MedFilm Festival: Sconosciuti puri di Mattia Colombo e Valentina Cicogna (Perle)

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Sconosciuti puri è un’espressione coniata dalla protagonista di questo importante documentario, che indica una moltitudine, sommersa e dimenticata, di cadaveri non identificati, senzatetto, immigrati, tossici, persone prive di familiari sul territorio in grado di identificarli, dispersi. Il diritto all’identità è dunque la battaglia che Cristina Cattaneo, professoressa ordinaria del Dipartimento di Scienze biomediche per la salute dell’Università degli Studi di Milano e direttrice del Labanof (Laboratorio di antropologia e odontologia forense dell’Università degli Studi di Milano), ha scelto di portare avanti, nonostante le enormi e spesso insormontabili difficoltà che si trova, quotidianamente, ad affrontare. 

Già, perché, i soldi servono per i vivi, in particolare quando si parla di migranti, questo è ciò che spesso si sente dire Cristina. C’è, però, un’importante considerazione da fare, ed è ciò che Cristina enuncia con chiarezza verso la fine del documentario, quando, finalmente, riesce ad ottenere un’udienza presso il parlamento europeo, ed illustra bene l’importanza della sua missione: 

“(…) innanzitutto spiegherò perché i morti debbano essere identificati: Uno, per il rispetto della dignità dei morti e delle loro famiglie, è un diritto sancito da vari corpi legislativi. Due: non esistono certificati di morte. Tre: la salute mentale dei vivi che cercano i loro morti, è ormai riconosciuto scientificamente: chi non trova la persona amata, una madre che non sa se il figlio è vivo o morto, entra nel limbo della perdita ambigua, che provoca depressione e altri disagi. l’Europa è responsabile dell’identificazione di questi corpi. non sono però stati attivati sistemi o modalità da parte dell’Europa, tranne gli sporadici tentativi di ONG e di gruppi isolati” 

I casi più trascurati sono quelli dei migranti, le migliaia di vittime delle traversate disumane a bordo di imbarcazioni di fortuna, un’esperienza che possiamo trovare ben rappresentata nel recente film di Matteo Garrone Io, Capitano, (eccetto il fatto che in quel caso, la vocazione favolistica del lavoro di Garrone ci mostra una traversata sofferta ma senza morti, Sconosciuti puri ci dice, invece, che spesso non è affatto così). Il test del DNA è costoso, ogni indizio conta, Cristina e le sue tirocinanti analizzano a fondo i cadaveri, concentrandosi su ogni dettaglio che possa servire: dentatura, segni particolari, effetti personali, se trovano un peacemaker è quasi una festa, perché tramite esso è possibile avere informazioni sul portatore, informazioni che potrebbero facilmente condurre all’identificazione. Ma i morti sono molti, troppi, si cerca incessantemente tra gli annunci di scomparsi, sugli speciali in tv di Chi l’ha visto? chiedendo ai conoscenti, un imponente indagine disperata e senza fine, volta a fare riemergere migliaia di volti senza più un nome. 

Lo scoglio principale si presenta quando le informazioni necessarie all’identificazione sono detenute da altri paesi, in questo caso, si tratterebbe solamente di garantire uno scambio di informazioni che aiuterebbe enormemente il lavoro di Cristina Cattaneo, ma i canali non sono attivi, ed in questo emergono problemi politici che si traducono in una effettiva mancanza di volontà. 

Prima dell’udienza presso il Parlamento Europeo, Cristina scrive ossessivamente decine di mail ad enti, istituzioni, politici, La risposta è quasi sempre la stessa: comprendiamo l’importanza della problematica, purtroppo non abbiamo risorse da dedicarvi. 

Il regista Mattia Colombo (Il posto, Alberi che camminano) e la montatrice Valentina Cicogna, scelgono un approccio prevalentemente di osservazione, riuscendo ad inserire una certa fascinazione estetica tramite una fotografia (Jacopo Loiodice) estremamente pregevole, l’utilizzo di inserti e dettagli studiati e molto suggestivi, un paio di momenti di montaggio parallelo che riescono a suggerire ben più di quel che si vede sullo schermo. Di contro abbiamo un uso eccessivo di primi piani della protagonista, che tolgono talvolta respiro all’inquadratura, ed un momento in cui la mdp indugia e viene mostrato ciò che, a parere di chi scrive, è un momento privato di dolore, la cui realtà non andrebbe falsata da una telecamera. Quest’ultima restituisce una componente voyeuristica, che, seppur discreta, costituisce una paradossale incrinatura nel realismo dell’opera. 

Stiamo comunque parlando di dettagli che non vanno in alcun modo ad inficiare il valore dell’importante lavoro svolto dai due. Le musiche che accompagnano il film, composte da Zeno Gabaglio, riescono a ricreare un efficace contrappunto sonoro alla disperata ed ostinata determinazione di Cristina Cattaneo. Da vedere. 


Sconosciuti puri- Regia: Mattia Colombo e Valentina Cicogna; montaggio: Valentina Cicogna; fotografia: Jacopo Loiodice, musica: Zeno Garbaglio; cast: Cristina Cattaneo; produzione: Jump Cut,  Amka Films, RSI, Sisyfos Film Production durata: 90 minuti; origine: Italia 

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