Dostoevskij di Damiano e Fabio D’Innocenzo (Festival di Berlino – Berlinale Special)

Serie  poco tradizionale o lungo film formato king size? Tale dilemma – forse inutile da discutere e poco interessante dato che oggi il prodotto audiovisivo non segue più le regole certe di un tempo, volendosi costantemente reinventare – comunque si pone allo spettatore con questo Dostoevskij dei Fratelli Damiano e Fabio D’Innocenzo. Durata complessiva di 270 minuti, uscirà prima in due parti in sala presumibilmente nel prossimo giugno (modello quindi Esterno Notte di Marco Bellocchio) e poi in seguito, forse in autunno, sulla piattaforma di Sky che produce (due puntate alla volta? Chissà, come con prodotti analoghi o in modo differente?).

In ogni caso chi si aspettasse di vedere un serial Sky tipo la fortunatissima Petra di Maria Sole Tognazzi, si sbaglierebbe di grosso – in comune hanno solo e unicamente un investigatore della nostra polizia di stato che dovrebbe indagare su dei casi di omicidio, detto ciò: punto e basta. Viceversa, vedendo quello che io – a torto o a ragione – considero un film unico di imponente lunghezza (e come tale intendo qui parlarne), sono moltissimi i temi, le atmosfere e i personaggi che fanno riferimento alla precedente pur breve, filmografia dei due Fratelli romani che tanto hanno diviso con la loro opera. E probabilmente farà discutere e/o scontrare pubblico e critica anche Dostoevskij dove si intrecciano insieme moduli narrativi differenti – quello realistico e del mondo dei fatti e quello, invece, astratto del sogno o della follia – che si erano variamente palesati con accenti diversi nei loro film precedenti e che qui si possono vedere prima alternati e poi intrecciati nel ductus della lunga narrazione.

Chiaro sin dall’inizio è il rifiuto tassativo di abbandonarsi agli schemi del comune thriller psicologico, con i suoi tempi e la sua drammaturgia standardizzata, dato che due linee di narrazione molto diverse convivono e via via si fondono nello stesso corpo di questa “serie”: la prima consiste nella ricerca da parte del poliziotto Enzo Vitello (Filippo Timi), dal passato per niente immacolato, di un assassino seriale chiamato in gergo appunto con il nome del grandissimo scrittore russo. Il quale ha la peculiarità di lasciare accanto ai corpi delle vittime delle lettere sconcertanti per la loro Weltanschauung nichilista nella quale la vita viene descritta “come posizionamento nel nulla”. E da tale visione del mondo il nostro poliziotto verrà presto trascinato, addentrandosi sempre di più nella classica oscurità che alberga in tutti noi.

La seconda linea di racconto concerne, invece, il rapporto tempestoso o meglio il non-rapporto che racchiude un drammatico segreto d’infanzia e che vediamo si sviluppa in progress tra Vitello e la figlia Ambra interpretata da Carlotta Gamba – era la Laura, una delle due ragazze adolescenti di Elio Germano, di America Latina (2021).

Carlotta Gamba con Filippo Timi

Ovviamente le cose sono ancor più ingarbugliate da una serie di conflitti ovvero di personaggi che si aggiungono sino a comporre un quartetto che per esempio include un giovane vice della squadra di Vitello, Fabio Bonocore, (Gabriel Montesi, già presente in Favolacce), il quale si pone come antagonista e/o successore rispetto al capo – trai due c’è scarsa chimica sin dal primo incontro, il “novellino” è un freddo e metodico calcolatore, Vitello, invece, è tormentato e fumantino con le ovvie conseguenze del caso. Altro personaggio chiave  è poi il comandante in capo di tutto questo piccolo nucleo di polizia, tal Antonio Bonomolo (Federico Vanni) che cerca di governare il caos della situazione e aiutare nelle sue difficoltà personali e di lavoro Enzo, che è un suo amico fraterno da lungo tempo. Sin quando si arriva ad uno scontro finale e a una dolorosa rottura trai due, la quale segna l’unico, autentico turning point del film – è difatti rappresenterà anche la conclusione della prima parte di Dostoevskij quando il testo uscirà nelle sale.

Il film, dunque, racconta un lento ma inesorabile viaggio al termine di una notte senza luce salvifica, in una folle spirale da cui non sembra esserci vie d’uscita. La densa, caliginosa fotografia di Matteo Cocco che ha sostituito, senza farlo rimpiangere, Paolo Carnera, il tradizionale DOP dei Fratelli D’Innocenzo, accompagna, tutta orientata, com’è, ai toni più scuri, questa immersione in un baratro fatto di violenza psicologica, repressione, rabbia e ipocrisia che ben conosciamo dai precedenti lavori dei registi romani. Tra atmosfere lynchiane, quale accenno di tarantinismo e tocchi realistici immersi in uno spazio neutro e atemporale, quasi sospeso – anch’esso spesso frequentato in passato –, Dostoevskij, dopo un inizio “esplorativo” che stenta, a nostro avviso, a carburare, ci accompagna in una seconda parte più di azione dove si rimescolano molte delle carte in gioco. Per arrivare ad un finale dove si prospettano orizzonti diversi e da non rivelare (assolutamente).

I Fratelli D’Innocenzo al lavoro

A quel Festival di Berlino dove i Fratelli D’Innocenzo avevano debuttato nella sezione Panorama nel 2018 con La terra dell’abbastanza e poi, due anni dopo, avevano vinto, con Favolacce, l’Orso d’argento per la migliore sceneggiatura, si ripresentano ora con un’originale opera “anfibia” – tra grande schermo e serial tv – ambiziosa e prepotente, forse diseguale nei risultati che comunque si incarica di sfidare le convenzioni di genere. Resta aperta la questione – nessuno ha la palla di cristallo – se riuscirà a convincere e a conquistare il pubblico generalista e non. In ogni caso un elogio sentito va allo sforzo attoriale di tutto il cast a partire dal mattatore protagonista Filippo Timi ma anche gli altri interpreti non sono da meno – personalmente abbiamo apprezzato in particolare la prova di Gabriel Montesi.

Insomma, in bocca al lupo.


Dostoevskij  – Regia e sceneggiatura: Damiano e Fabio D’Innocenzo; fotografia: Matteo Cocco; montaggio: Walter Fasano; musica: Michael Wall; scenografia: Roberto De Angelis; interpreti: Filippo Timi (Enzo Vitello), Gabriel Montesi (Fabio Bonocore), Carlotta Gamba (Ambra Vitello), Federico Vanni (Antonio Bonomolo), Simon Rizzoni, Tommaso Sacco; produzione: Sky Studios con Paco Cinematografica; origine: Italia, 2024; durata: 270 minuti; distribuzione cinema: Vision Distribution.

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