Settembre di Giulia Steigerwalt

  • Voto

L’esordio alla regia della sceneggiatrice Giulia Steigerwalt (che ricordiamo, in veste di attrice, giovane pulzella in Come te nessuno mai, 1999, di Gabriele Muccino, accanto al giovane Silvio Muccino), è una commedia dolce-amara garbata e gradevole, tenuta assieme da una costruzione sapiente, dalle declinazioni a volte un po’ troppo scoperte (la famosa pistola di Cêchov, qui, spara più volte).

Tre coppie di solitudini di età diverse, tre sfaccettature di colore nelle tonalità calde di settembre: Francesca (Barbara Ronchi) e Alberto (Andrea Sartoretti) sono una coppia ingrigita dal tempo e dalla monotonia, hanno un figlio adolescente Sergio (Luca Nozzoli), che si fa il ciuffo in su davanti allo specchio la mattina prima di andare a scuola, e fa da tramite tra il suo amico Christian e la giovane Maria (Margherita Rebeggiani) per farli combinare  -la vicenda tra i giovani è originale e divertente, curiosa e veritiera.

Margherita Rebeggiani e Luca Nozzoli

Il ginecologo solitario Guglielmo Gasparini (interpretato nella sua versione stropicciata da Fabrizio Bentivoglio) perso nelle sue elucubrazioni sulla distruzione della famiglia e sulla moglie separata col nuovo compagno, di sera dopo una cena triste riscaldata direttamente dal barattolo, esce col Suv e va a prostitute, o meglio sempre con Ana (Tesa Litvan), la stessa ragazza florida dai capelli rossi e gli occhi dolci, unica persona con la quale, parlando, svela un cuore.

I destini dei personaggi si incrociano in maniera a tratti meccanica, a tratti più fluida: è attraverso il confronto con l’altro, lo scontro, il diverbio e il ragionamento che si sviluppa, silenzioso, il pensiero di poter meritare qualcosa di più da questa esistenza grama. Aiutare gli altri aiuta in primo luogo se stessi: svelarsi con una prostituta equivale a una confessione contemporanea (e per la ragazza il raccontare se stessa è mosso dallo stupore di riuscire a provare attimi bellissimi, nonostante il cappio che la tiene sotto giogo). La comunicazione è il fulcro mancante delle relazioni: quando si fa ripartire tutto torna a girare e a lasciar intravedere la speranza di un futuro migliore che comprenda la felicità e il benessere individuale.

Di fondo un alone di perbenismo all’americana – un po’ Muccino’ s way of life – semplifica questioni profonde accennate con pennellate di colore ma senza radici a vista: con una indagine più approfondita i protagonisti avrebbero avuto uno spessore più interessante. Attori in parte, con menzione speciale a Thony, nel ruolo di Deborah, amica di Francesca, la moglie in crisi: brava, bella e naturale.

Una colonna sonora di musica prettamente statunitense – che spazia da Dylan a Nico (dei Velvet Underground) a Lou Reed – a massimo volume accompagna carrellate su primi piani sorridenti e gioiosi grazie a fortuito doping, ralenti significativi di masticazione egoistica a fini di sollazzo, esalta sollievo e possibilità di cambiamento all’orizzonte. Ben recitata, spontanea, la pellicola si dipana come un giro in bicicletta per i parchi romani: qualche salita, molta pianura, qualche frenata inevitabile per via delle buche improvvise.

Dialoghi, dalla calcata cadenza romana, non disdegnano i tipici, spontanei “non so” di molte fiction contemporanee o, al rovescio, sono frasi o racconti di episodi cruciali da grande insegnamento di vita da guru illuminato, per esempio: “Nel matrimonio gli uomini sono felici, le donne infelici. Quando si separano gli uomini diventano miserabili e le donne rinascono”. Oppure il dialogo tra la paziente e il medico, fuori dalla sede ospedaliera, quando si incontrano fortuitamente di notte in un bar: “Mi sono ricordata com’è essere felici, come quando non vuoi più sprecare nemmeno un minuto” e il dottore, in riposta, racconta del suo matrimonio, finito miseramente: “L’amore era lei che si occupava di me. Non pensavo per due”.

A volte si ride, spesso si sorride, ogni tanto ci si commuove: questo voleva ottenere la regista al suo primo lungometraggio amando il genere ‘dramedy’, come dichiara in una intervista: un dramma che più spesso volge in commedia. Mai stucchevole, mai ovvio, misurato, solo – qualche volta di troppo – facilmente ottimista, con un lieve abuso di retorica (happy ending compreso).

Nel complesso una visione aggraziata, col dono di un tocco leggerezza nello sguardo che, piaccia o meno, fa bene all’animo. (E nessun riferimento con l’omonimo, celebre film di Woody Allen del 1987).

Dal 5 maggio in sala (il 5 a Roma al Cinema Troisi ore 20,15 presentazione degli autori e a fine proiezione Q&A)


Settembre  – Regia e sceneggiatura: Giulia Steigerwalt; fotografia: Vladan Radovic; montaggio: Gianni Vezzosi; musica: Michele Braga; interpreti: Fabrizio Bentivoglio, Barbara Ronchi, Thony, Andrea Sartoretti, Tesa Litvan, Margherita Rebeggiani, Luca Nozzoli, Enrico Borello; produzione: Groenlandia, Rai Cinema; origine: Italia, 2022; durata: 110’; distribuzione: 01 Distribution.

 

 

 

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *