EO di Jerzy Skolimowski

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Nessuno mi toglie dalla testa che un grande regista dovrebbe lasciarsi orientare da se stesso e dalla propria Weltanschauung, piuttosto che andare a pescare l’ispirazione da qualche grande capolavoro di un collega del passato. Perché il paragone, la comparazione potrebbe risultare impietosa anche se a firmare il nuovo film EO è un autore del calibro di Jerzy Skolimowski, indiscutibile innovatore del cinema polacco (e non solo) dagli anni Sessanta in poi.

A lui si devono – a partire da Rysopis – Segni particolari nessuno (1964)dei film straordinari come Walkover (1965), Il vergine (Le Départ) (1967) e poi La ragazza del bagno pubblico (Deep End) (1970), L’australiano (The Shout) (1978), Moonlighting – cittadini di nessuno (1982), Mani in alto! (Ręce do gory) (1967/1981) o Lightship – La nave faro (The Lightship) (1985). Solo per ricordare alcuni dei titoli più celebri di una straordinaria carriera che sembrava essersi interrotta con l’insuccesso di 30 Door Key (1991) e che è, invece, ripresa ma molto meno intensa (e, forse non più così significativa) dal 2008 con Quattro notti con Anna (Cztery noce z Anną).

Dunque, con una certa giustificata attesa si aspettava, a sette anni di distanza da un thriller ad incastri, non irresistibile come 11 minut (2015), questa ultima opera del regista di  Łódź, nata concettualmente durante la stasi della pandemia grazie alla collaborazione di Ewa Piaskowska, terza moglie nonché sceneggiatrice e produttrice dell’ultima parte del cinema di Skolimowski a partire da Quattro notti con Anna. In più, poi, la notizia, insieme importante e sorprendente, che si trattava di una sorta di remake o comunque, forse meglio, di un lavoro che si ispirava niente di meno che al capolavoro del maestro francese Robert Bresson, Au Hasard Balthazar (1966), film del quale Jean-Luc Godard aveva detto che rappresentava „davvero il mondo in un’ora e mezza”.

EO è dunque la storia di un asino che dopo essere stato liberato da un circo polacco posto sotto sequestro passa, in una sorta di road movie, di luogo in luogo, in un viaggio attraverso l’Europa fino a giungere in Italia, incontrando e conoscendo le gioie (poche) e i dolori (molti) della nostra umanità più varia e deteriore.

L’intento, in parte poetico, in parte polemico, di Jerzy Skolimowski era, dunque, quello di fotografare, come aveva già fatto a suo tempo ma in modo molto più profondo e diverso Robert Bresson, il mondo odierno nelle sue trasformazioni e nei rapporti sociali che lo governano (in pratica le leggi dell’odio e del denaro).

Tuttavia, anche senza entrare in una comparazione diretta tra le due opere che risulterebbe abbastanza imbarazzante – detto in linguaggio calcistico un netto 3 a 0 tra Francia e Polonia -, va notato come il film di Skolimowski risulti tutto o quasi incentrato sulla figura dell’animale chiamato appunto”Eo” come il raglio dell’asino (ma poi a leggere i titoli di coda in effetti sono 6 i diversi asini mostrati nel film) che si relaziona con gli eventi quotidiani, le tendenze e le storture della società contemporanea. Insomma per dirla in breve, l’immaginario religioso, le allegorie spirituali e lo stile estetico naturalistico e minimalista del film di Bresson vengono qui in gran parte sostituite da belle immagini fotografiche o da scene di violenza, secondo una drammaturgia „a stazioni” dettata dalla assoluta casualità degli incontri fatti e dei personaggi incontrati come nel finale italiano con la contessa Isabelle Huppert e il figlio un po’ scapestrato Vito interpretato dall’attore romano Lorenzo Zurzolo.

E così, il cinema dell’empatia umana e poetica di bressoniana memoria che culminava in un finale da Storia del Cinema, di una bellezza struggente, diventa qui in EO un semplice catalogo, un campionario, per noi, un po’ casuale e anche abbastanza scontato di quanto risulta essere la somma dell’ingiustizia attuale che ci attornia. Ma senza che tutto ciò ci tocchi e ci commuova (se non a tratti) veramente – viceversa il più volte si corre tanto rischio della deriva sentimentalista, almeno per quanto ci riguarda.

Vincitore ex equo con Le Otto montagne del Premio della Giuria al Festival di Cannes, in ogni caso.

In sala dal 22 dicembre


EO Regia: Jerzy Skolimowski; sceneggiatura: Ewa Piaskowska, Jerzy Skolimowski; fotografia: Michał Dymek, Paweł Edelman, Michał Englert; montaggio: Agnieszka Glinska; musica: Pawel Mykietyn; scenografia: Mirosław Koncewicz; costumi: Katarzyna Lewińska; interpreti: Lorenzo Zurzolo, Mateusz Kosciukiewicz, Isabelle Huppert, Sandra Drzymalska, Tomasz Organek; produzione: Skopia Film, Alien Films; origine: Polonia/Italia, 2022; durata: 86’; distribuzione: Arthouse/ I Wonder Pictures.

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