Nuovo Olimpo di Ferzan Özpetek

  • Voto

Per afferrare la natura intima di Nuovo Olimpo, il 14° lungometraggio di Ferzan Özpetek (il numero, lo vedremo, non è casuale), occorre attendere fino ai titoli di coda, anticipati da questa didascalia: “Dedicato a Titti e Alice”. Sono i due personaggi femminili del film, ispirati a due persone realmente esistite che hanno occupato un posto importante nella vita del regista italo-turco. Esistite nella fase più tenera della vita di un uomo: l’adolescenza, che nel caso di Özpetek ha coinciso con la sua educazione sentimentale fatta di passioni erotiche e cinematografiche nella Roma dei tardi anni Settanta, come quasi in The Dreamers di Bernardo Bertolucci.

Proprio così, dopo Dolor y gloria di Pedro Almodovar, The Fabelmans di Steven Spielberg, Belfast di Kenneth Branagh e dopo È stata la mano di Dio di Paolo Sorrentino anche Özpetek decide di realizzare per Netflix il proprio affresco autobiografico, che egli dipinge con una passione comprensibilmente tracimante. Talvolta talmente tracimante da portarlo a perdere il controllo, come se scegliendo di dedicarsi al racconto di una piccola storia intima capitatagli per davvero, il regista de Le fate ignoranti abbia finito per smarrire la giusta distanza da una materia incandescente che gli sfugge qua e là di mano: in certi dialoghi pomposamente didascalici, in alcune sottolineature musicali superflue, e in qualche performance decisamente acerba.

Il protagonista è Enea (Andrea di Luigi), ricalcato sulla falsariga della biografia del regista: viene presentato come assistente volontario, ciò che Özpetek fu realmente agli albori della sua carriera; quando arrivò in Italia da Fenerbahce, quartiere di Istanbul, nei tardi Anni Settanta per laurearsi in “Storia del cinema” e finì a collaborare con la meglio cinematografia italiana dei tempi: Massimo Troisi, Maurizio Ponzi, Ricky Tognazzi, Sergio Citti e Francesco Nuti.

Lo troviamo nella prima sequenza di Nuovo Olimpo mentre allontana un gruppo di curiosi molesti dai margini del finto set di uno strano film nel film intitolato come un “poliziottesco” dell’epoca e interpretato da una Jasmine Trinca in versione biondo platino (una sorta di versione “alla matriciana” della Gena Rowlands di Gloria). È lì che Enea incontra per la prima volta Pietro (Damiano Gavino), un ragazzo marchigiano a Roma per caso a seguito della madre malata. Tra i due nascerà in breve un amore appassionato, consumato clandestinamente nei bagni dei cinema d’essai e in “un buco da un amico, un letto a ore su cui passava tutta la città”, per dirla con Guccini. Se non fosse che qui le acrobatiche e molto esplicite performance sessuali dei due amanti si svolgono su delle favolose terrazze con vista sul Foro Romano e per nulla precarie.

Damiano Gavino e Andrea Di Luigi

È noto infatti che la chiave della poetica ozpetekiana è quella sentimentale, rispetto alla quale le descrizioni del contesto socio-politico appaiono sempre sfocate e poco approfondite. Anche qui: i riferimenti inevitabili alle manifestazioni e agli scontri di piazza risultano poco credibili, e i personaggi che li popolano macchiettistici come i soprannomi che la sceneggiatura affibbia loro (“Molotov”, “Che”, etc.). Perché a Özpetek non interessa il contesto politico ma i sentimenti, e ne è talmente consapevole da ribadirlo spudoratamente in una conferenza stampa metalinguistica, durante la quale ripete anche (meglio: fa ripetere al suo “alias”) che non è tanto lui ad insistere con le scene di amore omosessuale ma gli altri registi a levarle. Il problema, come ripetiamo, è che qui anche il plot sentimentale sembra troppo affettato per risultare credibile, forse per l’eccessiva vicinanza con la materia trattata oppure per il desiderio di recapitare un messaggio ben preciso che costituisce la tesi su cui il soggetto è costruito: l’amore più puro è quello mai del tutto consumato.

Ciò nondimeno, ad onta di questi limiti che non possiamo non rimarcare, rimane impressionata nel film – e ne costituisce l’aspetto, a nostro avviso, più interessante  che lo apparenta per certi versi a Notte magiche di Paolo Virzì –  la passione sincera della memoria perduta; la nostalgia per i bei tempi andati che qui coincidono con una Roma vitale e passionale, in cui pullulavano sale d’essai come quella che da il titolo al film, in cui si proiettavano capolavori come Mamma Roma di Pierpaolo Pasolini o Nella città l’inferno di Renato Castellani. Due film pervasi dalla presenza magmatica della grande Anna Magnani che si staglia prepotentemente sullo schermo come musa ispiratrice di Enea\Ferzan e come icona di un periodo irripetibile evidentemente rimpianto da Özpetek.

Tra le note positive del film occorre segnalare anche la prova maiuscola di Luisa Ranieri, calatasi nei panni vintage e nelle sopracciglia rasate di Mina, autrice del brano Povero amore, presente nella colonna sonora del film.

In anteprima alla Festa di Roma (sezione Gran Public)
Su Netflix dal 1º novembre 2023


CREDITS & CAST

Nuovo Olimpo Regia: Ferzan Özpetek; sceneggiatura: Ferzan Özpetek, Gianni Romoli; fotografia: Gian Filippo Corticelli; montaggio: Pietro Morana; interpreti: Damiano Gavino, Andrea Di Luigi, Greta Scarano, Aurora Giovinazzo, Alvise Rigo, Luisa Ranieri; produzione: R&C Produzioni, Faros Film; origine: Italia, 2023; durata: 111 minuti; distribuzione: Netflix.

1 thought on “Nuovo Olimpo di Ferzan Özpetek

  1. Bravissima Luisa Ranieri.
    Per il resto, film deludente. Non vale nulla al confronto con i film precedenti del regista.
    Bocciato. Sarà per la prossima volta..

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *