Persona non grata di Antonin Svoboda

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È probabilmente legato alla presenza dell’IDM (Innovators Developers Marketers) Alto Adige il fatto che a distanza di alcuni mesi dalla prima austriaca, l’Italia sia il primo paese in cui viene distribuito il lungometraggio di denuncia Persona non grata, opera del 55enne Antonin Svoboda, fra i fondatori della – nel frattempo – celeberrima casa di produzione viennese Coop99, della quale fanno (o hanno fatto) parte registi ma soprattutto registe di origine austriaca come Barbara Albert e Jessica Hausner (ma anche Vi presento Toni Erdmann di Maren Ade o i film di Jasmila Zbanic, fra cui il premiatissimo Quo Vadis, Aida? sono stati co-prodotti da Coop99, e molti altri ancora). È in Alto Adige e non nell’originale Tirolo che si svolgono alcune scene importanti di ambientazione alpina, perché Svoboda si è trovato costretto a trovare una location alternativa a quella originale, vista la chiara ritrosia da parte dei tirolesi di là dalle Alpi – un dato, questo, che la dice lunga sul carattere scandaloso e sulla delicatezza del tema affrontato, evidenziato anche dalla didascalia con cui si apre il film “Questo film è basato su eventi reali. Trama e personaggi sono stati in parte alterati per necessità narrative”.

Gerti Drassl

Il film tratta infatti una vicenda che nel 2017, quando comparve un articolo sulle colonne del quotidiano viennese “Der Standard”, suscitò grande scalpore: sull’onda di #MeToo la sciatrice Nicola Spieß Werdenigg (all’epoca quasi sessantenne, nel film si chiama Andrea Weingartner) dichiarò, a più di quarant’anni di distanza dagli eventi che lei, come molte altre sue giovanissime colleghe, era stata vittima di abusi sessuali, allorché, importante promessa dello sci austriaco, era andata a vivere e ad allenarsi in appositi centri/collegi specializzati, venendo sottoposta a reiterate e sadiche sevizie da parte di dirigenti, direttori, allenatori, colleghi più grandi etc., in un clima di totale connivenza e assoluta omertà. Lungi dal far proprie le accuse e le dichiarazioni della diretta interessata, la Federazione Austriaca fece di tutto per insabbiare la vicenda, quasi rovesciando le accuse sull’accusatrice (di qui, direi, il titolo, che nel film non compare mai) – del resto attaccare il mondo dello sci in Austria significa macchiarsi di un delitto di lesa maestà, in un paese dove quella disciplina sportiva è fattore imprescindibile dell’identità nazionale che molto altro da vantare, quanto meno in relazione al presente, non sembra proprio averlo.

Il film di Svoboda cambia un po’ di nomi, salvo – soprattutto verso la fine – riprendere vecchi spezzoni che autentificano la vicenda. Nel paese (che è stato) di Freud, il film rappresenta un perfetto esempio di riattualizzazione  del trauma in un momento in cui l’indice complessivo (ma anche specifico: un episodio recente, tardivo e analogo di molestie) di fragilità della protagonista (interpretata da un’eccellente attrice austriaca che risponde al nome di Gerti Drassl) fa per l’appunto riaffiorare il rimosso. La prima parte del film, prima che la protagonista si risolva al grande passo, è la più bella, anche dal punto di vista formale, realizzata attraverso momenti ellittici e bei movimenti espressivi della macchina da presa; nelle fasi migliori, per esempio quando racconta le perverse dinamiche famigliari, sembra un film di Haneke, nella seconda parte il film finisce invece per assomigliare di più a un classico film di denuncia sociale, mescolato qua e là a uno Heimatfilm critico, laddove viene negoziato il conflitto della protagonista con l’ottuso mondo del Tirolo (diventato qui, come detto, del Sud Tirolo), rappresentato dai genitori di Andrea, essi stessi ex-sciatori, il padre ormai vecchio e malandato, la madre autoritaria e, salvo un’unica eccezione verso la fine, fredda e impenetrabile – tutto in obbedienza a una dinamica di omertosa esclusione dell’altro e del diverso, tipica appunto della provincia alpina.

La parte finale segna un momento quasi utopico di idillio al femminile fra Andrea e la figlia Sara, possibile solo uscendo dalle angustie di un Paese che, in perfetta linea con tanta letteratura e con tanto cinema austriaco, sempre ineluttabilmente votato all’anti-idillio se non alla distopia. E infatti le scene finali sono girate al mare a Corfù.

In sala dal 25 luglio 2024


Persona non grata – Regia, sceneggiatura: Antonin Svoboda; fotografia: Mario Minichmayr; montaggio: Oliver Neumann; interpreti: Gerti Drassl (Andrea), Maya Unger (Sara), Katja Lechthaler (Verena), Lukas Miko (Thomas Fuchs), Krista Posch (Oma Herta), Peter Mitterutzner (Opa Paul); produzione: Coop99; origine: Austria, 2024; durata: 92 minuti; distribuzione: Albolina Film

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