Come ti chiami?
Whitney Elizabeth Houston
Alcuni film l’azzeccano. Nascono come biopic musicali, prodotti sicuri di avere una schiera di fan che sono quelli della band o del singolo cantante, e poi fanno quel salto che se non li rende capolavori, almeno li trasforma in un buon prodotto che può vivere in solitaria, senza che sia necessaria quella base di pubblico pregresso. Bohemian Rhapsody (2018) ne è l’esempio lampante. Materiale biografico da cui attingere, sceneggiatura abbastanza valida, maestranze efficaci, prova attoriale eccellente, ingredienti che hanno spinto la pellicola sino agli oscar. E poi abbiamo film tipo Whitney – Una voce diventata leggenda. Per la regia di Kasi Lemmons, al film non spetta il salto di categoria e rimane confinato nel biopic musical, stretto dalle pareti del genere: materiale biografico non sufficientemente caldo (o originale), sceneggiatura insufficiente, cura delle scene (non cantante) così così e a far da contraltare soltanto buone prove attoriali e ottime performance. Appunto, alcuni film l’azzeccano, altri no.
Whitney Elizabeth Houston nasce figlia e cugina di cantanti, con madrina Aretha Franklin, e il suo destino pare già scritto. O perlomeno cantato. Lei inizia a cantare nel coro della chiesa e poi nei locali come corista della madre, finché una sera il produttore musicale Clive Davis (Stanley Tucci) la sente e le offre un contratto che coprirà la sua voce “in perpetuo e in tutto l’universo”. È l’inizio di un viaggio che la porterà al successo, sull’idea che
Una grande canzone è una grande canzone.
E le grandi canzoni arrivano, l’una dopo l’altra, sino a quel I Always Love You che la incorona come La Voce “in perpetuo e in tutto l’universo”. Al successo si affianca però una vita famigliare e relazionale difficile: dall’amicizia e amore con l’amica Robyn (Nafessa Williams) e la relazione travagliata con Bobby Brown (Ashton Sanders) sino ai problemi con droga e guai economici.
Devo solo cantare
Diceva la giovane Withney, ma è sufficiente poco tempo per scoprire che così non è. I drammi non rimangono intrappolati nelle canzoni, vi girano invece attorno, come squali.
Kasi Lemmons porta un prodotto di poco più di due ore e la pellicola è godibile nella sua interezza, ma con delle mancanze su più fronti. Aggrappato con disperazione ai singoli della cantante, portate con ottime performance e buoni giri di mdp a richiamare le riprese da concerto, il film latita quando non si canta e si devono tessere i fili della trama, mancando tanto nel crearli quanto nel tirarli.
La trama non vive mai un reale crescendo, i conflitti non sono sostenuti e l’unico che sarebbe realmente fertile perché interessante – la relazione tra Robyn e Whitney – implode quando sarebbe tutto pronto per un’esplosione interessante. A tutto ciò si aggiungano dialoghi spesso scontati e alcune scene dalla dinamica banale, con movimenti sporchi della cinepresa che non ottengono l’effetto realismo bensì risultano fini a se stessi e non aiutano certo la convenzionalità di una trama ormai troppo battuta. In tutto ciò, si aggiunga che fotografia e montaggio non aiutano, anzi, a volte faticano pure essi.
Whitney – Una voce diventata leggenda è quindi un film che vive di acuti musicali e di banalità narrative. Rinchiuso nei recinti del genere, sarà un biopic musicale che farà piacere ai fan della cantante per le musiche aneddoti e ricordi, certo peccherà nell’andare oltre e nell’attirare quella fetta di pubblico che vorrebbe solo vedersi un film efficace e non annoiarsi (troppo). Come detto, a volte alcuni film azzeccano, altri no, sicuramente allo spettatore (volente o casuale) non mancherà la possibilità di ascoltare un paio di ore di buona musica e osservare l’evoluzione di una cantante che superò le barriere del mercato e portò gli afroamericani laddove non erano mai stati. Persino al cinema, quando nel 1992 Whitney esordì al cinema in The Bodyguard, riprese che tuttavia coincidevano con la data del suo matrimonio. All’iniziale diniego sull’eventuale spostamento delle nozze, segue poi la scoperta che la guardia del corpo sarebbe stato Kevin Costner, e relativo cambio d’opinione:
Cazzo, è solo un matrimonio dopotutto.
P.S.: come è ormai solito, si richiede la sfera di cristallo per capire come il titolo originale, I Wanna Dance with Somebody, sia diventato quello italiano. Imperscrutabilità.
Dal 22 dicembre in sala
Whitney – Una voce diventata leggenda – regia: Kasi Lemmons; sceneggiatura: Anthony McCarten; fotografia: Barry Ackroyd; montaggio: Daysha Broadway; musica: Whitney Houston; interpreti: Naomi Ackie, Stanley Tucci, Ashton Sanders, Tamara Tunie, Nafessa Williams, Clarke Peters, Bria Danielle Singleton; produzione: TriStar Pictures, Compelling Pictures, Black Label Media, Primary Wave Entertainment, Muse of Fire Productions, West Madison Entertainment; origine: USA, 2022; durata: 146’; distribuzione: Sony Pictures.