Furiosa: A Mad Max Saga di George Miller

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“Dove dobbiamo andare …
noi che vaghiamo in queste terre devastate in cerca di una migliore versione di noi stessi” (The First History Man)

Dopo che l’eroico Max (Tom Hardy) si perdeva nella folla lasciando Furiosa (Charlize Theron) sull’ascensore della Cittadella, Mad Max: Fury Road (2015) si chiudeva con il distico che abbiamo sopra riportato, abbastanza criptico se si vuole, anche grazie alla firma che contribuiva a confondere le acque: “The First History Man”. Ora senza entrare nel senso ascondito che il regista-sceneggiatore George Miller voleva conferire a questo finale (e su cui sul web si possono trovare alcune spiegazioni più o meno plausibili), resta comunque una frase che ben si può adattare anche al nuovo Furiosa: A Mad Max Saga, prequel del precedente splendido film del regista australiano. Di cui consigliamo un veloce anche se non obbligatorio ripasso di visione, come abbiamo fatto noi, per poter gustare in pieno il quinto capitolo dell’epopea di “Mad” Max Rockatansky, l’eroe eponimo, che comunque in quest’ultima puntata compare una volta sola, di sfuggita e di spalle, in un breve cameo pur sembrando compiere (o almeno questa è la nostra supposizione) un atto importante nell’evolversi della vicenda.

Solita ambientazione nel bellissimo deserto australiano post-apocalittico sempre da terrificante “Medioevo prossimo venturo” in cui l’acqua scarseggia, la benzina vale più dell’oro, i bambini/bambine “puri” sono una assoluta rarità mentre vige la legge della guerra per bande (motociclisti versus gli stanziali Warriors bianchi della Cittadella). E con diversi personaggi più meno esaltati e/o decerebrati. In ogni caso, per Miller (un veterano, classe 1945) suggestioni tematiche e influenze stilistiche (in primis western e fumetti) sono rimaste quelle di sempre.

Nella prima inquadratura troviamo Furiosa, bambina della stipe Vuvulini (Alyla Browne), cogliere nel giardino dell’Eden, “il luogo verde delle molte madri”, una mela che subito dopo – come con il diabolico serpente di Adamo ed Eva – accompagna una “caduta” biblica, il suo rapimento da parte di dei barbari razziatori, mascherati e in motocicletta, dei “Lost angels”, per tornare all’immaginario, mezzo delinquenziale, mezzo ribelle, di un vecchio film di Roger Corman (I selvaggi, 1966) o ancor prima nei lontani anni Cinquanta a Marlon Brando e László Benedek (Il selvaggio, 1953).

Al centro Chris Hemsworth

Malgrado il sacrificio eroico ma inutile della madre (Charlee Fraser) per salvare la figlia rapita, la bimba, da subito assai sveglia e precocemente combattiva, viene consegnata nelle grinfie del villain di turno, il sanguinario Dementus, spiritosamente intrepretato da un ispirato e gigione Chris Hemsworth (una delle cose più riuscite del film). Lui, da emergente e spavaldo Signore della guerra in biga-motocicletta, capeggia una delle due principali fazioni in lotta per il dominio di Westerland, le terre devastate, contro la lussureggiante Cittadella guidata dal mostruoso Immortan Joe alias Lachy Hulme insieme ai due figli mezzideficienti e compagnia cantando (che abbiamo conosciuto già dal precedente film). Poi, malgrado un presunto attaccamento filiale vantato dallo sproloquiante Dementus, la piccola Little D.  – così la chiama il nostro filosofo-burlone-guerriero – viene ceduta, senza troppe remore, al nemico Joe come merce di scambio per un accordo di pace globale, politico-commerciale, nei territori devastati che annoverano, oltre all’altra città della zona, Gas Town (occupata con un colpo di mano da Dementus), anche un’ex miniera chiamata Bullet Farm.

Tom Burke e Anya Taylor-Joy

Alla Cittadella, Furiosa sperimenta un drammatico calvario adolescenziale in un terribile mondo maschile – detto ciò, inizia anche una scalata lenta ma inesorabile per diventare (ormai cresciuta) una eroina, una implacabile, quasi invincibile guerriera interpretata, con lodevole efficacia, da Anya Taylor-Joy. Ed è un cammino complesso lungo il quale la ragazza trova aiuto in Praetorian Jack (Tom Burke), un buono di cui sembra innamorarsi, ma che mai potrà condurre Furiosa ad una redenzione religiosa alla Paul Schrader – molto lontana dalla Weltanschauung dell’epopea western milleriana – bensì ad attuare la sua prevedibile, inevitabile revenge. O meglio, a procedere “oltre la vendetta” come suona il capitolo finale (il quinto) in cui il film è suddiviso, prima di provare a tornare al suo Eden perduto, al territorio verde delle molte Madri. Infine, visto che il film finisce come doveva finire, l’autore ci mostra – per dare continuità prospettica e chiudere il cerchio della saga – quanto già conosciamo dal precedente, inanellando a conclusione di Furiosa, in sintetica, rapida sintesi, alcuni flash presi a prestito daMad Max: Fury Road  che ne costituisce il sequel.

Cosa aggiungere? Molti personali sentimenti contrastanti, soprattutto perché proprio a Cannes del 2015 avevo adorato il reboot della saga ormai priva di Mel Gibson, con le sue scene d’azione pazzesche, delle figure indimenticabili come il folle chitarrista rock che accompagna l’inseguimento a Furiosa, o il pezzo forte costituito dalla mitica “blindocisterna” argentata che sfrecciava nel deserto accompagnata dalla musica di Junkie XL alias Tom Holkenborg. In questo nuovo capitolo, Miller vorrebbe cambiare un po’ lo spartito generale del suo epos, per esempio nei primi due capitoli del film dove la bella descrizione per immagini dei luoghi spiritati e sabbiosi, o il delinearsi psicologico dei personaggi in gioco assume il sopravvento sull’azione pura e i mirabolanti effetti speciali degli scontri e inseguimenti successivi scanditi dai ritmi martellanti sempre di Holkenborg.

Tuttavia, malgrado un inizio promettente, il film poi prende finalmente corpo, a nostro avviso, solo quando il “gioco si fa duro e i topi ballano”. E cioè quando, venuti al pettine tutti i nodi del conflitto tra le due principali gang rivali, Furiosa/Anya Taylor-Joy, diventata grande, comincia a menare le mani, mostrando le sue virtù di grande combattente/vendicatrice. Certo veniamo a scoprire come e perché rimane priva di un braccio sui cui si era tatuata la strada per tornare all’Eden perduto ma in definitiva questa resta la sola novità che Miller costruisce ex novo. Per il resto parecchie lungaggini (si sfiorano le due ore e mezzo), personaggi, a parte Dementus e parzialmente Furiosa, già noti, lunghe scene d’azioni avvincenti e spettacolari come c’era d’aspettarsi ma sulla base di un immaginario visto&conosciuto dal passato. Troppo poco? No, indefinitiva ma… forse ci aspettavamo qualcosa in più da Furiosa: A Mad Max Saga. Che quindi, in ogni caso, consigliamo, a prescindere dall’interesse scontato dei fan e supporter di Max Rockatansky & Co. E comunque ci piacerebbe vedere, se poi si realizzerà mai, quel previsto sesto capitolo di cui George Miller va parlando.

Presentato Fuori Concorso al Festival di Cannes 2024
In sala dal 23 maggio 2024


Furiosa: A Mad Max Saga – Regia: George Miller; sceneggiatura: Nick Lathouris, George Miller; fotografia: Simon Duggan; montaggio: Eliot Knapman, Margaret Sixel; musica: Tom Holkenborg; effetti speciali: Andrew Jackson; scenografia: Colin Gibson; interpretazione: Anya Taylor-Joy, Chris Hemsworth, Charlee Fraser, Nathan Jones, Lachy Hulme, Tom Burke, Angus Sampson, Alyla Browne, Daniel Webber, Nat Buchanan, Matuse, Spencer Connelly, David Collins, Goran D. Kleut; produzione: Doug Mitchell, George Miller per Village Roadshow Pictures, Kennedy Miller Mitchell; origine: Australia/Usa, 2024; durata: 148 minuti; distribuzione: Warner Bros. Pictures.

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