Festival di Cannes (2024): Oh, Canada di Paul Schrader (Concorso)

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Quest’anno Paul Schrader torna a Cannes con il dramma Oh, Canada (in italiano il titolo sarà: Tradimenti)che, come molti film del regista americano, è un adattamento letterario. Per la seconda volta, infatti,  il regista americano porta sullo schermo un romanzo – in questo caso si tratta di Foregone (2021, trad. it  I tradimenti,  Einaudi, 2022) – dal penultimo libro del suo amico e scrittore preferito, Russel Banks, dal quale aveva tratto una delle sue opere migliori, il molto premiato Affliction (1997). E per l’occasione torna a lavorare con l’attore Richard Gere, con il quale non aveva più girato un film dai tempi di American Gigolo (1980).

Leonard Fife (Richard Gere), il protagonista – nient’altro che l’alter ego di Schrader stesso –, è un famoso documentarista che ha costruito la sua carriera di regista sulla realtà che le immagini ci consegnano, diventando famoso proprio pretendendo nei suoi documentari quella verità. Ora che è malato terminale di cancro decide che, dopo aver passato una intera vita costruita su una bugia, è arrivato anche per lui il momento di confessarsi. Quello che gli pesa è soprattutto il suo passato americano a cui quasi nessuno sembra essere interessato da quando è arrivato in Canada. Questa rivelazione la deve soprattutto alla sua amata moglie Emma (Uma Thurman), a cui è legato ormai da molti anni. Perché Fife, che potrebbe benissimo passare alla storia come eroe o come un attivista che si è sempre battuto per la causa giusta, in verità, nasconde da sempre un segreto: anche lui, come altri sessantamila americani disertori, si rifugiò in Canada per evitare di partire soldato per il Vietnam.

Il film inizia con l’arrivo della troupe che girerà un film sulla vita di Leonard Fife regista, ed i preparativi per le riprese di questa probabilmente ultima e finale intervista. La macchina da presa posizionata, Fife – un Gere pallido ed emaciato – grazie alla sua infermiera viene sistemato sulla sedia a rotelle ed aiutato dalla moglie. La stanza dove si svolgono le riprese è buia, Fife è al centro del cerchio luminoso. Inizia il racconto. Si torna in dietro nel tempo, precisamente agli anni Sessanta. In teoria Fife dovrebbe rispondere a delle domande, ma infine è lui che, guardando in faccia la moglie dal volto preoccupato, le confida del suo passato, le rivela quello che lei aveva sempre pensato di conoscere bene, senza però sapere. Non è l’onestà dell’artista quello che Fife difende e intende lasciare di sé, ma l’onesta dell’uomo che ama e che vuole farsi amare. E quindi farsi amare non per l’immagine che si è costruito, ma per quello che è.

Jacob Elordi

Schrader è molto attento a riconsegnare nel film i dialoghi e la frammentazione della cronologia nel libro: la sua vita con la prima moglie nella casa dei ricchi genitori di lei in Virginia – qui il giovane Fife viene impersonato in alternanza dal più giovane attore Jacob Elordi, o da Richard Gere senza un vero e proprio riconoscibile criterio, ma così riesce a mantenere un legame diretto con la temporalità in cui si svolge il racconto durante l’intervista  di Fife. E poi l’offerta di lavoro del genero, la visita medica per il servizio militare, la fuga verso il Canada e le tante donne della sua vita. Ma proseguendo nella narrazione Fife tende a confondersi, la sua mente non è sempre limpida e, nonostante lui sostenga che tutto sia veramente successo, la moglie Emma comincia a mettere in dubbio che i fatti siano effettivamente avvenuti, quasi a proteggerlo da sé stesso.

Senza dubbio in questo film Paul Schrader riprende temi dei suoi film precedenti. Anche qui il protagonista si confronta con il suo passato (come anche in Il maestro giardiniere) e cerca, in un atto finale di autodistruzione (di Taxi Driver si sa, Schrader aveva scritto la sceneggiatura) la propria redenzione. Anzi, in Oh, Canada sembra quasi che il regista voglia spingersi ancora più all’estremo e, filmando un Fife morente, liberarsi così delle sue stesse paure sulla morte, arrivando all’apoteosi della sua scrittura filmica.

Per quanto quest’ultima sua opera sia priva di violenza (se non consideriamo la morte un atto violento) o di colpi di scena ad effetto, ma anzi scorra fluida come il racconto da cui è tratta, ci  ritroviamo a guardare un film classico sì ma impeccabile, magnifico – altamente convincente; e Schrader si riafferma essere, come sempre, un grande, sommo maestro della messa in scena. Si è meritato tutti i tanti minuti di standing ovation dopo la proiezione ufficiale del film.


Tradimenti (Oh Canada) – Regia e sceneggiatura: Paul Schrader; fotografia: Andrew Wonder; montaggio: Benjamin Rodriguez Jr.; musica: Phosphorescent; interpreti: Richard Gere, Jacob Elordi, Uma Thurman, Victoria Hill, Michael Imperioli, Penelope Mitchell, Kristine Froseth; produzione: Foregone Film PSC; origine: Usa, 2024; durata: 91 minuti; distribuzione: Be Water, in collaborazione con Medusa Film.

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