Don’t Look at The Demon di Brando Lee

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Diretto da Brando Lee, Don’t Look at The Demon ha tutte le carte per essere, a tutti gli effetti, un horror ben confezionato: l’ambientazione inquietante, un mistero da svelare che si intreccia con il passato della protagonista, e una credenza popolare antica quanto macabra. Manca, tuttavia, in alcuni punti, di un pizzico di originalità.
Sulla scia del più riuscito La casa – Il risveglio del male (Evil Dead Rise, Lee Cronin, 2023), una spaventosa entità malefica minaccia la serenità di una famiglia (in questo caso di una coppia) e la loro vita domestica.
Il demone non ha un nome e progressivamente, la sua presenza diventa sempre più pericolosa per i due giovani protagonisti.
La tematica delle presenze spettrali non è sicuramente tra le più nuove: Lee si muove, però, con fluidità e con una certa capacità di creare tensione ansiogena – bisogna riconoscerlo – su un sentiero già battuto in precedenza dal filone esorcistico e da quello demoniaco come il grande capostipede L’esorcista (William Friedkin, 1973) oppure Amityville Horror (Stuart Rosenberg, 1979) e tutta la saga di Paranormal Activity, solo per citarne i titoli più celebri.
Gli elementi di Don’t Look at The Demon, infatti, come si accennava, ricorrono in molti altri film che appartengono al genere: una casa infestata, una sensitiva in stato di fragilità emotiva e una troupe televisiva che indaga sui possibili misteri. Il miracoloso aiuto a domare l’entità sconosciuta arriva da Jules, una medium spirituale che fa parte di una squadra americana di investigatori televisivi del paranormale.

La donna, insieme alla sua troupe televisiva si reca a Fraser’s Hill, in Malesia, all’interno della casa infestata, per indagare sulla possibile entità malefica. Jules inizialmente non percepisce alcuna presenza, ma lentamente, ciascun membro della troupe si imbatte in apparizioni terrificanti, destabilizzanti per l’equilibrio del gruppo e ben peggiori di quanto mai sperimentato in passato.
La medium, sensitiva fin da bambina, porta sulle spalle il peso della morte di una sorella e sarà la più bersagliata dal “demone” in questione. Proprio come in Smile (Parker Finn, 2022), ma con un taglio decisamente meno introspettivo, la risoluzione di casi misteriosi e inquietanti si intreccia con un lutto mai elaborato capace di distruggere la serenità interiore della donna.
L ‘approfondimento di questo trauma irrisolto sarà la svolta decisiva per affrontare il pericoloso demone, quello che minaccia le quattro mura domestiche e quello che la ossessiona fin da bambina.
L’intensità espressiva dello sguardo di Fiona Dourif, già apprezzata, tra gli altri, in The Master (Paul Thomas Anderson, 2012) o ne Il culto di Chucky (Don Mancini, 2017), potenzia lo stato ansiogeno del film, crea un ritmo martellante e trasmette la sensazione di trovarsi in un labirinto senza via d’ uscita.

 

L’ aspetto più interessante della pellicola resta in ogni caso, l’inserimento di una nota di folclore locale, capace di rendere il tutto ancora più inquietante. Il regista Brando Lee che è cresciuto nella periferia di Kula Lumpur (ma ha studiato cinema in America) è qui al suo debutto e intreccia una tradizione antica con elementi più moderni come la trasmissione della troupe televisiva e la ricerca ossessiva della popolarità. Inoltre introduce l’idea dei kuman thong, che in Malesia corrispondono a feti asportati a donne in stato interessante, i quali vengono evocati sotto forma di entità spirituali per la celebrazione di riti religiosi ai fini di onorare i loro spiriti. Il connubio tra modernità e antiche credenze risulta, in questo caso, calzante in grado, quindi, di connotare la pellicola di un tocco in più morbosamente macabro.
Lee porta così sul grande schermo un buon horror che si lascia guardare “piacevolmente” senza aggiungere, rispetto al passato, particolari tocchi innovativi ma interpretato da un valido cast (su tutti spicca, come accennato, Fiona Dourif) e costruito su un ritmo incalzante, martellante e ossessivo.
Ps: un maggiore approfondimento psicologico della “storia medianica” della protagonista, però, lo avrebbe reso forse ancora più interessante e coinvolgente.

 

In sala dal 17 agosto


Don’t Look at The DemonRegia: Brando Lee; sceneggiatura: Alfie Palermo; fotografia: Mike Muschamp; montaggio: Danny Saphire; musiche: Vincent Gillioz; interpreti: Jordan Belfi, Ashlyn Boots, Malin Crépin, Harris Dickinson, Fiona Dourif, Jessie Franks, William Miller, Thao Nhu Phan, Randy Wayne; produzione: Barnstorm Entertainment, Bliss Pictures, Brando Studios; origine: Italia/Malesia, 2023; durata:95 minuti; distribuzione: 102 Distribution.

 

 

 

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