Rendez-vous – Festival del nuovo cinema francese: Le Règne Animal di Thomas Cailley

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In una giungla metropolitana una selva di macchine è bloccata nel traffico. Tra queste un’ambulanza da cui provengono rumori sospetti, come una colluttazione. Improvvisamente dall’abitacolo erompe una creatura, un uomo con ali d’uccello emette uno strano grido e fugge. “Che tempi!” commenta un automobilista. Ma che tempi sono quelli del Règne Animal? Tempi di coprifuoco, di pulsione securitaria, di esclusione del soggetto “altro-da-noi”, di utilizzo della chirurgia per “curare l’anormale”. Tempi, insomma, simili ai nostri, non fosse che è in corso una misteriosa mutazione genetica che lentamente trasforma gli umani in animali.

 Tra le vittime della mutazione anche Lana, che viene internata in un centro per creature del sud della Francia, costringendo il marito François e il figlio Émile a trasferirsi per starle vicino. Ormai senza più capacità linguistiche, metà donna e metà leonessa, François fatica a identificarla come sua moglie. Intanto anche l’adolescente Émile sta cambiando, sta diventando uomo… o animale? Scene da body horror si insinuano in un Coming-of-age per un film ibrido sull’ibridazione con l’animale che esplora il lato selvaggio dell’animo umano, ma anche le difficoltà di accettazione del cambiamento da parte dei padri e della società.

Durante un trasferimento di mutanti un incidente stradale libera Lana e le altre creature che si riversano nella foresta. Immediatamente sono imposte misure emergenziali come coprifuoco e divieto d’accesso alla foresta. Il film è attento nell’evidenziare come la separazione tra uomo e animale, tra civiltà e selvaticità sia dettato da pulsioni, discorsi e pratiche piuttosto che da essenze. Il “regno animale” designa già una separazione attuata dall’umano. La foresta è solo lo spazio scelto dalle creature in quanto alternativa alla prigionia dei centri d’internamento. Seguendo da vicino la lenta mutazione del corpo di Émile affrontiamo il suo terrore di essere separato dal padre e i problemi di vivere in una società che non crede nella possibilità di una convivenza tra specie diverse.

 È il volto fin da subito selvatico di Paul Kircher il paesaggio con cui lo spettatore connette per seguire le mutazioni di Émile. Un corpo in continuo divenire in cui l’orrore della trasformazione si coniuga a impulsi adolescenziali di autonomia non sfociando mai in pura inquietudine ma piuttosto in un inedito slancio vitalistico. La realistica vividezza del lato umano si lega alla spettacolare crudezza in stile La Mosca croneberghiana delle mutazioni. Il lavoro di design delle creature è frutto di una collaborazione con il fumettista Frédéric Peeters ma trae ispirazione anche dall’arte contemporanea, dai giganti di Ron Mueck ai mutanti di Patricia Piccinini. Come per Piccinini, anche per il regista Thomas Cailley il corpo è un “orizzonte di sperimentazione” e l’adolescenza è un campo esemplare di sperimentazione.

Altrettanto realistica è la raffigurazione della foresta colta nella sua umidità (il regista dichiara in questo senso di aver tratto ispirazione da Lo zio Boonmee che si ricorda le vite precedenti, 2010, di Apichatpong Weerasethakul). Il tentativo è di amplificare l’esperienza sensoriale, non solo visiva, da parte dello spettatore, di far provare la molteplicità di sensazioni presenti nel vissuto animale. François ed Émile cercano di attirare a sé la sperduta madre attraverso stimolazioni sensoriali: l’odore dei vestiti, ma anche il canto. In una delle migliori scene del film François circumnaviga in automobile la foresta cantando la canzone preferita dalla moglie, Elle est d’ailleurs. Il testo di Pierre Bachelet rivela l’amore e la sottomissione del marito verso un soggetto da sempre sfuggente.

 Come da tradizione spielberghiana, Cailley riconduce la differenza del soggetto “altro-da-noi” verso territori familiari. Non solo perché la questione della famiglia rimane un comune denominatore per tutti i soggetti, ma anche perché la differenza è già insita nel concetto d’identità. L’identità fragile dei soggetti si riflette nella fragilità delle relazioni familiari e viceversa. Malgrado la mutazione, il marito e il figlio non riescono a non sentire qualcosa verso Lana. Smarrito nella foresta, Émile incrocia fugacemente lo sguardo con la madre, riconosce ancora la madre nel suo nuovo corpo.

 Contrapposta alla città, la foresta è lo spazio di incontri inaspettati col vivente, di convivenza pacifica tra specie diverse. Nella foresta si rivela la “molteplicità eterogenea di viventi”, come direbbe Derrida. In opposizione all’Emilio di Rousseau, sarà nella foresta che Émile scoprirà i valori umani. È nell’incontro con Fix, l’uomo-uccello, che Émile scopre l’amicizia. È nello spettacolare volo di Fix che comprende la potenza agenziale dell’animale. La parabola d’affrancamento di Émile da una civiltà che asservisce l’animale va di pari passo con la scoperta di nuove capacità, di un nuovo posizionamento dell’animale come soggetto avente diritti. Per questo nella fuga finale non c’è happy ending ma solo un grido all’autonomia di soggetti in attesa di riconoscimento. Al tempo stesso però c’è anche una figura paterna disposta a lasciar andare. Si apre così la possibilità di un nuovo ordine simbolico in cui  la convivenza e il riconoscimento dei diritti sia realizzata.

Al Festival di Torino (Fuori Concorso) 2023
In sala dal 20 giugno 2024


Le Règne AnimalRegia: Thomas Cailley; sceneggiatura: Thomas Cailley, Pauline Munier; fotografia: David Cailley; montaggio: Lilian Corbeille; costumi: Ariane Daurat; interpreti: Romain Duris, Adèle Exarchopoulos, Paul Kircher, Jean Boronat; produzione: Pierre Guyard per Nord-Ouest Films, France 2 Cinéma, Artémis Productions, Shelter, StudioCanal; origine: Francia / Belgio, 2023; durata: 130 minuti; distribuzione: I Wonder Pictures.

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