Bisogna solo capire chi è il diavolo a questo mondo.
E il diavolo potrebbe essere Dragan (Enzo Salvi), ex-rapinatore fuggito in provincia per rifarsi una vita. La sera gioca a scacchi con Daniele, operaio con figlia e moglie, addetta alle pulizie. L’azienda in cui lavora Daniele è però in procinto di essere spostata all’estero, il signor Assante sta prendendo questa decisione, tra una pagina di Dostoevskij e la successiva:
Mi accusate di essere dissoluto, immorale.
Ma forse sono solo colpevole di essere più onesto di altri.
Forse è allora lui il diavolo a questo mondo. La figlia tossicodipendente potrebbe pensarlo, lei che viene abusata dall’ennesimo diavolo in gioco: Fabrizio, poliziotto che in strada s’approfitta della divisa per vari crimini e in famiglia picchia la moglie. La tavola è apparecchiata e i quattro sono pronti a entrare in collisione: è sufficiente che un giorno Daniele venga licenziato perché Dragan torni sui suoi passi e di nuovo s’impugnino le armi…
Il diavolo è Dragan Cygan è il primo lungometraggio di Emiliano Locatelli, regista del pluripremiato cortometraggio Solamente tu(2020) – co-sceneggiato insieme all’attore Enzo Salvi – e di altri lavori brevi come L’educatore e Viva Violence. E l’esordio di Locatelli si presenta come un noir dal vicolo cieco nel quale la scrittura fatica in più punti, sia nella profondità dei personaggi che nei dialoghi in generale, e la regia fa alcune buone inquadrature, ma stona nelle parti movimentate e si sfilaccia nella resa generale.
Il soundtrack è sicuramente una nota positiva perché inizialmente dà una buona spinta alla pellicola, alla lunga diventa però monotono e si rivela un’arma a doppio taglio. Per quanto riguarda il montaggio, è talmente serrato che in più punti si perde di vista lo spessore dei personaggi, o il tentativo di dare quello spessore, e si va nella superficialità sempre più grigia. Qui il film cade nella meccanicità: alcuni personaggi cambiano idea senza che venga mostrato il cambio psicologico e a volte, ancor peggio, il cambiamento non viene mostrato, bensì spiegato, e il film finisce così dritto dritto nel didascalico.
I personaggi sono esemplificativi del prodotto: tanta la carne messa al fuoco, e quando la lente d’ingrandimento cala sui quattro principali – Dragan, Daniele, Assante, Fabrizio -, lo fa in modo troppo energico e deciso, non facendosi capace di virare verso le sfumature dell’umano. I quattro risultano personaggi forti, non certo belli né interessanti. I dialoghi non aiutano, cercando spesso l’effetto, e riuscendo solo a volte e a tratti. Il richiamo a Dostoevskij, Pasolini e Marx è bello, tuttavia non aiuta la resa filmica della pellicola e finisce per essere un orpello d’intralcio.
Esiste uguaglianza secondo te a questo mondo?
Ispiratosi a Ken Loach e a Elio Petri, nel lavoro di Emiliano Locatelli il tema sociale va in primo piano. In effetti, il conflitto tra poveri e ricchi emerge ed è un bene che lo sia: la critica sociale deve sempre avere il suo spazio di cellulosa per essere ribadito e il film non se lo perde per strada. Tuttavia, la visione generale del mondo creato è troppo sterile perché il confronto di ricchezza possa “arricchire” la storia e i personaggi in gioco.
Il diavolo è Dragan Cygan è un prodotto con parecchie debolezze. La prima è la scrittura. Alcuni personaggi sono di una debolezza da rasentare la non credibilità e ciò destabilizza alcune scene – la “rapina” dei due poliziotti al negozio di elettronica ne è l’esempio primo -, il finale invece recupera buona parte del film, ma anche qui la meccanicità di alcune scelte operate dai personaggi mina la credibilità. Nota positiva: la scenografia è buona nell’introdurci in questa provincia opaca e vedere queste anime disperatamente tristi latitare per mondi dimenticati da Dio fa molto Dostoevskij. In questo caso sì che il richiamo è efficace:
Perché l’uomo bianco è cattivo.
In sala dal 12 marzo al cinema.
Il diavolo è Dragan Cygan –Regia e sceneggiatura: Emiliano Locatelli; fotografia: Tomaso Aramini; montaggio: Lorenzo Muto, Pier Damiano, Benghi; musiche: Emanuele Braga; scenografie: Massimiliano Mereu, Roberto Papi; costumi: Arturo Montoro, Alice Sinnl; interpreti: Enzo Salvi, Sebastiano Somma, Adolfo Margiotta, Gennaro Lillio, Ivan Boragine, Giovanni Carta, Emy Bergamo, Carlotta Rondana, Lara Balbo; produzione: Roble Factory, Method in collaborazione con Whitedust Productions, Nuovaera; origine: Italia, 2023; durata: 105’; distribuzione: Roble Factory.
Posso soltanto dire che il mio non è un minestrone in cui ho inserito tutti gli ingredienti a caso. Citazioni, personaggi e tematiche sono lì perché devono esserci, perché ho deciso che quelle cose andavano dette, visto che nel panorama cinematografico odierno nessuno ha il coraggio di dirle. Se tecnicamente risulta un’accozzaglia non è un problema. L’importante è che arrivi la critica al sistema capitalista/neoliberista in cui viviamo e al quale il regista ha volutamente bisogno di dichiarare di opporsi. “L’uomo bianco è cattivo”: una frase che ho intenzione che lo spettatore senta anche se percepisca che sia inserita in un film di merda. Nessun intento polemico, la tua recensione e il tuo giudizio sono sacrosanti, ci tenevo soltanto a precisare che nulla di quello che viene detto nel film sia messo lì per caso, perché leggendo alcune parti del tuo testo può sembrare al contrario che sia così. La nostra rivoluzione è questa: un film di merda dichiaratamente anti capitalista. Un caro saluto. Il regista del film.