The Son di Florian Zeller

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Nella lunga durata di una esistenza, cosa c’è di peggio di perdere un figlio perché sceglie volontariamente di togliersi la vita? Solo l’idea fa venire i brividi. In un’epoca in cui il disagio giovanile prende molte strade imprevedibili (molte dolorose), un film come The Son – presentato in Concorso alla passata Mostra di Venezia – non regala molta speranza a chi si confronta con questo grande problema.

L’adolescenza è, per antonomasia, il periodo della confusione: cambia il corpo, cambiano i pensieri, cambiano le attitudini i modi i comportamenti. Ci possono essere momenti di profondo senso di inadeguatezza, in cui si perde il valore delle cose, in cui non si riesce a vedere intorno a sé motivi di felicità: non bastano più gli affetti, le attenzioni genitoriali, i legami amicali: la solitudine ottunde i sensi e tutto si fa nero.

Nicholas (Zen MacGrath) è un ragazzo fortunato della upper class americana: una bella casa, tutto ciò che desidera, una madre amorevole (Kate, interpretata da Laura Dern), Peter, un padre (Hugh Jackman) che stravede per lui sebbene dalla distanza di un secondo matrimonio (con Beth, la bellissima Vanessa Kirby) e di un secondo figlio maschio appena nato.

Nicholas non va a scuola da un mese e la madre si presenta dall’ex marito per parlarne. Assieme decidono che, per un po’, il ragazzo andrà a vivere col padre e la sua nuova famiglia. Da qui la trama rotolerà verso un abisso di depressione e sfacelo. L’uso del flashback con i genitori ancora uniti rappresenta il sogno di felicità perduta del ragazzo che, da piccolo, si era sentito al centro dell’attenzione dei due: il padre gli insegna a nuotare a sei anni e mezzo in Corsica per raggiungere a nuoto la imbarcazione dove si trova la madre che non ha fatto il bagno in mare. In un rimando di sensi di colpa, accuse, attorcigliamenti lo script tende a un finale spezza cuore.

Molto ben descritte le dinamiche familiari tra genitori separati, la disperazione del figlio nel sentirsi abbandonato per qualcun altro (“se fai male a mia madre, fai male a me”), l’intrecciarsi ineluttabile di una vita con quella di un parente stretto (ma in realtà con ogni persona che si ama).

Ben recitato, una scrittura che – sebbene poco originale nella tematica – approfondisce i personaggi e la differente modalità di pensiero di ognuno, scenografia e arredamento da rivista di moda e design: l’accuratezza della messa in scena – compresi i colpi di scena (la abusata pistola di Cechov) – non superano una sorta di ricatto melodrammatico nei confronti dello spettatore che, in quanto essere umano senziente, di fronte a tanto dolore non può che soffrire di riflesso.

Il cameo di Anthony Hopkins  – nel ruolo del nonno di Nicholas e padre di Peter – fa da anello di congiunzione tra l’opera precedente di Florian Zeller, The Father (2019), e questa nuova, The son. Vien da chiedersi che direzione prenderà la carriera professionale del regista, se il prossimo film sarà sullo spirito santo o se perlustrerà ancora la cosmogonia delle relazioni familiari passando a personaggi femminili, come la madre e la figlia, oppure ancora il nonno, il nipote, la zia, i cugini, nelle mille possibili declinazioni di parentela.

In sala dal 9 febbraio 


The son  – Regia: Florian Zeller; sceneggiatura: Florian Zeller, Christopher Hampton; fotografia: Ben Smithard; montaggio: Yorgos Lamprinos; musica: Hans Zimmer; interpreti: Hugh Jackman, Laura Dern, Vanessa Kirby, Zen McGrath, Anthony Hopkins, Hugh Quarsie; produzione: See-saw Films, Florian Zeller, Inthevoid Production; origine: Regno Unito; durata: 124’; distribuzione: 01 Distribution.

 

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