Mon Crime – La colpevole sono io di François Ozon

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Difficile condividere la scena con Isabelle Huppert, quando compare lei, non ce n’è più per nessuno. Il suo carisma, la sua ironia, il suo sex appeal oscurano in un istante quello delle due belle e brave protagoniste di Mon Crime – La colpevole sono io, ultima opera di François Ozon. 

Ed Ozon, questo, lo sa bene: quando Isabelle fa il suo ingresso, a metà pellicola, nei panni di Odette Chaumette, personaggio che racchiude una meravigliosa rivisitazione di Sarah Bernhardt, con un pizzico di Norma Desmond; in quel momento esatto il film, che già si mostrava promettente, comincia veramente a risplendere. Il senso di attesa, ben calibrato, ottiene pienamente la complicità dello spettatore. Ozon, come un abile prestigiatore, a quel punto del film, ha già detto tutto di lei senza dire nulla, intuiamo che ruolo avrà nella vicenda, e, sapendo che sarà un tassello fondamentale, l’attesa si fa febbrile. 

Dopo Otto Donne e un Mistero (2002), e Potiche (2010), Ozon, regista di film del calibro di Nella Casa e Gocce d’acqua su pietre roventi, si accosta nuovamente alla commedia. Otto donne e un mistero era un giallo whodunnit nel senso classico del termine, un film corale, dall’impianto fortemente teatrale, ispirato alla piece del 1958 Huit femmes di Robert Thomas, con un cast stellare e momenti musicali. Un’opera ben costruita, in cui lo spettatore cercava di ricomporre la vicenda con gli elementi a sua disposizione, ed il colpo di scena sempre dietro l’angolo. In questo Mon Crime, invece, la vicenda, i colpevoli, gli intrighi, non costituiscono la portata principale. Qui sono i dialoghi surreali, le allusioni all’attualità, le situazioni sempre più sottilmente comiche, a fare da padrone. Ai molti interpreti viene dato il giusto spazio, ed ognuno viene sfruttato in maniera eccellente, con ruoli che si adattano perfettamente alle rispettive caratteristiche: oltre alla già citata Huppert, abbiamo l’infallibile Fabrice Luchini nel ruolo di un giudice ottuso e ligio all’etichetta, Dany Boom in quelli di uno spiantato affascinante e gentile (l’unico personaggio maschile, in effetti, a cui viene riservato un trattamento dignitoso), ed, infine, le due protagoniste, Rebecca Marder e Nadia Tereszkiewicz, quest’ultima primeggia leggermente sull’altra, grazie ad un ruolo scritto leggermente meglio ed un’espressività più particolare, ma entrambe deliziose. 

Anni 30, Parigi, Madeleine Verdier (Nadia Tereszkiewicz) e Pauline Mauléon (Rebecca Marder), giovane attrice non troppo talentuosa la prima, e avvocato senza lavoro la seconda, entrambe in grosse difficoltà economiche, si ritrovano coinvolte in uno spiacevole equivoco, che decidono di sfruttare a loro favore: Madeleine viene accusata ingiustamente di aver ucciso un famoso produttore cinematografico; intuendo una ghiotta occasione, anziché discolparsi, si assume la responsabilità del delitto, e, con l’aiuto di Pauline, riesce a dimostrare che l’uccisione è avvenuta per legittima difesa. Dopo essere stata assolta, Madeleine riprende la sua carriera con successo e gloria, grazie alla notorietà del caso, ma la verità sulla sua vicenda non tarda ad emergere, mettendo in pericolo tutto ciò che ha costruito.  

Il materiale di partenza da cui trae spunto il film, l’omonima opera teatrale Mon Crime, di Georges Berr e Louis Verneuil, ricevette già due trasposizioni cinematografiche, entrambe americane: True Confession (La Moglie Bugiarda, 1937) e Cross My Heart (Bionda fra le sbarre, 1946), opere più fedeli al testo ed ascrivibili al filone della screwball comedy, (genere che ha senz’altro influenzato anche il film in oggetto), in entrambi o casi i due protagonisti erano un uomo ed una donna. Ozon ha deciso di rimescolare le carte in tavola, cambiando il sesso e la relazione tra i due: innesto perfettamente riuscito. Abbiamo dunque due donne, animate da una certa modernità di spirito, unite da un forte senso di solidarietà ed amicizia, che tendono naturalmente all’emancipazione, e sfruttano tutto ciò che possono per ottenerla. Il tutto si svolge in un contesto avverso come quello degli anni ‘30, dove le convenzioni sociali sono ancora molto rigide e svilenti per la donna. 

Piuttosto che catalogare Mon crime come “film femminista” preferiamo definirlo un film che si interroga ed analizza il femminismo come fenomeno sociale, in tutte le sue sfaccettature, comprese le degenerazioni, proponendo una critica molto intelligente ed attuale, che vede riferimenti allo stesso movimento del #Metoo. Sull’onda del presunto delitto della protagonista, infatti, altre donne cominciano ad uccidere i rispettivi partner, senza una reale ragione, ma semplicemente perché ora se lo possono permettere. Gli eccessi, la manipolazione dell’opinione pubblica, gli sberleffi al sistema giuridico, rappresentato dal personaggio interpretato da Luchini, che utilizza cavilli legali per dimostrare paradossalmente l’inadeguatezza stessa della legge, contribuiscono tutti a donare verve alla sottile critica che agisce a livello organico, coinvolgendo ogni aspetto della questione e lasciando trarre le conclusioni allo spettatore. Grazie alle sue brillanti invenzioni visive, come i flashback raccontati tramite spezzoni di film muto, i magnifici interni arredati in stile liberty, ed il personaggio di Odette Chaumette, Mon Crime – La colpevole sono io è anche un prezioso, commosso, e sentito omaggio all’âge d’or del cinema hollywoodiano.

Piccolo appunto: peccato che il doppiaggio italiano non abbia cercato di riprodurre la ricercatezza linguistica dell’originale, in cui gli attori utilizzano espressioni desuete ed un linguaggio particolare, tipico di quegli anni, per donare un certo spirito vintage al dialogo. 

In sala dal 25 aprile


Mon Crime – La colpevole sono io (Mon Crime) –  Regia e sceneggiatura: François Ozon; fotografia: Manuel Dacosse; montaggio: Laure Gardette; musica: Philippe Rombi; interpreti: Nadia Tereszkiewicz, Rebecca Marder, Isabelle Huppert, Fabrice Luchini, Dany Boon, André Dussollier, Édouard Sulpice, Régis Laspalès, Olivier Broche, Félix Lefebvre, Franck de la Personne, Evelyne Buyle, Michel Fau, Daniel Prevost, Myriam Boyer, Jean-Christophe Bouvet, Suzanne De Baecque, Lucia Sanchez, Jean-Claude Bolle-Reddat, Dominique Besnehard, Anne-Hélène Orvelin; produzione: Mandarin & Compagnie, FOZ, Scope Pictures; ; origine: Francia, 2023; durata: 102 minuti; distribuzione: BIM.

 

 

 

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