The King’s Man – Le Origini di Matthew Vaughn

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Per riscrivere la storia ci vuole tanta follia quanto genio, per sfruttarne le ombre e inserirvi la nascita di una società segreta di gentleman inglesi serve invece altro. Per esempio, un’atmosfera pop. The King’s Man – Le origini di Matthew Vaughn raccoglie il testimone di una saga da sempre contraddistintasi per la leggerezza di tono e di mdp, con il colpo di scena in serbo nella manica, sempre di pistola. A quale testa diretto, questa volta?

La prima guerra mondiale è alle porte, un’oscura presenza nascosta tra le montagne, il ‘pastore’, è desiderosa di dare fuoco alle polveri. Tre i monarchi delle principali monarchie dell’epoca, Nicola II, Guglielmo II e Giorgio V e uno solo l’attore (Tom Hollander) a rappresentarli in virtù della cuginanza/somiglianza che li accomuna. Se le corti dei primi due, Russia e Prussia, sono nelle mani dei ‘cattivi’, quella di Gran Bretagna è invece protetta dai buoni, Orlando Oxford (Ralph Fiennes) a farne la guardia.

Gentleman, nonché conte di Oxford, si è votato al pacifismo dopo aver perso la moglie e su questa strada vorrebbe trattenere il figlio Conrad (Harris Dickinson), questi tutt’altro che felice di rimanere con le mani in mano e pronto a imbracciare le armi. Avrà così inizio una girandola di eventi, tra spedizioni a Sarajevo per evitare proiettili che darebbero inizio a una guerra (non una qualsiasi) e viaggi in Russia alla caccia di Rasputin (Rhys Ifans) per porre fine all’influenza del monaco sullo zar e alleviare la pressione sulla Gran Bretagna. Nel frattempo Conrad raggiunge la maggiore età e può decidere se partire o meno: al fronte lo aspetta la verità della guerra per cui le gesta eroiche hanno un prezzo da pagarsi, non da soli, ma pure hanno un costo per i propri cari. Il pacifismo, alla fin fine, ha le ore contate, è giunto il tempo dell’azione, con i suoi pro e contra.

The King’s Man – Le origini è il prequel di Kingsman – Secret Service (2014) e ne riprende le caratteristiche. La saga nasce sulla falsa riga di quella della spia più famosa della storia, c’è il Q, Merlino (Djimon Hounsou), e la Moneypenny, Polly (Gemman Arteton) del caso, ma rispetto a James Bond va in direzione opposta: si evitano le tinte cupe e gli atti definiti(vi), si preferiscono i bagliori accennati e la plasticità dei movimenti, reiterati, analizzati fino allo sfinimento.

Quella che si porta, insomma, è una leggerezza che permetta allo spettatore un paio di ore di divertimento senza rischiare la minima empatia con protagonisti e personaggi vari. Il divertimento tocca l’apice nelle scene di combattimenti: il duello con Rasputin è un balletto russo a suon di dritti e rovesci, mentre lo scontro tra soldati, rigorosamente all’arma bianca per evitare di richiamare il fuoco incrociato delle trincee, richiama atmosfere futuriste punk con maschere anti-gas ad alimentarle. Il tutto è coronato da un uso spropositato della CGI, capace di indagare il percorso di un siluro dalla nave vittima al pollice del cattivo di turno che ne ha dato l’innesco (e viceversa) o mostrare le devastazioni della guerra per mezzo di un timelapse efficace nello scalare gli anni.

Ciò che distingue questo film è certamente l’ambientazione, calata di un centinaio di anni rispetto ai precedenti. Siamo nel pre, nel durante e nel post prima guerra mondiale e ormai la distanza temporale da quel periodo è tale perché la Storia a cui di diritto appartengono inizi a mutare in leggenda e tale nuova forma si possa sfruttare. L’arciduca Francesco Ferdinando, Lenin, Hanussen, Rasputin (lui già con un mezzo piede nella leggenda, da sempre), i tre monarchi già citati, persino Hitler sono figure il cui passaggio al mondo pop è indolore. Questo film è forse la cartina tornasole perfetta per mostrare come la concezione della Grande Guerra si sia modificata. Lo scoppiettio dei proiettili rimane, tutt’altro che attutito, ma il (non)senso generale della tragedia è lontano, divenuto sfondo per altro.

The King’s Man – Le origini è quindi un film esagerato. Non presenta né mezze misure né mezze parole, piuttosto preferisce concentrarsi sull’azione. In più occasioni, infatti, viene il dubbio che trama o sviluppo dei personaggi siano stati sacrificati per dare spazio a un guasto aereo o a uno sparo di pistola in più. L’effetto è che una volta accettato il gioco ci si possa divertire, considerato che la forza di fuoco di produzione e post-produzione è notevole e la qualità ne risente, in positivo.

Alla fine ritroviamo i personaggi intorno a una tavola, metaforicamente rotonda, e rimane solo da distribuire i nomi, due a caso per esempio: Lancillotto e Galahad. E il mito dei King’s Man può (ri)iniziare.

Dal 5 gennaio al cinema


The King’s Man – Le origini – regia: Matthew Vaughn; sceneggiatura: Matthew Vaughn, Karl Gajdusek; fotografia: Ben Davis; montaggio: Jason Ballantine, Robert Hall; scenografia: Darren Gilford; costumi: Michele Clapton; musica: Dominic Lewis, Matthew Margeson; interpreti: Harris Dickinson, Ralph Fiennes, Aaron Taylor-Johnson, Charles Dance, Daniel Brühl, Gemma Arterton, Djimon Hounsou, Matthew Goode, Stanley Tucci, Tom Hollander; produzione: Marv Films, 20th Century Fox Film Corporation; origine: Regno Uniti/Stati Uniti, 2021; durata: 131’; distribuzione: The Walt Disney Company Italia.

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