Sidonie au Japon di Élise Girard (Concorso Giornate)

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Sarà senz’altro un caso ma mi è accaduto nell’ultimo mese di vedere tre film europei (di cui due francesi)  ambientati in Giappone: il film con protagonista Depardieu (Il sapore della felicità), il film di Wim Wenders (Perfect Days), in anteprima in Italia nel quadro di Cannes Mon Amour e ora questo Sidonie au Japon di Élise Girard (1976), adesso a Venezia nelle Giornate degli Autori e prossimamente distribuito in Italia da Academy Two.

Come mai tutto questo interesse per il Giappone? Il Giappone rappresenta e probabilmente è nell’immaginario collettivo europeo l’Altro come forse nessun altro paese fuori dall’Europa, una commistione pressoché unica nel mondo di ipermodernità e arcaismo intransitivo, forse uno dei pochi paesi al mondo nei quali, in contesto di globalizzazione, si dovrebbe fare un corso di preparazione prima di affrontarlo per studiare gesti, consuetudini e tradizioni. E questo culture clash è al centro, fin dall’inizio del film di Élise Girard esemplato subito dall’arrivo all’aeroporto di Osaka della Sidonie di cui al titolo, interpretata come al solito con straordinaria bravura dall’ormai settantenne Isabelle Huppert (settantenne, incredibile!).

Isabelle Huppert

Lo spaesamento della donna è totale: i coreografici addetti all’aeroporto che gesticolano (in una scena muta e decisamente esilarante), il primo contatto con la persona che è venuta ad accoglierla una volta raggiunta l’uscita. Che cosa è andata a fare Sidonie in Giappone? Sidonie è una scrittrice molto famosa, ma ormai in crisi da tempo, al punto che non riesce proprio più a scrivere. Ma in Giappone hanno ritradotto il suo primo romanzo e lei, venendo meno a una consuetudine ormai consolidata, decide di accogliere l’invito dell’editore, un personaggio anche lui a dir poco esemplare dell’alterità giapponese che risponde al nome di Kenzo Mizoguchi e che, in risposta alla domanda della protagonista (e dello spettatore) dice fin da subito che non è parente del regista, che quel cognome in Giappone è diffusissimo. Facciamo, dunque, a poco a poco la conoscenza con due esistenze alla deriva, con una maggiore concentrazione, com’è chiaro fin dal titolo, su Sidonie, che, bambina, ha perso tutta la famiglia e in un non meglio precisato passato anche il marito, morti tutti allo stesso modo, ovvero in un incidente stradale, dal quale, in entrambi i casi, la protagonista miracolosamente si è salvata. La morte del marito però sembrerebbe averla schiantata in modo definitivo trasformandola in una specie di zombie. Anche se poi – anche qui in perfetta tradizione nipponica, dove i fantasmi, come dire, sono all’ordine del giorno e della notte – l’arrivo in Giappone coincide con il continuo materializzarsi del fantasma del marito (interpretato dall’attore tedesco August Diehl: nel film ci sono soldi francesi, giapponesi e tedeschi e il casting rispecchia tutto ciò), o del suo avatar incorporeo e vieppiù evanescente che non dà tregua alla povera donna. Quanto a Kenzo, anche lui rampollo di una famiglia di scampati (nel loro caso da Hiroshima), non siamo messi meglio. La frequentazione fra i due – all’inizio zoppicante e a tratti addirittura sgradevole – diventa sempre più intensa, segnata com’è da un pellegrinaggio in alcuni luoghi della tradizione, cimiteri e natura con un profluvio di fiori di ciliegio, un viaggio nel Giappone più profondo, talché come spesso succede in quel paese (ricordo un bel film di Doris Dörrie intitolato, appunto, Kirschblüten- Hamami [Fiori di ciliegio – Hamami] del 2008 mai arrivato in Italia ma in parte il discorso vale anche per  Lost in Translation di Sofia Coppola) il viaggio finisce per equivalere a un percorso di elaborazione del lutto e di potenziale apertura verso il nuovo, uno sviluppo, quest’ultimo, largamente prevedibile fin dalle prime sequenze. Il film è tutto sommato gradevole con alcune soluzioni formali interessanti (riprese frontali, utilizzo di stills), anche se non privo di ripetizioni e di un uso decisamente stucchevole della colonna sonora.

Questo è il quinto film di Élise Girard nell’arco di vent’anni, si tratta del terzo film di finzione, essendo stati i primi due documentari metacinematografici di ambientazione parigina (il primo su una casa di produzione per la quale lavorava e l’altro su un cinema del Quartiere Latino). Anche il primo dei tre film di finzione di Girard aveva a che fare con il Giappone intitolandosi Belleville, TokyoCorreva l’anno 2011.


Sidonie au Japonregia: Élise Girard; sceneggiatura: Élise Girard, Maud Ameline, Sophie Fillières, fotografia: Céline Bozon; montaggio: Thomas Glaser; musica: Gérard Massini; interpreti: Isabelle Huppert (Sidonie), Tsuyoshi Ihara (Kenzo), August Diehl (Antoine); produzione: 10:15 Productions, Lupa Film, Fourier Films, Box Productions; ; origine: Francia 2023; durata: 95 minuti; distribuzione: Academy Two.

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