Festival di Cannes (2024): Anora di Sean Baker (Palma d’oro)

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Anora, l’ultimo lavoro cinematografico del regista americano “indi” Sean Baker (Tangerine,  2015; Un sogno chiamato Florida, 2017) ci porta con esuberante energia nel caos scatenato dal precipitoso matrimonio fra il figlio viziato di un oligarca russo e una giovane escort di New York. La prima parte del film inizia come una versione metropolitana della favola di Cenerentola, o se vogliamo una versione più attuale di Pretty Woman (1990); ma visto che Baker non è Garry Marshall, la sua America è il paese dei sogni e delle favole solo per una momentanea e breve illusione, e la protagonista è presto costretta a tornare alla dura realtà.

La escort Anora, che preferisce farsi chiamare Ani, impersonata dalla minuta figura dell’attrice Mikey Madison, di lontane origini russe da parte di nonna, ha la grande opportunità di abbandonare lo squallido, ma pur lucrativo lavoro di spogliarellista nell’esclusivo strip club newyorkese dove si reca tutte le notti, quando si ritrova ad intrattenere nientemeno che il giovane rampollo del noto oligarca russo Zacharov. Vanja (Mark Eydelshteyn) però, non è nient’altro che un viziato, pazzoide ricco bambinone, abituato solo a divertirsi e a spendere più soldi possibili, ed arrivato per una breve e, a quanto pare, ultima vacanza in America prima di mettere, come si dice, la testa a posto e iniziare a lavorare nell’azienda del padre. Ani viene presto invitata nella costosa e moderna villa di famiglia, dove al veloce gioco sessuale segue immancabilmente quello dei videogiochi. E allo spasso di New York segue un’improvvisata settimana di extra vacanza a Las Vegas, per la quale Ani non manca di farsi pagare ben 15.000 dollari. E siccome ogni cosa ha il suo prezzo, all’incredibile proposta di matrimonio di Vanja, che non ha nessuna voglia di tornare in Russia dal padre, per accettare di diventare sua moglie – con green card naturalmente inclusa – il minimo richiesto da Ani è un anello a quattro carati e una pelliccia che Vanja non fatica certo a regalarle.

Il matrimonio però non dura il tempo di una notte, chiamiamola eufemisticamente “d’amore”, che la famiglia, venuta in qualche modo a sapere dell’ennesima pazzia del figlio, mobilita il factotum di origine armena Toros (Karren Karagulian), un po’ balia, un po’ guardia del corpo, e pretende l’annullamento immediato del contratto.  Con l’arrivo dei due aiutanti di Toros: il fratello Garnick (Vache Tovmasyan) e il più giovane e di poche parole Igor (Yura Borisov) e la fuga di Vanja dalla villa, inizia una caccia all’uomo per le strade e i locali notturni di Manhattan.

Pur non essendo una commedia ma un dramma, Anora ci porta in un vortice di ilare e frenetico crash fra culture come solo nella grande metropoli newyorkese, con lontani echi al nevrotico umorismo del cinema di Woody Allen, poteva succedere. Alle sequenze più visive del club o della strada si succedono quelle di veloce montaggio e fitti dialoghi nel gergo di strada. Un turpiloquio spassoso che avevamo già sperimentato in Tangerine.

Sean Baker, servendosi di colori saturi e schermo panoramico, se riesce da una parte a creare situazioni di chiassosa comicità che risultano irresistibili, dall’altra sa anche regalare ai suoi personaggi dei momenti di grande, malinconica auto disillusione. Assolutamente imperdibile.


Anora – Regia e sceneggiatura: Sean Baker; fotografia: Drew Daniels; montaggio: Sean Baker; musica: Matthew Hearon-Smith; interpreti: Mikey Madison, Mark Eydelshteyn, Yuriy Borisov, Karren Karagulian, Vache Tovmasya, Ivy Wolk, Luna Sofia Miranda; produzione: Film Nation Entertainment; origine: US 2024; durata: 143 minuti .

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