno di andare a farsi un bagno, troppo è il peso allusivo che porta sulle spalle.

Commedia all’italiana è un documentario funambolico. Sprezzante nel mostrare le pieghe televisive di un’Italia dimentica del passato, immersa fino ai capelli nell’omologazione imperante, ci ricorda quanto un’occhiata appena laterale metta in mostra le incoerenze della società. Pensiamo siano solo strade o canzoncine, eppure nella leggerezza vi è spesso perversione e la perversione nasconde marciume. Celebre è la frase di Marx: ‘La Storia si ripete sempre due volte: la prima come tragedia, la seconda come farsa’. Bene, stiamo però attenti che la farsa presenta più varianti. Può essere kitsch, ma può essere anche trash, e a essere (nell’) immondizia, be’, c’è poco da ridere.


Commedia all’italiana – riprese audio e video: Fabrizio Bellomo, Christian Mantuano, Graziana Di Santo; montaggio audio-video: Fabrizio Bellomo; voci: Domenico Bellomo, Carmela Tavernise, Francesco Altamura, Antonio Di Giacomo, Graziana Di Santo; origine: Italia, 2021; durata: 54’.

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