Rustin di George C. Wolfe

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Bayard Rustin, attivista eclettico e brillante,  mente organizzativa dietro la celebre marcia per i diritti civili che riunì più di duecentomila persone e si tenne pacificamente a Washington, amico e confidente di Martin Luther King, è una figura sconosciuta ai più. E’ stato accantonato spesso dalla leadership e menzionato poco a causa della sua omosessualità, che all’epoca rischiava di offuscare la causa per la quale combatteva. Riceve ora, con questo biopic realizzato da George C. Wolfe, un tributo sentito e trionfalistico, che si regge prevalentemente sulle spalle del protagonista, Colman Domingo, già candidato all’Oscar come miglior attore per la sua interpretazione.

La carriera di attivista di Bayard Rustin raggiunse il culmine nel 1963, quando, e qui veniamo al film, svolse un ruolo fondamentale nell’organizzazione della storica sopracitata “Marcia su Washington per il lavoro e la libertà“. Rustin fu l’architetto dietro le quinte, garantendo che l’evento si svolgesse in modo pacifico e coordinando gli sforzi delle varie organizzazioni coinvolte. La marcia culminò nel celebre discorso “I Have a Dream” di Martin Luther King Jr. La dedizione di Rustin alla non violenza e alle tattiche di resistenza pacifica si rifletteva nel suo impegno nell’applicare i precetti della filosofia di Mahatma Gandhi. Rustin fu un difensore convinto della resistenza non violenta come mezzo per ottenere cambiamenti sociali duraturi.

Volendo cominciare ad analizzare l’interpretazione dell’attore, troviamo un personaggio restituito con tratti istrionici accentuati, una parlata enfatica rimodulata, ed un pathos strabordante. Gesti accorati ed entusiasmo sempre ai massimi livelli, per arrivare a trasmettere la sensazione di personaggio “bigger than life”. Ciò che arriva però, non dà l’impressione di un’analisi accurata del materiale originale, né restituisce una riflessione sulle sue caratteristiche identificative, la parlata di Bayard era enfatica ma aveva un tono originale ed unico, delicato e leggermente stridulo, con accenti puntuali e precisi a concetti lucidi e ben formati. Domingo invece fa affidamento quasi completamente al suo istrionismo, lasciando così che la sua personalità offuschi quella di Bayard, inutile dire che non si tratta di una buona idea, il Bayard che vediamo sullo schermo ha poco a che fare con quello vero, dopo aver analizzato conferenze e video trovati in rete dell’originale, ho ritrovato in Domingo poco più che una caricatura dei modi, le movenze ed il carisma del Bayard originale.

In questo non viene aiutato dalle battute che gli vengono assegnate, contenenti sempre una tendenza alla frase retorica ad effetto, tratto presente anche nell’originale, ma Bayard offriva sempre una retorica sostenuta da riflessioni non banali, mentre a Domingo non vengono concesse battute che possano lasciare intravedere la profondità di pensiero del suo personaggio. Perché al di là della creatività e dell’entusiasmo, dietro il personaggio si celava, ed è questa, forse, la vera ragione per cui andrebbe ricordato, un pensatore politico e sociale dallo sguardo estremamente acuto e lucido, un umorismo arguto ed un’intelligenza non comune.

Colman Domingo

Volenti o nolenti però è Domingo la parte più interessante del film, e l’unico personaggio che contiene una dimensione interna ed una personalità, gli altri gravitano attorno a lui più che altro come figure intercambiabili tutte comprese in questa coalizione multietnica di solidarietà.

La preparazione dell’evento si trascina piuttosto stancamente tra riunioni entusiastiche trainate dallo spirito ottimista di Bayard, inframezzate da accenni alle sue relazioni sentimentali, quella con il suo partner di sempre, che viene destabilizzata dalle scappatelle con un giovane amante piuttosto incerto sulle sue inclinazioni. Il crescendo che dovrebbe portare all’evento epocale, di fatto, non giunge mai, e la marcia, come arriva, se ne va, senza particolare clamore (filmico), senza produrre alcun impatto emotivo nello spettatore, e soprattutto fallendo nel restituire l’enorme portata storica dell’evento.

Drammaturgicamente parlando, il film non eccelle, né nella costruzione, né nella progressione, i dialoghi mantengono un buon ritmo, il montaggio e la trattazione sonora talvolta sorprendono per la cura e l’originalità di certe soluzioni, che intrecciano la musica con ciò che accade su schermo in maniera brillante. Ma si ha l’impressione che certi riferimenti ad accadimenti reali vengano inseriti e risolti piuttosto sbrigativamente. Un esempio su tutti: quando l’attivista politica Anna Arnold Hedgeman (interpretata da CCH Pounder) solleva un’obiezione sulla mancanza di oratori donne nella marcia, la sua lamentela sembra quasi inopportuna e casuale, dal momento che né la prospettiva di Hedgeman né la composizione della formazione della marcia erano mai state oggetto di discussione fino a quel momento. La questione viene risolta rapidamente, senza alcuna discussione o spiegazione chiara. In questo contesto, diventa necessario integrare quanto omesso dal film: dopo il discorso di Hedgeman, che il film riformula attenuando alcune espressioni forti presenti nelle dichiarazioni originali, che riportiamo di seguito: “Alla luce del ruolo delle donne afroamericane nella lotta per la libertà e, in particolare, alla luce del peso aggiuntivo che hanno sopportato a causa della castrazione del nostro uomo afroamericano in questa cultura, è incredibile che nessuna donna debba comparire come relatrice nella storica riunione della Marcia su Washington presso il Lincoln Memorial.Roy Williams ha sostenuto questa richiesta, e una donna, Myrlie Evers, è stata aggiunta al programma come relatrice. Ciononostante, in barba agli sforzi di Hedgeman, le donne sono state escluse quasi completamente dall’opportunità di parlare durante il giorno della Marcia. Un’ombra questa, che strideva con l’impostazione edificante della pellicola. Del resto, già si doveva occupare della questione degli omosessuali, le problematiche di un’altra categoria discriminata avrebbero creato forse, troppa distrazione negli spettatori.

La pellicola rimane una preziosa testimonianza di un evento epocale, e certamente ha il merito di porre l’attenzione su un personaggio che ad oggi risultava pressoché sconosciuto ai più, e che sicuramente merita una riscoperta. Suggeriamo, a fine pellicola, di ascoltare l’illuminante intervento di Bayard titolato Bayard Rustin: Live Speech on the Freedom Budget, reperibile su Youtube.

Su Netflix 


Rustin- Regia: George C. Wolfe; sceneggiatura: Julian Breece, Dustin Lance Black; fotografia: Tobias A. Schliessler; montaggio: Andrew Mondshein; musica: Branford Marsalis; interpreti: Colman Domingo, Aml Ameen, Glynn Turman, Chris Rock,Gus Halper, Johnny Ramey, CCH Pounder, Michael Potts, Audra McDonald, Jeffrey Wright, Lilli Kay, Jordan-Amanda Hall, Jakeem Powell; produzione: HigherGgounds; origine: Stati Uniti, 2023; durata: 106 minuti; distribuzione: Netflix.

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