The Woman King di Gina Prince-Bythewood

Un atto dovuto è un atto dovuto, non necessita grandi spiegazioni. Lo si doveva fare, lo si è fatto: serviva un super eroe di origine africana e si è fatto Black Panther (2018) e il successivo Wakanda Forever (2022). Serviva un colossal storico sull’Africa femminista – o meglio, sul popolo africano – e si è fatto The Woman King. Se le spiegazioni si infrangono sullo scoglio dell’atto dovuto a un intero popolo e a un intero genere che nella storia del cinema sono stati snobbati per un secolo, e nella storia umana sono stati sottomessi per qualche secolo in più, la descrizione dell’atto ormai compiuto ci può raccontare molto: The Woman King, per la regia di Gina Prince-Bythewood, prende Hollywood e lo trapianta in Africa. Non è assolutamente un lavoro di sola copertina: lo spirito africano batte forte e violento e travolgente, la produzione (ri)crea un mondo fatto di tradizioni e usanze con i propri colori e toni e suoni (che soundtrack!), l’intrattenimento è garantito tra scene di battaglia e punte di melodramma, meno godibili per lo spettatore più smaliziato ma in ogni caso ottimamente recitate. L’unico neo, figlio tanto del genere scelto – storico/azione – quanto della modalità hollywoodiana adottata, è l’effetto di “trama già vista e rivista” che suona inevitabile e che forse, nel 2022, potrebbe non avere scusanti. Se appunto non si trattasse di atto dovuto.

Regno del Dahomey, 1823. Il regno di re Ghezo è minacciato da quello più grande e vasto degli Oyo, aiutati dagli europei che traggono dall’Africa intera immense ricchezze attraverso la tratta degli schiavi. Ma il Dahomey ha qualcosa che nessun altro regno ha, una schiera di soldatesse vergini, le Agojie, le guerriere più sanguinarie d’Africa. Le Angojie sono una vera e propria istituzione femminista, rispettate e temute, tanto che i sudditi stessi abbassano il capo al loro passaggio. Al loro comando c’è Nanisca, donna di grande influenza a corte, tale da spingere il re Ghezo ad abbandonare la pratica della schiavitù e dirottarla verso la raccolta dell’olio di palma. Appena entrata nel corpo armato, invece, c’è Nawi: rifiutata dalla famiglia per l’ennesimo veto a sposarsi – e quindi a sottomettersi a un uomo – la giovane viene portata a palazzo. Il suo apprendistato ha inizio, ed è un apprendistato che non tocca solo fisico e mente, ma pure il ruolo: essere un Angojie vuol dire essere una donna rispettata in una società comunque patriarcale. Ma deve imparare in fretta: lunghe ombre si allungano sul Dahomey e bisogna farsi trovare pronti. Sarà necessario combattere fino all’ultima donna, tanto dentro che fuori dal palazzo.

Gina Prince-Bythewood ci presenta un colossal storico non tanto sull’Africa, quanto dell’Africa, e con ciò s’intende immerso totalmente nello spirito africano e impegnato a volerlo trasmettere allo spettatore. Il materiale africano è così preso a piene mani: i paesaggi sterminati, la terra rossa e battuta, i colori delle divise e delle costruzioni, i suoni rituali e quelli naturali, le usanze nei confronti di dei avi e morti, il riflesso che la luce stessa gioca sui corpi e il movimento, frenetico e trascinante, delle danze. Ogni cosa sa di Africa e lo sguardo con cui si osserva questa Africa pulsante non è alla ricerca dell’esotico e dell’estraneo, quanto del normale: attraverso il filtro storico si vuole mostrare come il continente nero – o forse, si potrebbe dire, il reale vecchio continente – abbia una sua cultura e a questa cultura si debba il dovuto rispetto. E poi arriva Hollywood.

Perché Hollywood ha dato un modello e a quel modello, se si parla di film storico, ci si deve attenere. Il film così segue il copione dell’intrattenimento per famiglie: trama con buoni e cattivi, sotto trama melodrammatica abbastanza chiamata e guerra guerra guerra, ma con la lode di non eccedere mai nello splatter o nell’esagerazione. Quello che si vede è crudo e mantiene la credibilità del reale. I maceti fanno a pezzi, le lance trafiggono e i pugnali infilzano, nulla di più, e questa parsimonia è un grande aiuto alla storia. Allo stesso modo, con parsimonia, è gestita la battaglia finale, evitando derive Marvel che rischierebbero di mangiarsi in nome dello spettacolo quanto di buono ha fatto fino a quel punto il film nel mostrarci il popolo africano. E una grande mano, in tutto ciò, la dà Viola Davis.

Viola Davis è la forza trainante del film. Splendida nel mostrare la sua forza interiore e quella esteriore, accompagna da attrici altrettanto valide nel dare anima a questo film, una su tutte Lashana Lynch che riesce a sostenere e rilanciare un ruolo abbastanza scontato e quindi molto difficile. Lo stesso si può dire per la coprotagonista, Thuso Mbedu, e per John Boyega, nell’unico ruolo maschile di spicchio.

È insomma la forza del cast, all’unisono con una buona regia e un’atmosfera (ri)costruita al dettaglio, a conferire alla pellicola una forza che lo rende se non un ottimo film a causa della mancanza di originalità nella trama, almeno un buon film per famiglie. Se poi all’ottimo intrattenimento si aggiunge il discorso culturale, tanto sul popolo africano quanto femminista, e quindi l’atto dovuto, il pacchetto è completo. The Woman King è quindi un film necessario, forte e pulsante, di cui sapevamo tutti di aver bisogno e che ora si presenta a noi. Gli si dia un’occasione, perché una volta portato Hollywood in Africa, non deve poi mancare molto che tocchi all’Africa di andare a sua volta laggiù, a Hollywood. Magari con qualcosa di originale anche nella trama, e quindi in tutto e per tutto africano.

In sala dal 1 dicembre


The Woman KingRegia: Gina Prince-Bythewood; soggetto: Maria Bello; sceneggiatura: Gina Prince-Bythewood, Dana Stevens; montaggio: Terilyn A. Shropshire; musica: Terence Blanchard, Lebo M.; interpreti: Viola Davis, Thuso Mbedu, Lashana Lynch, Sheila Atim, Hero Fiennes Tiffin, John Boyega, Adrienne Warren, Angélique Kidjo; produzione: Sony Pictures, TriStar Pictures, Welle Entertainment, JuVee Productions, Jack Blue Productions, Entertainment One; origine: USA, Camerun, 2022; durata: 135’; distribuzione: Warner Bros. Entertainment Italia

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