Confidenza di Daniele Luchetti

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Bisogna che si acquietino le musiche del britannico Thom Yorke, così allusive, invasive, eccessive, perché Confidenza finalmente respiri e trovi, nel silenzio, la giusta forza dialettica delle parole, il senso di un racconto ad alto tasso metaforico, nonostante la dimensione realistica. Lo so, la mia è una partita ormai persa: i registi italiani spalmano la colonna sonora e le canzoni dappertutto, con particolare cura e generosità, forse temendo di lasciare troppi “vuoti”, come se il pubblico avesse sempre bisogno dell’aiutino.

Tornato al cinema a quattro anni da Lacci  (in mezzo due documentari-ritratto, uno su Raffaella Carrà, l’altro su Carla Fracci), il 63enne Daniele Luchetti ritrova il prediletto Domenico Starnone adattando l’omonimo romanzo Confidenza (Einaudi, 2019). Ma lo scrittore stavolta non ha partecipato alla sceneggiatura, lasciando a Luchetti e a Francesco Piccolo il compito di mettere mano liberamente alla partitura letteraria: “tradimento” lecito, pure applaudito dallo stesso Starnone in due pagine su “La Lettura”.

Elio Germano giganteggia, pur nella “mediocritas” poco aurea del personaggio protagonista, nel ruolo di Pietro Vella, “un professore molto presente nella vita dei suoi studenti liceali ma quasi assente a sé stesso” (Luchetti dixit). Vella è un cognome scelto non a caso: lo stesso dello scaltro e mendace abate inventato da Leonardo Sciascia per il suo formidabile romanzo Il Consiglio d’Egitto. Bugiardo senza darlo a vedere è anche questo professorino democratico, molto amato dai suoi allievi perché fuori norma, che nella Roma di fine anni Settanta, poi attraverso gli Ottanta e parte dei Novanta, conduce la sua vita sentimentale all’insegna della continua paura di essere “scoperto” (non sappiamo per cosa).

C’è una cornice contemporanea, nella quale Vella appare ormai anziano, simile nel trucco prostetico al James Woods di C’era una volta in America, a fare da contenitore di ricordi, visioni e flashback: si parte da lì e lì si ritorna con sviluppi che arrivano fino al Quirinale.

Non saprei dire se Vella sia, come leggo in una sinossi, “il ritratto perfetto del maschio contemporaneo, un uomo in fuga dalle sue debolezze che può soltanto sperare di essere, finalmente, smascherato”. Vero è che questo ometto racchiude molte qualità e nessuna qualità: teorizza a scuola, come metodo d’insegnamento, “la pedagogia dell’affetto”, e infatti le sue tesi gli varranno una certa fama grazie all’intensa collaborazione con il ministero della Pubblica Istruzione; ma nella vita di tutti i giorni sembra molto cautelarsi, dentro una medietà, dai tratti talvolta mediocri, con la quale prova a rimuovere, quasi in una dimensione psicoanalitica (Jung?), quanto confessato in un momento di dolce abbandono alla tosta Teresa Quadraro.

Chi è Teresa Quadraro? Una sua ex allieva di liceo con la quale ebbe una storia d’amore nei primi anni Ottanta, prima che lei, da un giorno all’altro, lo mollasse per scomparire nel nulla. Oggi la donna è una matematica illustre che lavora al Mit di Boston, in tutto e per tutto incarna un modello esistenziale divergente rispetto a quello di Pietro Vella: è audace, sventata, umorale, a suo modo geniale e insieme assai pericolosa, perché senza filtri. Proprio l’opposto, apparentemente, anche della moglie, rassicurante e anodina, la collega Nadia Labaro, che l’insegnante sposò e dalla quale ebbe una figlia. Una che dice di sé: “Io sono l’uovo di Pasqua senza sorpresa. Scaduto”:

Lungo più di due ore, Confidenza, al singolare anche se ci sono parecchie confidenze sussurrate all’orecchio, è un film complesso, molto ambizioso e un po’ cervellotico, con qualche tonalità da thriller, che arpeggia sui temi dell’irresolutezza amorosa e della pavidità coniugale, attraverso un moltiplicarsi di segnali allarmanti: due arance ammuffite, il sangue dal naso, un quadro che cade, un corvo che osserva da un ramo, soprattutto visioni di morte (un salto nel vuoto, un incidente d’auto).

Non sapremo mai, neanche nell’ultima emblematica sequenza dai tratti onirici /visionari, qual è il segreto che Vella confessò a Teresa e non vuole sia rivelato. Tutti ne abbiamo uno, o più di uno, e certo le donne hanno un particolare intuito nel cogliere dove la verità può fare più male a un uomo, facendo emergere meschinità e timori.

Di Germano, ormai al suo quarto film con Luchetti, s’è già detto: con barba e senza, un po’ sessantottino o piccolo borghese, l’attore si consegna al personaggio di Vella senza nobilitarlo e senza compatirlo, facendone uno strano narcisista tra perdente e patologico. Più risolute e grintose le donne in campo, interpretate da Federica Rosellini, Vittoria Puccini, Isabella Ferrari e Pilar Fogliati, rispettivamente Teresa, la moglie Nadia, l’editrice snob e la figlia da grande.

Frase cruciale: “L’amore non è mai alla pari, è sempre sopraffazione”.

In sala dal 24 aprile 2024


Confidenza Regia: Daniele Luchetti; sceneggiatura: Daniele Luchetti, Francesco Piccolo; fotografia: Ivan Casalgrandi; montaggio: Aël Dallier Vega; musica: Thom Yorke; scenografia:Paolo Bonfini; interpreti: Elio Germano, Vittoria Puccini, Isabella Ferrari, Federica Rosellini, Pilar Fogliati, Elena Arvigo, Giordano De Plano, Elena Bouryka, Bruno Orlando, Roberto Latini, Luca Gallone, Sofia Luchetti; produzione: Indiana Production e Vision Distribution; origine: Italia, 2024; durata: 136 minuti; distribuzione: Vision Distribution.

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