Festival di Locarno 2024 (Serata d’apertura): Premiazione di Mélanie Laurent e Guillaume Canet e proiezione di Le Déluge

Allo scoccare delle 21.30 di mercoledì 7 agosto, Piazza Grande si è riempita della magia del cinema. Ad inaugurare la 77esima edizione del Locarno Film Festival sono stati Sandy Altermatt (animatrice radio e presentatrice della Radiotelevisione Svizzera di lingua Italiana) e il Direttore Artistico Giona A. Nazzaro. Come di consueto, prima della anteprima mondiale di Le Déluge, opera seconda del regista napoletano Gianluca Jodice, la serata inaugurale ha visto salire sul palco della Piazza, per la prima volta, la nuova presidente del Festival Maja Hoffmann e Raphaël Brunschwig, la managing Director della manifestazione locarnese.

Giona Nazzaro (vedi foto sotto) ha poi invitato sul palco la commissione di selezione che sceglie i film, insieme a lui, da ben quattro anni: “Sono le persone con cui preferisco litigare al mondo, perché lavoriamo in simbiosi per portare una buona selezione di opere cinematografiche.”.

A questo punto si è passati al culmine della serata con la presentazione di Le Déluge e alla premiazione dei due attori protagonisti: Mélanie Laurent che veste i panni della regina Maria Antonietta e Guillaume Canet quelli di Luigi XVI. Ad entrambi è andato l’Excellence Award Davide Campari per le loro carriere, iniziata rispettivamente con The Bridge (1999) per la Laurent e con The Beach (2000) per Canet. È stato chiesto loro, come si fossero sentiti a interpretare personaggi storici così conosciuti.

ML: “Ho studiato molto su libri e film già esistenti, ma ho scoperto una parte di umanità, che ho trasformato per trasmettere il terrore e il rifiuto della realtà provato da Maria Antonietta.”
GC: “Guardando i molti film che esistono sulla Rivoluzione francese, ho notato che non è mai stata mostrata l’intimità di questi personaggi. Ho potuto scoprire dai Diari di Jean-Baptiste Cléry, valletto personale del Re, sui quali si basa la sceneggiatura di Gianluca Jodice e Filippo Gravino, che Luigi XVI ragionava come un bambino. Mi è piaciuto recitare questo ruolo, sia per difenderlo che per far sentire la sua voce.”

Al regista Gianluca Jodice, è stato chiesto, invece, come mai sceglie di girare drammi storici, dato che anche il suo primo lungometraggio, Il cattivo poeta, ritraeva la figura di Gabriele D’Annunzio.
GJ: “In realtà non cerco di portare tanto la parte storica nei film, sarebbe un po’ un azzardo da manualetto scolastico, ma cerco l’esplosione di verità e potenza che derivano dalla Storia.

Infine, un’ultima domanda è stata rivolta al produttore Matteo Rovere, per capire come un regista italiano l’abbia convinto a produrre un’opera cinematografica sulla Rivoluzione francese. Al che ha risposto: “Il mio cuore si è riempito come questa piazza. Quando ho letto la sceneggiatura, sono stato stregato, e ho subito voluto collaborare con questi talenti.”

 

 

 

 

 

 

Girato a Torino nella Reggia di Venaria, Le Déluge (che in Italia verrà intitolato Gli ultimi giorni di Maria Antonietta) prende il nome da una celebre frase attribuita al re Luigi XV di Borbone che suonava après moi le déluge!  (“dopo di me il diluvio”) nel corso di una conversazione con la marchesa di Pompadour, allo scopo di porre fine alle sue esortazioni di occuparsi attivamente degli affari dello stato. Siamo nel 1792, nel pieno della rivoluzione. A inizio film, vediamo Luigi XVI, sua moglie Maria Antonietta e i loro figli arrestati e portati alla Tour du Temple, una lugubre fortezza parigina, in attesa di processo. Per la prima volta nella loro vita si trovano isolati e vulnerabili lontano dallo splendore delle reggia di Versailles. Giunti sul posto sono obbligati a adattarsi, dormiranno e mangeranno tutti insieme nello stesso salone non ammobiliato. Con il passare dei mesi, perché il processo si dilunga, la famiglia reale sopporterà diversi drammi, e verrà divisa nelle celle di Tour du Temple. Luigi XVI, infatti, viene isolato dal resto del gruppo, in attesa della sua morte.

Le scelte registiche ci sono sembrate molto interessanti, nonostante in alcuni punti la narrazione scorra con una certa lentezza probabilmente voluta per descrivere la drammaticità e la “pesantezza” degli ultimi giorni dei reali. Come in un libro, il film è diviso in tre diverse parti cronologiche: gli dei, gli uomini e le morti, che rispecchiano la vita e il crollo della monarchia francese. Infatti, vediamo come i reali all’inizio si sentano molto legati a Dio, tanto da poter curare i popolani malati. Man mano che le loro condizioni peggiorano, passano dall’essere la famiglia reggente allo stato di persone “comuni”, ed infine arrivano alla morte. Come vivono questo momento? Il Re, che si sente ancora l’agnello di Dio, accetta la sua morte grazie alla Bibbia, mentre Maria Antonietta non fa altrettanto. La Regina passa da uno stato di “tranquillità” al terrore assoluto, man mano che si rende conto della realtà e dell’avvicinarsi della sua morte.

Oltre che tramite la partizione della sceneggiatura, i turning point della narrazione sono sottolineati dallo stile della fotografia. Infatti, entriamo alla Tour du Temple in modo classico, con campi lunghi e riprese fatte in modo sinuoso. Dal secondo atto, invece, tutto diventa più frenetico, poiché girato con la camera a spalla, con movimenti nervosi alternati a brusche frenate…

Infine, un’altra scelta che abbiamo apprezzato, è stata quella di far iniziare il film direttamente dal momento finale della monarchia – un’opzione molto diversa rispetto ad altre opere riguardante il periodo delle Rivoluzione francese.

Foto della serata Stéphanie-Linda Maserin

 

 

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