Inventing Anna di Shonda Rhimes

  • Voto
3.5

“È iniziato tutto con il denaro, come spesso accade a New York.” E, potremmo aggiungere, non solo a New York. Lo abbiamo sempre saputo ma, in fondo, ce ne siamo resi conto soltanto in un venerdì sera non troppo felice, durante l’ennesima galoppata fra i nuovi titoli proposti da Netflix: al primo impatto, Inventing Anna assomiglia spaventosamente ad uno zuccherino con cui lenire le quotidiane angosce, la classica serie da gustare di contorno al tradizionale sushi del fine settimana. L’autrice e sceneggiatrice è Shonda Rhimes, entrata nel nostro immaginario collettivo grazie a capolavori quali Grey’s Anatomy, Private Practice e – dulcis in fundo – il tragicomico e abbacinante Bridgerton, sorta di Gossip Girl ambientato in un’Inghilterra Vittoriana storicamente accurata quanto il Medioevo fantasy di Game of Thrones. La storia? Una finta ereditiera tedesca raggira e deruba l’odiosa Upper Class di Manhattan. Perfetto. Ci aspettiamo di trascorrere un weekend piacevolmente kitsch, condito da qualche dritta su improbabili outfit che non indosseremo mai e un profluvio di battute modaiole in pieno stile Diavolo veste Prada. E invece no. Ma procediamo con ordine.

 

Partiamo da Anna: Anna Delvey per gli amici, Anna Sorokin per i nemici – e per l’anagrafe. Lo spettatore medio e la sottoscritta non sanno, ad esempio, che “questa storia è del tutto vera. Tranne che per le parti assolutamente inventate.” Anna, ruota motrice di un’inquietante locomotiva costituita da banche, cene di lusso, club esclusivi e investimenti da capogiro, esiste realmente: come ogni millennial che si rispetti, ci siamo fatti un giretto su Wikipedia, dove la ragazza (classe 1991) viene identificata attraverso il modesto titolo di “truffatrice”. Ebbene sì: Anna Delvey o Anna Sorokin o in qualsiasi modo vogliate chiamarla è un vero e proprio Robin Hood in calzamaglia (di Dior) e Manolo Blahnik: la pulzella pare abbia frodato il cosiddetto bel mondo per un totale di 275.000 dollari (dimostrabili). Come?

Anna (qui interpretata dalla fulgida Julia Garner) non è bellissima, non è ricchissima, insomma, non è descrivibile attraverso la consueta logica del superlativo. Ma è intelligente, e ben radicata nello strambo spaziotempo dell’oggi: spacciandosi per la classica figlia di, questa fredda e inaccessibile venticinquenne s’introduce nella migliore società newyorkese, e lo fa semplicemente conferendosi un valore. Il che, in parole povere, significa millantare un fondo fiduciario di ben 60 milioni. Vi chiederete come diavolo abbiano fatto avvocati, modelle, stilisti e colletti bianchi di ogni genere a crederle sulla parola. Ce lo chiediamo anche noi.

La stessa domanda se la pone, fra gli altri, una certa Viviant Kent (Anna Chlumsky), giornalista dal passato oscuro, rea di una colpa ormai collettiva e condannata per il capo d’accusa più comune della nostra epoca – vale a dire, quello delle “fake news”. Vivian è un po’ come Anna: ambiziosa, manipolatrice, ostinata e pronta a passare sul cadavere di chiunque pur di raggiungere i suoi scopi. Non fatevi ingannare dall’occhione lucido o dalla finta empatia, dall’ostentata sensibilità che sempre pretende qualcosa in cambio: Vivian è un carro armato, un’irrefrenabile macchina fabbrica-storie. Vuoi per destino, vuoi per necessità, sta di fatto che cronista e fenomeno mediatico s’incontrano in uno squallido penitenziario di Rikers Island: a qualche mese di distanza da quel primo, strano colloquio uscirà l’articolo How Anna Delvey Tricked New York’s Party People, pubblicato da Jessica Pressler (il volto che dà il volto alla nostra Vivian) sul famigerato “New York Times”.

Ma non finisce qui: nello stile variegato, divertente e un po’ pacchiano che la contraddistingue, Shonda snocciola, uno dopo l’altro, i mille tarocchi del capitalismo. E lo fa dedicando ogni episodio ad un singolo personaggio, ad una delle tante vite che la vita di Anna, così fuori e dentro gli schemi, pone sulla grande e fluorescente ribalta del Terzo Millennio Statunitense. Piano piano, scopriamo le carte in tavola di una società in cui denaro, lavoro, rapporti umani, fama e gloria sono concetti talmente astratti da svanire sotto la coltre effervescente di un evento alla moda sul quale il Grande Dio Instagram pone la sua mano taumaturgica.

Dell’American Dream non sono rimaste che le briciole – qui nei panni di una mecenate da salotto (Kate Burton), di una personal trainer per soli VIP (Laverne Cox), di una pseudo-scrittrice specializzata in pettegolezzi d’alta classe (Katie Lowes), di un ingenuo visionario dell’informatica (Chris Cafero), di un avvocato a metà fra lupo e agnello (Arian Moayed), nonché di Neff Davis (Letizia Ciampa), amica della protagonista e concierge presso uno dei sontuosi alberghi in cui la Sorokin allestisce le sue inverosimili performance. A differenza delle altre maschere, Neff proviene da un ceto sociale più basso e, pur avendo accesso diretto all’ambitissima élite, la ragazza non ne fa del tutto parte. Neff è l’unica privilegiata (o sventurata) a conoscere il valore del denaro e, non a caso, sarà anche la sola a cui l’illusionista-truffatrice restituirà il maltolto.

Divorato anche l’ultimo episodio, non possiamo fare a meno di sentirci un po’ truffati anche noi: difficile non lasciarsi sedurre dall’enigmatico carisma che il volto dai mille volti di Anna sprigiona davanti alla cinepresa. Bugiarda, femme fatale, giocatrice d’azzardo, sociopatica, narcisista, mitomane: i critici (compresa Miss Pressler) ne hanno scritte di ogni. Ma nessuno, nemmeno l’adorabile e nevrotica Vivian, si dimostra davvero all’altezza della nostra milionaria fake. Che, diciamocelo pure, tanto fake non è – ce ne rendiamo conto ascoltando la confessione della famiglia, immigrata dalla Russia post-cortina-di-ferro alla Germania degli anni ‘90, proprio alla nascita del migliore dei miraggi possibili: “i figli non vengono a noi. Ma attraverso noi.” Anna è semplicemente la personificazione dell’umanità odierna e del vuoto fruttante milioni che sotto di essa si nasconde.

Su Netflix dall’11 febbraio 2022[


Inventing Anna  –  miniserie tv ideata da: Shonda Rhimes; stagioni: 1; episodi: 9; regia: Shonda Rhimes; fotografia: Maryse Alberti, David Franco, Tim Norman, Manuel Billeter; montaggio:     Kayla M. Emter, Gregory T. Evans, Matt Pevic, Andrew Hellesen, Kyle Bond, Christal Atossa Khatib, Michael Hathaway; interpreti: Anna Chlumsky (Vivian Kent), Julia Garner (Anna Delvey), Arian Moayed (Todd Spodek), Katie Lowes (Rachel Williams), Alexis Floyd (Neff Davis), Anders Holm (Jack), Anna Deavere Smith (Maud), Jeff Perry (Lou), Terry Kinney (Barry), Laverne Cox (Kacy Duke); produzione: Shondaland; origine: USA 2022; durata: 59′-82′ a episodio.

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