Antenati – The grave party di Marco Paolini

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La nostra storia è un poema epico in codice, un cammino tortuoso, una saga senza paragoni e noi non siamo né la fine, né il fine di quella storia…”
Noto al grande pubblico per Il racconto del Vajont, Marco Paolini si è sempre distinto come autore e interprete di narrazioni di carattere civile  (Parlamento chimico, Miserabili) e per la naturale facilità di saper raccontare l’evoluzione ( o l’involuzione) della società attraverso la poesia sviluppata, ad esempio,  con il ciclo dei Bestiari.
Creatore di storie e ancorato all’ impegno civile, l’attore-autore bellunese con Antenati, da lui scritto e interpretato, intreccia il nostro presente con le 4mila generazioni che ci collegano ai nostri progenitori comuni, attraverso grandi  tematiche come  l’evoluzione e l’ecologia, le derive del web che segnano il nostro presente,  gli ostacoli attraversati dai nostri antenati in 200mila anni.
Ironico, divertente, misurato e mai sopra le righe, Paolini “convoca” i suoi avi e traccia un racconto molto elaborato della nostra  umanità partendo dal villaggio africano da cui è iniziata la civiltà,  fino alla grande migrazione che  portò i nostri antenati in Europa.
I fili del suo lungo monologo tentano di ricostruire il nostro presente a partire dalla nascita della civiltà con lo scopo di illuminare il nostro futuro o almeno di poter suggerire possibili soluzioni capaci di arginare le derive del nostro presente.
(Foto Gianluca Moretto)

L’intento finale di  Antenati – The grave party  è proprio quello di trovare, quindi,  nuove strade di salvezza e di indagare, attraverso il nostro passato, l’origine dei nostri difetti e delle nostre “tare” proprio perché siamo intrinsecamente legati al passato e “Nessuno di noi è solo uno, nessuno è uno solo uno, io sono fili e non dati, fili, fili…”.

L’ ossatura che tiene in piedi il suo lungo racconto è la nuda parola, che crea, suggerisce e richiede al pubblico  una buona dose di leggerezza, ironia e immaginazione.
Paolini viaggia dunque attraverso 4000 generazioni alternando drammaticità a leggerezza, ironia a serietà,  sottolineando  pregi, difetti  particolarità che ci legano indissolubilmente a ai nostri progenitori comuni.
Il racconto del protagonista, per oltre 100 minuti solo sul palco del Vascello, risulta piuttosto elaborato, a tratti complesso da seguire, capace di stimolare la curiosità e l’ occhio critico del pubblico.
Questo lungo e complesso viaggio dell’umanità è ricco di spunti ma a tratti, seguendo la sola parola, il pubblico rischia di perdersi perché le suggestioni che l’ interprete mette in scena richiedono una soglia di attenzione decisamente alta e un’ immaginazione sempre accesa.
L’ idea è (al solito) ottima,  Paolini, autore e narratore attento e sensibile  è capace di strutturare il suo racconto senza utilizzare toni paternalistici, ma in modo naturale, delicato e al tempo stesso accattivante.
Unico neo di questo riuscitissimo monologo che ci lega ai nostri antenati, è un’eccessiva divagazione di tematiche  che a tratti rischiano di confondere un pubblico non troppo attento e analitico. Antenati- the grave Party  grazie all’ innegabile talento e alla presenza scenica di Paolini risulta, in ogni caso, uno spettacolo da vedere e da applaudire.
Al Teatro Vascello di Roma sino domenica, 19 marzo 2023 (ore 17:00)

Antenati- the grave party-  Regia e interpretazioneMarco Paolini; musiche Fabio Barovero; luci  Michele Mescalchin; fonica Piero Chinello; produzione Michela Signori, Jolefilm; Durata: 105’

2 thoughts on “Antenati – The grave party di Marco Paolini

  1. Ho assistito ieri a qualcosa di geniale, seguo Marco Paolini da Vajont, e la sua espressività nel rendere un racconto così vivo e coinvolgente lo rende speciale, in un mondo sempre più pieno di piattume culturale sono contenta di essermi ‘persa’ come scrivete,
    preferisco perdermi tra le parole di un maestro, che tra quelle della banalità quotidiana a cui assistiamo giornalmente sui socia.

  2. Condivido le tue parole.
    Marco Paolini ha dato vita a un lungo monologo capace di intrecciare con incisività il passato più lontano con il nostro presente.
    Molto interessante

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