Fremont di Babak Jalali

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Per chi non lo sapesse Fremont, città californiana della Bay Area, ai margini della Silicon Valley, popolata da poco più di 200.000 abitanti (un decimo dei quali lavora per la Tesla di Elon Musk) presenta la più alta concentrazione in tutti gli USA di cittadine e cittadini di origine afghana. Come a dire che lo spettatore americano di fronte a un titolo del genere pensa subito all’Afghanistan, esattamente come un cittadino italiano, di fronte a un ipotetico titolo “Prato” penserebbe alla Cina. E in effetti la protagonista del film è Donya (Anaita Wali Zada), una profuga aghana, scappata da Kabul (dove ha lasciato tutti i familiari) che ogni giorno lascia il monolocale di una casa a ringhiera e percorre l’oretta scarsa che la separa da San Francisco per andare lavorare in una fabbrica di Fortune’s cookie, i biscottini della fortuna. All’inizio si limita a governare, insieme a una collega americana, la produzione e l’impacchettamento dei suddetti. Successivamente, all’indomani dell’improvvisa scomparsa di un’anziana cinese addetta ai messaggini contenuti nei biscotti, riceve dal titolare un upgrade: da qui in avanti spetterà a lei scrivere i messaggi, un incarico che, lo si capisce, la riempie di orgoglio, al punto che verso la fine del film alla richiesta circa il mestiere svolto non esiterà a definirsi  “scrittrice”.

Non ci vuol molto a capire che, al pari ti tutti gli altri personaggi delineati in questo film, Donya è tutto tranne che felice. Prova ne sia che allorché il suo vicino di casa, egli stesso afghano, fa saltare l’appuntamento dallo psichiatra, Donya decide di comparire al cospetto del medico in vece sua, come a significare che un trattamento con ogni probabilità neanche a lei farebbe male. Peccato che lo psichiatra, a sua volta, non sia messo benissimo, basti dire che a un certo punto, trattenendo a stento le lacrime, usa lo slot terapeutico per mettersi a leggere alla ragazza ad alta voce ampi stralci di Zanna Bianca di Jack London. Si capisce che il film, a più riprese, potrebbe virare verso una modalità drammatica, è il terapeuta stesso, ad esempio, che avanza l’ipotesi che la ragazza possa essere affetta da PTSD (Post Traumatic Stress Disorder), essendo stata testimone di tutto quanto successo a Kabul, con in più il senso di colpa di aver a lungo lavorato per il nemico (nella capitale afghana Donya operava come interprete per le truppe di invasione statunitense). Anche se poi la bellezza del film consiste proprio nel rifuggire da qualsivoglia eziologia semplicistica e nell’accontentarsi della mera fenomenologia, venata di comico.

Anche perché i personaggi raffigurati nel film tendono proprio ad enucleare un’isotopia comica: a cominciare dallo psichiatra (interpretato dall’eccellente stand-up-comedian Gregg Turkington), proseguendo per il titolare dello ristorante afghano dove Donya si ferma spesso a mangiare (un uomo che passa le giornate a guardare in TV le telenovelas del proprio paese), continuando con la collega americana alla continua ricerca di un uomo, e la di lei madre, e concludendo con il titolare della fabbrichetta di Fortune’s cookie. Tutti personaggi, afghani, cinesi, americani, decisamente spaesati, che la macchina da presa riprende con ironico distacco, con empatico minimalismo, in un bianco e nero che non di rado ricorda Jim Jarmusch.

Lodevole, nell’insieme, la sceneggiatura, capace di mantenere un buon equilibrio fra autoconclusività e iterazione, che è opera, oltreché del regista, l’ anglo-iraniano Babak Jalali (1978, giunto al quarto lungometraggio), anche di Carolina Cavalli, che aveva esordito alla regia a Venezia e a Toronto due anni fa con l’originale Amanda.

In sala dal 27 luglio 2024


Fremont  – Regia: Babak Jalali; sceneggiatura: Babak Jalali, Carolina Cavalli; fotografia: Laura Valladao; montaggio: Babak Jalali; interpreti: Anaita Wali Zada (Donja), Gregg Turkington (Dr. Anthony), Jeremy Allen White (Daniel), Hilda Schmelling (Joanna); produzione: A Butimar Productions, Extra A Productions, Blue Morning Pictures; origine: USA 2023; durata: 92′; distribuzione: Wanted Cinema.

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