Berlino F.F.: La Ligne di Ursula Meier (Concorso)

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Erano dieci anni esatti che la regista franco-svizzera (doppia cittadinanza) Ursula Meier non girava un lungometraggio, l’ultimo risaliva al 2012, anch’esso si era visto a Berlino con il titolo francese L’enfant en haut, anche se la Teodora Film lo aveva distribuito in Italia con quello inglese Sister. La giuria della Berlinale, all’epoca presieduta da Mike Leigh, che diede l’Orso d’Oro a Paolo e Vittorio Taviani per Cesare deve morirevolle conferire al film una menzione speciale.

Fra il 2012 e il 2022: un cortometraggio nel film collettivo I ponti di Sarajevo  e la puntata di una serie televisiva. Ora: se un/a regista impiega dieci anni a girare un nuovo film, secondo me c’è qualche problema, in termini di creatività, di produzione, non sappiamo; certamente, rileggendo la nostra recensione di allora e azzardando un confronto con il lungometraggio di dieci anni fa (e da allora non più rivisto), non si può non dire che la regista allora quarantenne faceva sperare di meglio.

Quello del 2012 era un film piuttosto originale, quello di oggi, intitolato La ligne, un po’ meno. Anche se le due pellicole vantano gli stessi due sceneggiatori (una delle due è la stessa regista; stavolta però ve ne è una terza che è la protagonista del film ossia Stéphanie Blanchaud), la direttrice della fotografia pure, ossia Agnes Godard ,e anche la costellazione (co-)produttiva è la medesima (qui come là coinvolti anche i fratelli Dardenne), a parte il fatto che per quest’ultimo film ci ha messo i soldi anche ARTE.

Come  L’enfant en haut anche La ligne verte su una famiglia disfunzionale, anche se là si trattava di una famiglia semi-proletaria in cui un ragazzino praticamente abbandonato a se stesso passava le sue giornate a rubare gli sci ai ricchi in una località (svizzera) di alta montagna. Qui invece la costellazione è più tradizionale, nel senso che siamo di fronte a una famiglia, tutto sommato borghese, anche se con una potente vena artistica, rappresentata in prima battuta dalla madre Christina Celestini (interpretata da un’eccellente Valeria Bruni Tedeschi), una pianista di fama che ha subito un primo tracollo passando dal concertismo internazionale alla maternità (e di conseguenza all’insegnamento privato) e – indubitabilmente – un secondo, andandosi a seppellire, non si sa come mai, in un tristissimo paesino svizzero attraversato da un canale e con le montagne (in Svizzera raramente non è così) che incombono minacciose. Roba da deprimere anche chi non è incline.

Il film inizia in medias res con una scena molto virtuosistica e non poco manierista al rallentatore (con Philippe Jaroussky che canta Vivaldi, dèja-vu, dèja-entendu…) che documenta una violentissima colluttazione fra la figlia trentacinquenne Margaret (interpretata appunto da Stéphanie Blanchaud) e la madre Christina, nel corso della quale la madre ha la peggio, subendo una bruttissima caduta guarda caso proprio sul pianoforte, di cui, per tutto il film, porterà le conseguenze, rimanendo lesionata a un orecchio, ciò che per una pianista, seppur ormai da tempo sul viale del tramonto, non è esattamente una cosa di poco conto.

La vicenda ha uno strascico giudiziario, esattamente quello di cui il titolo: il giudice delibera che Margaret per un periodo di tre mesi non avrà il diritto di avvicinarsi alla casa, dovrà restare a una distanza di almeno 100 metri. A tal fine viene per l’appunto tracciata una linea azzurra, valicando la quale Margaret finirebbe  dritta dritta in galera. Non entrare più in quella casa significa per la protagonista diventare una reietta, non solo nei confronti della famiglia, ma anche nei confronti dell’ambiente provincialissimo del paesello dove si svolge la vicenda. Solo grazie alla sorellina dodicenne, in odore di misticismo estremo, Marion (Elli Spagnolo) che Margaret continuerà ad accompagnare con la chitarra elettrica nei suoi esercizi di canto religioso – una di qua e una di là dalla linea azzurra – la figlia maggiore (già in passato reiteratamente violenta con sé e con gli altri) mantiene un contatto con la famiglia; anche la sorella intermedia Louise (India Hair), a pochi giorni dal parto gemellare che l’attende, si riavvicina a lei, per quanto lo consentano le relazioni spaziali. Fra madre e figlia invece, anche alla fine del periodo di distanziamento sociale punitivo,  i rapporti non sembrano risolversi. Troppo fragili sono entrambi i personaggi, troppo egocentrica e sostanzialmente anaffettiva la madre; e anche le deboli e pallide figure maschili – da un ex di Margaret all’ennesimo amante di Christina – poco contribuiscono a sciogliere conflitti risalenti a chissà quando e di cui, sul piano eziologico, molto possiamo intuire, ma alla fine poco ci viene detto.

Il film è abbastanza ben girato, soprattutto sfruttando al massimo il setting: la linea di demarcazione, il canale, le distanze, le montagne; ma è assai carente sui piano della sceneggiatura perché di fatto varia all’infinito la costellazione di fondo che apprendiamo all’inizio, aggiungendovi soltanto qualche dettaglio in più, allorché – ma anche questo accade ben presto – veniamo a sapere che Margaret ha preso dalla madre un grande talento musicale, diciamo di stampo cantautoriale, non capitalizzato fino in fondo (l’attrice protagonista è anche autrice delle canzoni nelle quali verso la fine del film si esibisce).

Resta il dubbio se questo provvedimento decisamente bizzarro esista davvero nella legislazione elvetica. Probabilmente sì. E visto che siamo a parlare di linee, mi sia consentito rimandare a un meraviglioso racconto austriaco di metà ‘800, autore Franz Grillparzer, il racconto s’intitola Il povero musicante, e racconta di un musicista decaduto costretto a dividere la propria stanzetta con due apprendisti che decide di tracciare una stupenda e patetica linea di gesso per tener lontano il caos. Qui, mi pare, che il caos ci sia e rimanga, di qua e di là dalla linea.


Cast & Credits

La ligneregia: Ursula Meier; sceneggiatura: Ursula Maier, Stéphanie Blanchard, Antoine Jaccoud; montaggio: Nelly Quettier; interpreti: Stéphanie Blanchaud (Margaret), Valeria Bruni Tedeschi (Christina), Elli Spagnolo (Marion), India Hair (Louise), Dali Bensssalah (Hervé), Benjamin Biolay (Julien); produzione: Bandita Film, Ginevra; origine: Svizzera, Belgio, Francia 2022; durata: 101′.

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