Il capo perfetto di Fernando León de Aranoa

  • Voto
3.5

L’equilibrio migliore è quello fittizio. Consapevoli dell’impossibilità di mantenerne uno naturale, di equilibrio, alla fine lo si deve truccare, magari con l’aggiunta di un peso sotto la bilancia. Il risultato è chiaro: la perfezione in superficie e la falsità nel profondo. Eccoci allora a Il capo perfetto di Fernando León de Aranoa, un film nel quale il protagonista, splendido (è doveroso dirlo fin da ora), vuole avere tutto sotto controllo e nel momento in cui controllo non ne ha, è disposto a fare tutto perché (ancora) sembri che vi sia. Ci sarebbe spazio pure per il rimpianto, ma non appartiene a lui, almeno non al ‘capo famiglia’.

Ogni azienda è proprio come una grande famiglia e all’interno si creano legami forti, soprattutto tra chi sta sopra, il «patron», e chi sta sotto, tutti gli altri. Alla fine, ognuno è un po’ come un figlio, chi «adottivo» chi «prodigo», e nei loro confronti il padre deve saper prendere «decisioni difficili». Blanco (Javier Bardem) è il padre in questione, proprietario di un’azienda di bilance mira alla vittoria dell’ennesimo trofeo da mettere in bacheca: già c’è il posto, il faro è puntato, ora bisogna conquistarlo. Tra lui e quel trofeo, però, una «settimana difficile» che segue il ciclo di vita delle valanghe, prima si muove un sassolino e poi viene giù il resto. I sassolini sono colleghi di lunga data, Mirables (Manolo Solo), che non sanno tenere i problemi famigliari separati da quelli professionali, ex-operai tutt’altro che prossimi ad accettare il licenziamento (Óscar de la Fuente), relazioni intrattenute dallo stesso Blanco con figlie di amici di famiglia (Almuneda Amor) e persone che di essere suoi figli, in fondo, non ci tengono poi molto. Anzi, se ne fregano. Un’arma sopra tutte: il ricatto. Perché a giocare sporco, prima o poi, capita che si è giocati, ancora in modo sporco, e se a giocare così pure si ha insegnato, allora oltre il danno si ha anche la beffa (meritata).

Fernando León de Aranoa firma una bella commedia fredda, non cerca la risata a ogni costo ma prende in prestito dell’humor francese per riflettere su quelle frasi spese nella vita di tutti i giorni nelle quali la logica, se scomposta, può entrare facilmente in cortocircuito: «mia moglie ha detto che ha bisogno di aria. / Di aria? / Non lo so che cazzo di aria voglia». La storia non brilla certo di originalità, non cerca né la sorpresa né il colpo ad effetto, è però ben capace di sfruttare una sceneggiatura leggera (e soddisfatta di esserlo) coniugandola con un montaggio intelligente che una scansione serrata di quella ‘cruciale settimana’ aiuta e prepara al gran finale. C’è spazio anche per scene più pregne di significato, continuo rimando all’equilibrio che il venditore di bilance dovrebbe possedere per eccellenza ma che invece proprio a lui pare sfuggire a ogni passo, e a ogni passo si cerca di recuperare, in modo certo sornione. Sornione come lui, il protagonista. Non si può in effetti tardare oltremodo a dirlo: questo film poggia sulle spalle del protagonista e il protagonista accoglie la sfida, alza il livello della pellicola.

Javier Blanco dà vita a un personaggio completo, che non può che soddisfare lo spettatore. Blanco è infatti enorme, protettivo, sornione (già detto, ma è bene ripeterlo), capace di sfruttare il silenzio per far capire che tutto gli è dovuto e fare mezze espressioni (le migliori) a nascondere l’amaro appena ingoiato. Tutto è suo («lavori per me, sei già una mia proprietà»), e ogni cosa deve essere funzionale a lui, non solo premi e immagini, ma pure persone, amici e colleghi. E quando ciò non è realizzabile? Allora bisogna scendere in campo e sporcarsi le mani. È durante una scena di mani sporche – non solo di sangue – che del protagonista scopriamo il dark side: quello della perdita del controllo, quella della caduta del castello di carte, quella della propria debolezza su cui vi è stato costruito non solo un ego ma pure un’azienda, sì, di bilance.

Il capo perfetto è un film che merita di essere visto perché di personaggi ambigui è piena la cinematografia, di splendidi personaggi ambigui invece se ne ha penuria. Mai come qui si gode e si ride delle disgrazie del protagonista, eppure quest’ultimo pare avere un asso nella manica per vincere alla fine contro tutti e, soprattutto, contro di noi. Alla fin fine, infatti, tutto si può comprare. Oltre a chiedersi il prezzo, a volte è però importante chiedersi chi questo lo stabilisca. Non sempre (e comunque) Blanco.

In sala dal 23 dicembre 


Il capo perfetto/El buen patrón – regia: Fernando León de Aranoa; sceneggiatura: Fernando León de Aranoa; musiche: Zeltia Montes; fotografia: Pau Esteve Birba; scenografia: César Macarrón; montaggio: Vanessa Marimbert; costumi: Fernando García; interpreti: Javier Bardem, Almudena Amor, Manolo Solo, María de Nati, Mara Guil, Óscar de la Fuente, Sonia Almarcha, Celso Bugallo, Fernando Albizu, Tarik Rmili, Rafa Castejón, Daniel Chamorro, Martín Páez, Yaël Belicha, Dalit Streett Tejeda; produzione: MK2 Films, Orange, Radio Televisión Española, Reposado Producciones, Televisió de Catalunya, The MediaPro Studio; origine: Italia, 2021; durata: 120′; distribuzione: BIM Distribuzione.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *