Torino F.F.: Do Not Expect Too Much from the End of the World di Radu Jude (Fuori Concorso)

  • Voto

Sul letto di morte Goethe non avrebbe detto “più luce” (mehr Licht) ma “più niente” (mehr nicht). Un’invenzione di Thomas Bernhard (tratta da Goethe Muore) ritorna come aneddoto, oscura verità di cui è portatrice oggi la sua bis bis nipote Doris Goethe (interpretata da Nina Hoss) nell’ultimo film di Radu Jude, Do Not Expect Too Much From the End of the World. Come il precedente Sesso sfortunato o follie porno, un mosaico composto da aforismi, curiosità, paragoni, contraddizioni chiacchiere, barzellette, imprevisti, balzi improvvisi, censure per una panoramica sullo stato delle cose a Bucarest debitrice del Kaiserpanorama di Walter Benjamin (inserito in Strada a senso unico).

Le strade a Bucarest sono a unica corsia per cui gli automobilisti utilizzano la corsia d’emergenza per superare il traffico. Il conflitto nelle strade è all’ordine del giorno. Lo sa bene Angela (una Ilinca Manolache sempre straordinariamente sul punto di perdere il controllo di sé) che passa tutta la giornata per strada: guida per Uber, recupera lenti da un set, va a intervistare delle persone vittime d’incidente sul lavoro per uno spot sulla sicurezza stradale. Ma in auto Angela anche mangia, dorme, scopa. E fa TikTok demenziali in cui sfoga qualsiasi istinto negativo che gli viene in mente fingendosi Bobiţă, un maschio alfa alla Andrew Tate.

C’era “più luce” negli anni Ottanta. Al bianco & nero della Bucarest odierna vengono accostate scene tratte dal coloratissimo film di Lucian Bratu Angela merge mai departe (1981) dove un’altra Angela, questa volta tassista, cercava di farsi largo in un mondo maschilista. Il montaggio dialettico (mutuato da Alexander Kluge) consente uno scontro tra le due Bucarest evidenziando i delusi propositi di emancipazione femminile e più in generale il fallimento di un intero progetto comunitario, oggi ridotto a continui litigi tra automobilisti.

Come un circuito per GoKart, sembra di girare intorno per una strada a senso unico. Non c’è alcuna direzione per questo road movie, non si può neanche andare dritti verso una catastrofe perché questa si è già realizzata: “è più tardi di quello che pensi” recita un cartello sotto un orologio senza lancette. Non si può “sostare” neanche in una sequenza: pubblicità, video di TikTok, musica di vario genere intervengono continuamente a portar fuori lo spettatore dalla strada che si sta percorrendo. Non c’è “più niente” di sacro: in un cimitero, appena acquistato da una compagnia per allargare l’hotel vicino, passa tranquillamente un runner.

È il film a dover intervenire re-instillando nel film “più luce”, seppur in maniera ironica: così per 5 minuti assistiamo a una sequela di fotografie delle 600 croci disseminate lungo la strada che conduce alla città di Buzău. Altrettanto ironici risultano gli incontri con le persone i quali, piuttosto che emergere come momenti di rivelazione (da tradizione neorealista), vengono svuotati da qualsiasi potenziale: la persona intervistata deve infatti conformarsi a un certo tipo per essere selezionata per lo spot, la sua infermità deve facilitare (non ostacolare) la possibile viralità dello spot. Neanche l’incontro con l’invecchiata tassista Angela diventa occasione di crescita per l’Angela uberista.

L’unico incontro spiazzante è quello con il ripudiato regista Uwe Boll, perfetto per apparire in uno dei controversi TikTok di Bobiţă. Sul suo set sta girando l’ennesimo action in cui tutta l’azione è in green screen. A cosa può servire oggi la regia, l’attore o lo scenografo quando si può fare tutto in post-produzione? Negli ultimi 40 minuti assistiamo alla produzione dello spot con la vittima selezionata che inutilmente, sotto la pioggia, prova a far “più luce” sull’ingiustizia che ha subito. Ma a cosa può servire una testimonianza quando basta mettere dei cartelli verdi e aggiungerci successivamente delle parole scelte dalla produzione?

Non si può chiedere troppo (una rivoluzione) a questo tempo devastato, è possibile al massimo godere delle nuove opportunità intellettuali che offre, lasciarsi andare a un infinito scrolling di contenuti che può generare a volte incontri inaspettatamente alti, paradossi che allenano la mente a pensare altrimenti, per montaggio dialettico.


Do Not Expect Too Much From the End of the WorldRegia: Radu Jude; sceneggiatura: Radu Jude; fotografia: Marius Panduru; montaggio: Cătălin Cristuțiu; scenografia: Cristian Niculescu, Andreea Popa; interpreti: Ilinca Manolache, Ovidiu Pîrșan, Nina Hoss, Dorina Lazar, László Miske, Katia Pascariu; produzione: Adrian Sitaru per 4 Proof Film, Ada Solomon per microFILM, Adrien Chef e Paul Thiltges per Paul Thiltges Distributions, Serge Lalou e Claire Dornoy per Les Films d’Ici, Kinorama; origine: Romania/Lussemburgo/Francia / Croazia, 2023; durata: 163 minuti; distribuzione: I Wonder Pictures.

 

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *