Il ritratto del duca di Roger Michell

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Roger Michell (la maggior parte di noi se lo ricorda principalmente per Notting Hill) era sbarcato al Festival di Venezia del 2020 con una commedia tutta inglese e ora finalmente il suo film esce anche nelle sale.

The Duke cioè nel titolo italiano Il ritratto del duca  è «una storia seria che non va presa troppo sul serio», una farsa dalle sfumature drammatiche che viaggia sul velocissimo e quasi nevrotico intrecciarsi di freddure e paradossi.

Kempton Bunton (Jim Broadbent), un innocuo pensionato, è passato alla storia per aver “preso in prestito” il ritratto del duca di Wellington dalla National Gallery. Il movente è talmente naif da apparire surreale: egli voleva semplicemente attirare l’attenzione sulla sua campagna contro il canone televisivo. Forse. O forse cercava una via di fuga dal drammatico grigiore dell’Inghilterra postbellica, dalla moglie insoddisfatta e tuttavia disillusa (Helen Mirren), da un lutto tragicamente incidentale mai davvero superato.

Da bravo britannico, il regista si limita a sfiorare lo squallore suburbano e la cinica rassegnazione in cui il protagonista si ritrova costretto. Sulla carta, Kempton pare avere tutte le carte in regola per essere definito un sognatore, un idealista, un adorabile folle – eppure la verità è ben diversa. Nonostante la sua cultura raccogliticcia e gli ingenui stratagemmi utilizzati per scavalcare le barriere sociali (cosa impossibile nei paesi anglosassoni), egli possiede uno sguardo estremamente lucido e si ha quasi l’impressione che le sue battaglie contro i mulini a vento siano solo una maschera. Quella dell’eterno Don Chisciotte è un’effige sotto la quale si cela il quotidiano nonsense che di solito accettiamo senza alcun indugio: perché pagare il canone della TV di stato se non si riceve la TV di stato? Perché rispettare un’etichetta anche fra le quattro mura domestiche? Perché non si può parlare pubblicamente di vita, né di morte, ma si passano ore a sproloquiare di amenità? Perché, dopo la guerra, la stessa democrazia per cui si ha combattuto sembra svanita del vuoto di promesse mai mantenute? E così via: se Kempton fosse un visionario, forse non sarebbe capace di vedere al di là del proprio naso – esattamente come fa chi lo circonda.
 

Certo, i metodi che questo eclettico moralista persegue non sono certo definibili come ortodossi, in primis l’idea d’insinuarsi a Londra per farsi una bella chiacchierata col Primo Ministro. La missione fallisce, ma succede qualcosa d’inaspettato: a quanto pare, l’insospettabile vecchietto torna nella cittadina natale con il dipinto di Goya sottobraccio. Con l’aiuto del figlio carpentiere (forse l’unico vero utopista dell’intera vicenda), l’opera viene nascosta nell’armadio come se nulla fosse. «Ben gli sta», pensiamo noi, comodamente sprofondati nelle nostre poltrone: si, perché il quadro ha tutte le sembianze di quelle orrende creature contro le quali il nostro eroico cavaliere e il suo fedele scudiero si scagliano. In fondo, chi non tiene per Don Chisciotte?

Ma la lucida genialità di Kempton è estremamente british e, di conseguenza, segue il percorso opposto: egli trasforma il mostro in mulino e non il mulino in mostro. Così, anche il Duca di Wellington passa da simbolo del potere, da protesi autocelebrativa della tradizione passata e presente a banale – e spesso indesiderato – coinquilino di casa Bunton. Fra l’altro, questo nuovo compagno di stanza “non è neanche granché bello” e a lungo andare si dimostra perfino un po’ invadente: il suo occhio ironico appare ridicolmente intrigato dai litigi familiari, dagli intrighi amorosi e dalle piccole malefatte che il nostro paladino dell’Inghilterra postindustriale si diverte a compiere.

In ogni caso, il piano non funziona: i media brancolano nel buio e Scotland Yard, com’è prevedibile, prende di mira i cosiddetti gangster italiani. Vagamente deluso, Kempton incarta il suo nuovo amico e lo riporta nella capitale, consegnandolo di persona alle autorità responsabili – ancora una volta, come se nulla fosse. Che scoppi il caos è più che scontato: il protagonista viene arrestato e condotto davanti al tribunale, la sua avventura diventa un vero e proprio caso mediatico, il mulino torna mostro e spetta ora a questo insolito antieroe trafiggerlo con la lancia del suo sarcasmo e del suo non prendersi troppo sul serio. Il finale non reca con sé alcuna sorpresa, ma ci lascia soddisfatti: in fondo, chi non tiene per Don Chisciotte?

In sala dal 3 marzo


The Duke/Il ritratto del ducaRegia: Roger Michell;  sceneggiatura: Richard Bean, Clive Coleman; fotografia: Mike Eley; montaggio: Kristina Hetherington; interpreti: Jim Broadbent (Kempton Bunton), Helen Mirren (Lilya Frances), Fionn Whitehead (Jackie Bunton), Matthew Goode (Jeremy Hutchinson), Anna Maxwell Martin (Mrs. Gowling); produzione: Neon Films (Nicky Bentham); origine: Regno Unito 2019; durata: 96’; distribuzion: Bim Distribuzioni.

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