Festival di Venezia (28 agosto – 7 settembre 2024): Se posso permettermi. Capitolo II di Marco Bellocchio e Allégorie citadine di Alice Rohrwacher (Fuori Concorso)

Due nuovi anche se brevi capitoli arricchiscono quest’anno il già ben rappresentato panorama italiano alla Mostra del cinema grazie alle opere di due registi di vaglio, il grande Marco Bellocchio e la brava Alice Rohrwacher. Mentre il primo con Se posso permettermi. Capitolo II propone una sorta di commedia surreale a partire da elementi autobiografici, la seconda con Allégorie citadine, sempre sulla scia dei suoi film precedenti, rimane nel campo del fantastico guardando al cinema francese.

Nel secondo capitolo di Se posso permettermi ritroviamo il professor Fausto (Fausto Russo Alesi) non più ad interloquire con delle giovani donne sedute al bar o per strada come avveniva nel primo capitolo (visibile su Raiplay e passato al Festival di Locarno del 2021), ma è al chiuso del suo studio, fra le sue ‘glorie italiane’, ritornare alla sua codarda inettitudine casalinga, che si ostina a sostenere anche dopo la morte della madre; morta lasciandolo quasi sul lastrico.

A Marco Bellocchio bastano pochi minuti e altrettanto meno tocchi per abbozzare e schizzare , in modo magistrale, la perfetta caricatura di un Oblomov italiano. E se la Russia di Ivan Gončarov può sembrare troppo lontana, ci restano sempre i personaggi pirandelliani o quelli nati dalla penna di Italo Svevo, come paragone più plausibile. Il professor Fausto è un nobile decaduto, che oltre a non essere capace di adeguarsi ai tempi, è anche incapace di gestire le offerte di ‘lavoro’ che, per quanto assurde e al limite della farsa, gli salverebbero la faccia e lo metterebbero al sicuro dall’imminente disastro economico. Su di lui incombe ancora l’ombra della figura materna, come le oniriche sequenze d’inizio film lasciano ben intendere e funzionano da preludio al teatrino successivo, fatto di una serie fantasmagorica di incontri e personaggi: dal mellifluo parroco del paese al capitano dei Carabinieri che gli propone un matrimonio riparatore con la propria figlia; da un uomo misterioso con la sua bizzarra idea di un business basato sull’evocazione dei fantasmi alla fantesca Barbara e ad una coppia di ladri entrata a tarda notte in casa con la complicità della ragazza. Ma non c’è più nulla da rubare, tutto è stato venduto da Fausto. All’alba si torna alla normalità, i ladri se ne vanno scornacchiati e Barbara si mette a preparare il caffè.

Utilizzando una nutrito cast di attori importanti, Bellocchio ha voluto dare addio , tra il malinconico e il divertente, al quella casa nella quale “ho vissuto tanti anni della mia vita (dall’infanzia) e dove ho girato tante volte (è la casa dei Pugni in tasca)”.  I due capitoli di Se posso permettermi andrebbero visti insieme dato che si integrano l’uno con l’altro, e sono nati entrambi in anni diversi all’interno del corso di alta formazione cinematografica “Bottega XNL – Fare Cinema” di Bobbio.

 

Allégorie citadine

A quattro anni dall’uscita a Venezia del corto Omelia contadina, la regista Alice Rohrwacher torna a collaborare con JR, artista francese conosciuto per i suoi murales realizzati con la tecnica del ‘collage’ e che aveva già lavorato con Agnès Varda al documentario Visages, villages (2017). Ma se l’Omelia inscenava un metaforico funerale alla fine del mondo contadino, Allégorie citadine trasforma il semplice provino per un balletto in una festa di luci e di ombre, rivisitando il mito della caverna di Platone in un contesto metropolitano, dove praticamente i muri di Parigi si aprono ad una nuova dimensione.

Un giovane madre, interpretata da Lyna Khoudri (l’abbiamo vista di recente ne L’Empire di Bruno Dumont), arriva ad un provino per un balletto teatrale portandosi dietro il figlio malato e febbricitante Jay (Naïm El Kaldaoui). Il regista dello spettacolo (Leos Carax), un’intellettuale alquanto stravagante, vorrebbe che la sua idea coreografica basata sul mito della caverna venisse compresa da tutti i partecipanti, ma solo al bambino ne rivela il segreto: cosa succederebbe, se uno dei prigionieri si liberasse dalle catene e riuscisse a fuggire? Le ombre sul palcoscenico si muovono e distorcono e il piccolo Jay fugge spaventato dal teatro, esce sulla strada, ritrovandosi di fronte alla, in apparenza innocua, scritta Défense d’afficher sui muri degli edifici. Ora, se pensiamo che Défense d’afficher è uno dei primi film girati dal pioniere dell’illusione cinematografica Georges Méliès, cosa può succedere ai muri parigini secondo Alice Rohrwacher e JR? Il seguito è un effetto a sorpresa sconvolgente!

Utilizzando degli spezzoni dalla performance Chiroptera, su coreografie di Damien Jalet (che aveva curato anche quelle di Suspiria di Luca Guadagnino), con la musica (quasi il ritmo di un cuore pulsante) creata da Thomas Bangalter, insieme ai collages di JR il film ci accompagna in un magico viaggio nell’illusione ottica della realtà e nella realtà dell’illusione ottica. Con il semplice mezzo del trompe-l’œil, tecnica antica e classico trucco che era solito utilizzare anche Méliès per ‘ingannare’ gli spettatori, riesce a creare un effetto ‘speciale’ di ampliamento delle superfici. La magia illusoria del cinema.

Pur nella brevità dei suoi ventun minuti, Allégorie citadine è una vera festa all’illusione cinematografica e un’ode al cinema come forma di rappresentazione. Il trucco c’è, si vede ed è una meraviglia!


 Se posso permettermi. Capitolo II – Regia e sceneggiatura: Marco Bellocchio; fotografia: Paolo Ferrari; montaggio: Stefano Mariotti; musiche: Fabio Massimo Capogrosso; scenografia: Laura Inglese; interpreti: Fausto Russo Alesi, Barbara Ronchi, Rocco Papaleo, Giorgia Fasce, Filippo Timi, Pier Giorgio Bellocchio, Fabrizio Gifuni, Edoardo Leo; produzione: Kavac Film; origine: Italia, 2024; durata: 30 minuti. Valutazione: ***(*)

Allégorie citadineRegia e sceneggiatura: Alice Rohrwacher, JR; fotografia: Daria D’Antonio; montaggio: Nelly Quettier; musiche: Thomas Bangalter; scenografia: Santo Krappmann; coreografia: Damien Jalet; interpreti: Lyna Khoudri, Naïm El Kaldaoui, Leos Carax; produzione: Ad Vitam Films (Alexandra Henochsberg, Pierre- François Piet), Social Animals (Marc Azoulay); origine: Francia, 2024; durata: 21 minuti. Valutazione: ***(*)

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