Un Messicano sulla Luna di José Luis Yánez López e Cecilia Guerrero

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Ah, è un bugiardo. Ma è anche un gentiluomo!

Così dicono di Simón (Héctor Jiménez), un uomo dal doppio lavoro, anzi dalla doppia via: di giorno giornalista e di sera invece cameriere nel ristorante della moglie, donna Mari, incinta del loro primogenito. Le notizie degne di nota scarseggiano nel Messico del 1969 e Simón si trova a caccia di scheletri di UFO che poi si rivelano prodotti a Taiwan. Quando al suo giornale gli propongono la rubrica “Cronache Marziane”, capisce di essere arrivato alla frutta. Un concorso viene però indetto dal principale giornale del paese, chi vincerà tra lui e l’acerrimo nemico Peppe de la P diventerà redattore. A Simón manca solo una storia, ma dove trovarla? Per esempio a cena: a tavola una cameriera si fa sfuggire che Neil Armstrong verrebbe dal paesino di Llano Grande e Simón fiuta lo scoop. Parte così l’avventura, con il fido pilota Carlo (Alessio Apice) in direzione di  Llano Grande per scoprire la verità che sconvolgerebbe il mondo, e cioè che colui che metterà il primo piede sulla Luna non è americano, bensì messicano.

Per la co-produzione internazionale di Solaria Film con la messicana Arte Mecànica, José Luis Yanes e Cecilia Guerrero confezionano un film che ha dalla sua la simpatia e la leggerezza, con un buon gioco tra immagine e soundtrack. Ne esce una commediola divertente nel quale si gioca su personaggi bidimensionali: Simón è sfortunato ma determinato, Peppe de la P è vanitoso ed egocentrico, donna Mari è gelosa e protettiva, il parroco di Llano Grande è subdolo e minaccioso, il sindaco è ciarliero e pieno di sé, etc., etc. Va insomma a crearsi uno schema di personaggi fissi e funzionali alla trama, a cui si aggiungono gli abitanti del paesino di Llano Grande che dipingono un quadro folcloristico dell’ingenuo paesino di provincia, sia questa la provincia messicana. A fronte di questo folto gruppo di personaggi-macchietta, la trama si sviluppa un poco claudicante, azzeccando le tappe ma mancando nel dare fluidità al tutto, soprattutto quando osa oltre i propri limiti, cercando di ricreare momenti di azione che ha poi la bontà di buttare in ironia.

L’ironia è poi un’ottima arma nella mani dei due registi, che in più occasioni fanno la voce a Spielberg riproducendone le inquadrature e mimandone il montaggio, come l’utilizzo della colonna sonora. Buona è la l’immagine che viene data di questo Messico del secolo scorso, e sebbene alcune idee stonino un poco – il finto cieco, per esempio – altre non sono malvagie e sono funzionali perlomeno a strappare un sorriso. Il clima di leggerezza generale rendono così la visione piacevole.

Un Messicano sulla Luna è un film simpatico con delle lacune qua e là e dei momenti molto deboli, uno dei quali è un nodo cruciale per la pellicola e tocca il cambio di opinione del protagonista. Non proprio un elemento secondario. Si salva per l’idea di base, originale e divertente, secondo la quale Neil Armstrong sarebbe messicano, ed è bravo a portarla avanti. Alcune battute comiche diventano invece ripetitive, mentre buono è il casting, con volti azzeccati per i personaggi, anche a se a volte fin troppo marcati dal trucco e parrucco.

Dal 19 luglio in sala


Un Messicano sulla Luna (Un mexicano en la luna) Regia: José Luis Yánez López e Cecilia Guerrero; sceneggiatura: Francis Levy Lavalle;  fotografia: Héctor Ortega; montaggio: Marco Guelfi, Alessio Focardi; scenografia: Lou Perez Sandi Didieu; costumi: Lilia Hernández; musica: Giuseppe Cassaro; interpreti:  Héctor Jiménez, Alessio Lapice, Ausenc Iocruz, Roberto Ballesteros, Fermin Martinez, Carlos Valencia, Klothilde Campos, Maryfer Santillan; produzione:  Arte Mecanica, Solaria Film, con il contributo del Ministero della Cultura, con il sostegno di EFICINE, Regione Lazio; origine: Messico/Italia; durata: 90’; distribuzione: No.Mad Entertainment.

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