Biografilm XX° Edizione (Bologna, 7-17 giugno): Prima della fine – Gli ultimi giorni di Enrico Berlinguer di Samuele Rossi

Scrivo questa recensione il 7 giugno del 2024, alla vigilia di una consultazione elettorale per l’elezione del Parlamento europeo. Davanti ai miei occhi scorrono le immagini di un comizio tenuto a Padova esattamente 40 anni fa, il 7 giugno 1984, per un’altra consultazione elettorale europea. Sono le immagini dell’ultimo comizio di Enrico Berlinguer, con cui si apre Prima della fine, il documentario di Samuele Rossi, che viene presentato l’11 giugno in anteprima mondiale al Biografilm Festival di Bologna. E che si affianca all’altro documentario, visibile in sala in questi giorni, sul grande leader del comunismo italiano: Arrivederci Berlinguer! di Michele Mellara e Alessandro Rossi.
Immagini poi entrate nella storia della politica e anche della tv (insomma della Storia tout-court) che furono riprese per puro caso, a causa di un’iniziativa personale e del tutto arbitraria del cameraman. Mentre il discorso del comiziante incespica e il tribuno suda, sul suo volto appare una specie di sorriso, come un solco lungo il viso – per dirla con De André; “un sorriso a una vita che è stata vissuta degnamente”, come affermerà uno dei testimoni della tragedia di un uomo per nulla ridicolo. Ed è sintomatico e buffo (nel senso di tragico) che le ultime parole pronunciate dall’ex segretario del Pci dicano di tante cose ma partano con un’idea che 40 anni dopo ancora non ci entra in testa: “la pace”.
Pur trovandoci dentro a un documentario tutto speciale, costruito soltanto con i materiai di repertorio, senza cioè l’ausilio di alcuna voce narrante e nessun altro espediente narrativo sostanziale inserito in post-produzione, anche in Prima della fine, come in ogni plot che si rispetti, l’istanza narrante ci riporta indietro, col più classico dei flashback (qui un rewind, vabbè). Torniamo al 1978: altri comizi, altre battaglie, come quella del Festival nazionale delle donne ad Arezzo; o l’Assemblea regionale dei lavoratori di Milano; il famoso discorso sull’austerità dopo la crisi petrolifera, che Berlinguer tramuta in una fiera rivendicazione di vita sì frugale ma degna, contro le bellurie e gli orpelli del consumismo capitalista che stava già dilagando. Attraverso la riproposizione di questi passati lacerti approfondiamo, “per chi era lì e per chi non c’era”, la conoscenza della personalità ancora attuale di Berlinguer, rigoroso e umanissimo, sui vari temi all’ordine del giorno, oggi come allora: la valorizzazione dell’istruzione pubblica, la salvaguardia dell’ambiente, la ricerca se non della felicità per lo meno dell’eguaglianza sociale e – ancora – della pace (Enrico dove sei?).

Tolte queste rare digressioni cronologiche, utili a tracciare un ritratto ancora più composito del protagonista, il film è nient’altro che il freddo (per nulla freddo) resoconto audiovisivo dei 7 giorni che cambiarono l’Italia, per certi versi, e posero un suggello definitivo su quella che un noto delfino di quel leader definì “la bella politica”: dal malore durante il comizio di Padova, alla morte quattro giorni dopo in ospedale, l’11 giugno 1984, fino all’imponente funerale tenutosi in Piazza San Giovanni a Roma il 13 giugno. Con la morte di Berlinguer, nulla sarà più come prima, non solo per i comunisti italiani, o per tutta la sinistra. Il suo trapasso segna davvero la fine di un’epoca, ed è per questo che questo film dà i brividi, al di là dei suoi meriti.
Nei quattro giorni di agonia di Berlinguer succede qualcosa di straordinario, mai visto: un afflusso popolare e spontaneo nei corridoi dell’ospedale padovano, assembramenti di massa sgomenti e commossi, militanti comuni colle lacrime agli occhi, una gran copia di lettere e messaggi di auguri recapitati alla sede delle Botteghe Oscure; e ancora, telegrammi accorati da parte di personalità politiche le più disparate, segretari sindacali, avversari, amici e compagni, come si diceva allora e ormai non si dice quasi più. Dalla Repubblica popolare bulgara, dalle donne contro la mafia, da Umberto Eco e dal futuro presidente francese, Lionel Jospin; da Adriana Asti e da Vasco Rossi, e persino dalla Palestina, già insanguinata ma non così tanto.
Materiale di repertorio, dicevamo, nel senso più ampio del termine: brani di tg, registrazioni audio, articoli di giornale, riprese amatoriali, filmati privati. C’è persino l’immarcescibile Bruno Vespa, in mezzobusto naturalmente. Repertorio inedito ed esclusivo, ritrovato, dopo una lunga ricerca, grazie alla collaborazione sviluppata con molti archivi tra cui Aamod – Fondazione Archivio Audiovisivo del Movimento Operaio e Democratico, Associazione Enrico Berlinguer, Fondazione Gramsci, etc.
Finché, come uno schiaffo, all’improvviso (chi ha detto che i documentari non hanno i loro twist?), si ascolta in flagranza di tragedia il bollettino numero 8, dalla viva voce di uno dei medici curanti che pronuncia le parole definitive della prognosi infausta: l’attività elettrica è cessata, il coma è irreversibile.
Poi ancora immagini mosse, sporche, malmesse che raccontano quel popolo malconcio ma fiero che non c’è più (oppure c’è e vota per l’estrema destra, ah che dolorosa, paradossale, nemesi!): donne affrante, volti scolpiti di lavoratori stanchi, impiegati, professionisti; un popolo commosso e orfano di un leader unico, un popolo già presago di un futuro monco e pessimo, che è il poi il nostro presente. Si percepisce la sensazione di trovarsi innanzi a qualcosa di enorme, un “sensus finis” che non riguarda solo il popolo dei comunisti – ribadiamo ancora, perché questo è il cuore del film – nemmeno soltanto la sinistra italiana: è per molti versi la fine di un’epoca che non ritornerà più.
Pertini che vinto dalla commozione, compie un gesto irrituale: lo porta con sé a Ciampino sull’aereo presidenziale: “Lo porto con me è stato un compagno dio lotta!” E poi, ovviamente, la storica prima pagina de L’Unità col titolo “E’ morto” a caratteri cubitali. Sotto la pioggia battente una folla di persone appassionate fa scorta al feretro scandendo il suo nome, “Enrico, Enrico”. Un fiume di persone cogli occhi lucidi, chi col pugno chiuso, chi facendosi il segno della croce, alla fine tutti colle lacrime agli occhi. Come oggi (“O tempora, o mores!”) accadrebbe forse solo per un calciatore famoso.

Funerali solenni, inauditi, struggenti: due milioni a scendere in piazza per qualcosa di mai visto prima; cui partecipa pure il capo della Destra, l’ex repubblichino Almirante. E “Pajetta ricorda con rabbia e parla con voce di tuono ma non può riportarlo tra noi” per citare una canzone che il gruppo folk-rock Modena City Ramblers dedicò a quell’evento immortale, per dire di come il segretario del Pci fosse entrato nel cuore di mezza Italia. Ricordate Giorgio Gaber? “Qualcuno era comunista perché Berlinguer era una brava persona”. Un funerale se possibile ancora più solenne di quello di un altro storico leader comunista, quello di Palmiro Togliatti, che pure ebbe due memorabili menzioni cinematografiche in Uccellacci, uccellini di Pier Paolo Pasolini (1966) e I sovversivi dei Fratelli Taviani (1967). Giorni che il regista ricorda così: “Quei sette giorni sento abbiano in qualche modo tracciato un solco tra un prima e un dopo, tra un tempo chiaro e un tempo confuso. Perché, in questo nebuloso presente, quei giorni, quella storia, quelle emozioni mi sembrano una traccia capace di indicare una possibile direzione, una possibile ricomposizione di un senso, di un’idea di paese, di una memoria che si fa collettiva e non solo privata.”
In questo frullatore di emotività come azzardarsi a riferire un commento critico? Diremo che il ritratto del leader sardo è privo di ombre (e invece in vita fu anche avversato, anche da una parte della sua gente), e il film è sostanzialmente una agiografia impressionista; il santino celebrativo di un segretario senza macchia, che tuttavia chi scrive – dati i tempi grami – rivorrebbe ora, con tutti i suoi umanissimi limiti.

In sala dal 13 giugno
venerdì 14 giugno ore 21.00 al Cinema Barberini di Roma una proiezione speciale alla presenza del regista e ospiti in sala anche le figlie Bianca, Laura e Maria Berlinguer


CREDITS & CAST

Prima della fine – Gli ultimi giorni di Enrico Berlinguer Regia: Samuele Rossi; soggetto: Samuele Rossi; sceneggiatura: Lorenzo Bagnatori, Samuele Rossi; ricerca d’archivio: Giuseppe Cassaro; montaggio: Ilaria Cimmino; musica: Giuseppe Cassaro; produzione: Echivisivi, con Salice Production e Solaria Film; in collaborazione con AAMOD Fondazione Archivio Audiovisivo del Movimento Operaio e Democratico; origine: Italia, 2024; durata: 75 minuti; distribuzione: OpenDDB.

 

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