Marcia su Roma di Mark Cousins

  • Voto
Mark Cousins

Già presentato come Evento Speciale- Fuori concorso alle “Giornate degli Autori” dello scorso Festival di Venezia 2022,  esce ora in sala Marcia su Roma di Mark Cousins, scritto insieme a Tony Saccucci, in occasione del centenario della Marcia mussoliniana, mentre gli eredi politici del movimento fascista si preparano a governare l’Italia, per la prima volta, come primo partito italiano.

Fin dalla prima sequenza, dove vediamo Donald Trump twittare una nota frase di Mussolini (“meglio un giorno da leone che cento anni da pecora”), il film del regista irlandese, autore della fortunata The Story of Film: An Odyssey (2011), sceglie un punto di vista innovativa e attualizzante per affrontare un tema su cui sono stati versati fiumi di inchiostro e girata tanta pellicola. Il film, che alterna immagini di repertorio ad altre contemporanee, prevalentemente di una Roma non solo monumentale, nella prima parte scandaglia e disvela la retorica e le manipolazioni visive e storiche presenti nel film di Umberto Paradisi A noi (1923), che costituisce la fonte filmica pressoché esclusiva sul pronunciamento fascista. Il parziale insuccesso del raduno di Napoli, alla vigilia dell’evento; gli squadristi trionfanti che non salgono lo scalone dell’Altare della Patria fino a che non lo fa, giorni dopo, il loro duce; la sequenza in cui si dà l’idea che Mussolini avesse partecipato alla marcia mentre invece arrivò a Roma in treno a cose fatte,  quando i giochi politici dietro le quinte e, soprattutto, la scelta di Vittorio Emanuele III di non firmare il decreto sullo stato d’assedio impedì al debole governo Facta di fermare le colonne fasciste; ecc. sono alcuni dei passaggi analizzati dal regista con piglio filologico.

“A Noi” (1923) di Umberto Paradisi

Mark Cousins non si limita a questo perché confronta le immagini del film di Paradisi con quelle coeve girate a Napoli da Elvira Notari, così come delinea la genealogia nazionalista della marcia sulla capitale: il culto del Milite ignoto, le cui spoglie erano state tumulate l’anno precedente; l’“impresa” di D’Annunzio a Fiume, autore primigenio di un modello di mobilitazione e di rituali che Mussolini copiò in tutto.

Negli altri cinque capitoli del film il regista irlandese racconta da più punti di vista il senso di quell’evento: le sue cause e le sue conseguenze e quelli che ritiene i suoi significati più profondi e che rimandano a una cultura maschilista (del Viagra), fonte di ogni autoritarismo, a un culto del potere e della violenza che Mussolini trasse da un autore, amato anche da altri dittatori, come Gustave Le Bon (“la folla è femmina”). Ed allora, la crisi del dopoguerra che fu la principale causa della vittoria dello squadrismo, gli orrori e la politica estera del fascismo (molto interessante la sequenza in cui gli italiani presenti interrompono Hailé Selassié che alla Società delle nazioni protesta contro l’invasione del suo paese nel 1935). E, soprattutto l’influenza della marcia del 1922 e del fascismo nel secolo che ne è seguito: il nazismo, il franchismo, la dittatura di Salazar in Portogallo, ecc. fino ad arrivare all’assalto dei sostenitori di Trump al Campidoglio statunitense del 6 gennaio e alla teoria di politici che oggi possono riconnettersi – secondo Cousins – a quella storia: Orban, Le Pen, Giorgia Meloni, ma anche Putin con l’invasione dell’Ucraina.
La voce di Cousins, che sentiamo per tutto il film ci spiega infatti, nella terza parte del film, in cui vediamo anche le immagini di Piazzale Loreto, che “la fine del fascismo non è la fine del fascismo”.

Ad arricchire la riflessione cinematica di Cousins nel film sono presenti molte altre citazioni, come: Il Conformista, Salò, Il Potere, Una giornata particolare dove i personaggi interpretati dalla Loren e da Mastroianni sono interpretati come due vittime del machismo fascista. Così come quelle del cinema del 1922 che in un qualche modo contenevano l’antidoto rispetto al film di Paradisi e alla cultura fascista: Notari, ma anche Flaherty o Chaplin.
L’altra voce che sentiamo nel film è quella di Alba Rohrwacher che appare in una serie di brevi siparietti per raccontare il punto di vista di Anna, una donna del popolo, prima entusiasta e poi disillusa dal fascismo, che parla mentre su schermi distorti scorrono le immagini di repertorio.
Un altro dei fili che lega – per il regista irlandese –  la marcia del 1922 all’attuale “società dell’informazione” è proprio il prevalere dell’immagine sulla realtà: anche in quel caso un evento di cartapesta, una messa in scena ha però aperto le porte a un disastro politico, a una dittatura durata un ventennio.
Insomma, La marcia su Roma è un film efficace e mai noioso, dove spicca, in diversi momenti, l’originalità degli accostamenti visivi. Rappresenta un memento non retorico a non dimenticare una delle matrici culturali e politiche delle minacce odierne alla democrazia.
Altre cose convincono meno sia sul piano della modalità del racconto (la voce narrante, il personaggio di Anna), sia sul piano dell’interpretazione del fascismo: benché evento di cartapesta la Marcia su Roma fu l’epilogo di una guerra civile che stava insanguinando l’Italia da più di due anni. Così come l’idea che la vittoria del fascismo fu il risultato principalmente di un accordo tra la massoneria e la monarchia o lo sposare il punto di vista del Potere, il film “maledetto” di Tretti (1972). La storia umilia e distrugge, conclude Cousins, e la cosa ci spaventa, ma la speranza è consegnata al canto di Bella ciao nel finale.

In sala dal 20 ottobre 


Cast & Credits

La marcia su Roma Regia: Mark Cousins; sceneggiatura: Mark Cousins e Tony Saccucci; interpreti: Alba Rohrwacher (Anna); produzione: PalomarDOC e Luce Cinecittà in collaborazione con il Saggiatore Italia 2022; durata: 97′; distribuzione: I Wonder Pictures.

 

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *