La morte è un problema dei vivi di Teemu Nikki

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È bene dirlo subito: per questo ultimo lavoro del regista finlandese Teemu Nikki, La morte è un problema dei vivi, non si sa alla fine se ridere o piangere. Se da un lato possiede tutti gli elementi tipici della commedia noir, dall’altro questo lavoro ci fa toccare con mano, grazie a eleganza e sensibilità (come poche le si vedono in giro sullo schermo), la difficoltà della vita in tutte le sue espressioni. Probabilmente ridere e piangere si presentano entrambi nello stesso tempo. Inoltre, va anche chiarito che il titolo non rimanda alla grande saggezza orientale che, da secoli ormai, ci insegna che appunto è durante la vita che si deve imparare a morire, fosse solo per essere pronti quando ci verrà realmente a farci visita sulla terra nelle sue vesti (che non possiamo fare a meno di immaginarcele così come ce le ha mostrate Ingmar Bergman ne Il settimo sigillo). No, niente di tutto ciò per lo spettatore che si aspetta una trama del genere. Qui la morte non è infatti quella vera e propria, quella a cui si riferiscono i saggi tibetani, ma quella degli altri (da non confondere nemmeno con il noto film tedesco La vita degli altri). Sì, perché i due protagonisti, Risto e Arto, dopo una lunga serie di fallimenti che hanno riempito le loro rispettive vite, si ritrovano a essere entrambi titolari di una ditta di pompe funebri che offre il servizio a prezzo di costo.

Ci piace immaginare allora che il contrasto vita/morte venga scelto qui in maniera fortemente simbolica, cioè in senso cosmico-universale per ribadire ancora una volta quanto affrontare la vita facendo ausilio di strategie preconfezionate vuol dire solo complicarsi in maniera rovinosa l’esistenza. Lì dove c’è vita, c’è sempre tutto e il contrario di tutto: ci si trova di fronte una gamma di opposizioni come di connessioni che solo a volerla un attimo disegnare, per esempio, non basterebbero tutti i colori del mondo a nostra disposizione. E dunque poco importa (perché in fondo non risolutivo che si crede) rendersi conto, tributare ragione (come amano dire invece i filosofi, da Platone a Husserl), metter su sistemi dotati di concetti da applicare. Purtroppo “la vita sfugge”, e non si lascia inquadrare del tutto (non a caso andiamo al cinema forse?). Ecco dunque che gioie/dolori, successi/insuccessi, ridere/piangere e così anche vita/morte: intorno a tutto questo c’è davvero poco da speculare. Va soltanto vissuto, va attraversato questo tempo che cronologicamente scandisce le nostre altalene psico-fisiche, avvicendando di continuo emozioni a delusioni, certezze a incertezze, conquiste a sconfitte, e viceversa (per non farci mancare nulla, ovviamente).

Ragione e sentimento: ecco. Avevano dunque non torto i romantici quando hanno immaginato che con questo nesso è possibile, anche se per un baleno, ridire la vita in uno dei modi, per noi comuni terrestri, più accettabili. Perché chi scrive scomoda questa epocale coppia di nozioni? Perché i nostri due personaggi principali vengono caratterizzati da due peculiarità che in qualche modo ci rimandano alla nota opposizione di cui sopra: mentre ad Arto manca l’85% di cervello rispetto alla media, Risto ha costantemente il “cuore in inverno”. Essendo entrambi (ma poi solo loro?) sbilanciati così fortemente nell’uno o nell’altro senso, diventano insieme l’immagine in movimento precisa, certamente sì delle incomprensioni, ma soprattutto, gioco forza, di una loro non possibile separazione. Solo insieme infatti, ragione e sentimento, potranno provare a vincere la malasorte e così tentare di fare uscire i nostri amici, step by step, in qualche modo ancora vivi. La loro è una accoppiata che non può che essere alla fine vincente, proprio perché dalla loro hanno anche una grande amicizia che viene a essere il vero collante di tutte le loro sventure.

Possiamo dire che dulcis in fundo a convincere è il ridere più che il piangere. Ne usciamo, dopo la visione del film, più leggeri e più attrezzati nel tornare in famiglia oppure al lavoro, o chissà dove. «Ho scoperto – nota il regista – che la risata è il mio scudo contro ogni male. Rido anche in situazioni e momenti tutt’altro che divertenti. Forse è per questo che penso che l’approccio migliore ai temi oscuri nel cinema sia il tono da commedia.  Finché c’è da ridere, c’è vita». Lo sapeva bene anche Totò, il Principe della risata, che tra l’altro scrisse un componimento in versi, adoperando il dialetto napoletano, dal titolo: “’A Livella”. E non a caso riferendosi alla morte, in quanto scenario dove tutti valgono uno e qualsiasi sia stato il trascorso in vita di ognuno questo non conta più, concludeva che mentre la vita è luogo di “pagliacciate” (Totò non usò questa espressione rinviando esclusivamente al suo mero significato negativo), la morte in carne e ossa è una cosa seria. Dunque, quasi come una forma catartica, ridere attraverso un film piacevole e spiritoso come questo ci aiuta dunque a muoverci meglio tra i meandri dell’esistenza. Questo lavoro fa ciò in modo genuino e ci sembra davvero pienamente riuscito. E, rimanendo del tutto in tema, non si può che concludere queste “due o tre cose che sentiamo del film” citando una frase, dalla maternità/paternità incerta: «Una risata vi seppellirà». Semmai applicando una lieve, forse oggi anche innocua, variazione: da sostituire solo la particella pronominale “vi” con quella “ci”.

In Concorso alla Festa di Roma del 2023
In sala dal 4 kuglio 2024


La morte è un problema dei vivi  (Peluri – Kuolema on elävien ongelma ) – Regia e sceneggiatura: Teemu Nikki; fotografia: Jyrki Arnikari, Sari Aaltonen; montaggio: Teemu Nikki; musica: Marco Biscarini; costumi: Suvi Lukkala; interpreti: Elina Knihtilä, Hannamaija Nikander, Pihla Penttinen, Samuli Jaskio, Tiina Weckström, Marjaana Maijala, Iivo Tuuri, Mazdak Nassir, Eero Milonoff, Jouko Puolanto, Susanna Pukkila, Katja Kukkola, Matti Onnismaa, Pekka Strang, Jari Virman; produzione: Tcb S.r.l. (Italia), It’s Alive Films (Finlandia); origine: Finlandia/ Italia, 2023; durata: 98 minuti; distribuzione: I Wonder Pictures.

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