Jeanne du Barry – La Favorita del Re di Maïwenn

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Scelto dal presidente Thierry Fremaux per aprire (Fuori concorso) il passato Festival di Cannes, il chiacchieratissimo film in costume di Maïwenn era diventato un evento già prima di essere stato proiettato sulla Croisette. Il ruolo principale, com’è noto, è interpretato dalla regista stessa, mentre nei panni di re Luigi XV troviamo Johnny Depp, che riappare sugli schermi dopo il processo per diffamazione contro l‘ex moglie Amber Head e Il caso Minamata (Minamata, 2020) diretto da Andrew Levitas.

Tema del film è, come ben si deduce dal titolo, l’ascesa e caduta di Marie-Jeanne Becu, la sua scalata sociale da “figlia del popolo” a cortigiana di Versailles e contessa du Barry, ultima favorita del re di Francia Luigi XV, fino alla morte di questo. Jeanne  contessa du Barry non è stata solo la favorita del re di Francia Luigi XVI ma è anche una dei personaggi storici di donna fra i più rappresentati nella storia del cinema.  Ad esempio una delle ultime apparizioni di questa figura  – dopo Pola Negri  in Madame Du Barry (1919) di Ernst Lubitsch oppure Dolores del Rio nella versione americana (1934) di William Dieterle (1934), solo per citarne alcune – era stata quella di Asia Argento in Marie Antoinette (2006) diretto da Sofia Coppola. E proprio quest’ultima interpretazione aveva colpito l’immaginazione dell’attrice e regista francese Maïwenn Le Besco tanto da ispirarle un film.

Maïwenn ne fa un film molto, anche troppo, personale. Come ha raccontato ad esempio in una intervista alla giornalista Marine Guillain, ha ritrovato nella sua biografia molti punti in comune con il personaggio storico di Jeanne e, dirigere la regia ma anche interpretare il ruolo principale del film, è stata una scelta conseguente. Qui Maïwenn, riferendosi al suo precoce matrimonio, avvenuto quando lei aveva appena sedici anni, con il regista francese Luc Besson, ammette di aver sempre sofferto per le critiche ricevute.

Forse anche per tale motivo, la sua versione della storia si concentra sul conferire al personaggio una versione più naturale e spontanea possibile. Aspetto sottolineato anche dai capelli quasi sempre sciolti e in disordine sulle spalle, in contrasto con i capelli impomatati e le parrucche degli altri cortigiani. È evidente quanto alla protagonista stiano strette le formalità e l’etichetta di corte a Versailles, e questo viene abbondantemente sottolineato dalla ripetizione di una scena (che vorrebbe essere buffa ma non sempre lo è) dove i vari cortigiani si ritirano indietreggiando a piccoli passi senza pero voltare la schiena al re. Anzi, la regista trasforma la sua du Barry non solo in una concubina innamorata, ma anche in una madre amorevole. Nel film, il figlio avuto dal marito conte du Barry, è presente in molte delle scene e ben due volte difende la madre dagli attacchi del padre. A lui si aggiunge anche la figura di un bambino, un paggio “regalatole“ da re Luigi XVI, il quale diventa protagonista, con Maïwenn, di alcune sequenze giocose nei saloni e nei parchi della reggia. E a ciò si aggiunge ancora il suo rapporto informale con la servitù di palazzo, in particolare il valletto personale del re (l’attore Benjamin Lavernhe incarna forse uno dei ruoli meglio riusciti del film) e con il duca Richelieu (Pierre Richard).

Per un film in costume non si può non parlare dei costumi: i modelli d’archivio Chanel indossati da Maïwenn sono stati appositamente adattati dal costumista Jürgen Doering – che ha lavorato nei film di Olivier  Assayes Clouds of Sils Maria (2004) e Personal Shopper (2016) – e risistemati per l’occasione dalla creative director della casa di moda, Virginie Viard.

Di primo acchito, bisogna dire che il film – un po’ pop – sembrerebbe avere tutte le carte in regola per essere considerato un buon lavoro, tuttavia ci ha lasciato alquanto perplessi.  A differenza delle precedenti opere della regista francese, qui non si lascia spazio per l’improvvisazione, nonostante ne rimanga la voglia, almeno per quanto riguarda l’interpretazione della protagonista. E forse è questo uno degli aspetti che non funzionano nel film: i personaggi sarebbero perfetti nei loro abiti e nei loro ruoli, se non fosse che non riescono ad essere convincenti.

Maïwenn stessa non riesce ad essere una cortigiana credibile. I momenti di intimità con re Luigi XVI si limitano ad un bacio e ad alcune scene in cui fanno insieme colazione nel grande letto a baldacchino, ma siamo molto lontani da poter parlare di sensualità o di erotismo. Johnny Depp, pur riuscendo a impersonare un Luigi XVI in modo diremmo passabile e a dimostrare di poter saper recitare se non altro con lo sguardo, esiste nella narrazione del film solo in funzione della presenza e delle azioni dell’attrice principale. I suoi occhi, sulla scena guardano e cercano continuamente Maïwenn, anche quando questa è lontana. Tutti i personaggi secondari si muovono in funzione della protagonista e non in funzione della narrazione filmica. La motivazione di mettere in scena la biografia di un personaggio storico in chiave personale è andata più a danneggiare  piuttosto che ad arricchire la messa in scena. Jeanne du Barry potrebbe benissimo intitolarsi “Maïwenn alla corte del re”. Ma no, non si chiamava una volta Angelica? (vedi il titolo italiano del film di Bernard Borderie, 1965). 

In sala dal 30 agosto

 


Jeanne du Barry – La Favorita del Re (Jeanne du Barry) – Regia: Maïwenn ; sceneggiatura: Maïwenn, Teddy Lussi-Modeste, Nicolas Livecchi; fotografia: Laurent Dailland; montaggio: Laure Gardette; musiche: Stephen Warbeck; scenografia: Angelo Zamparutti; costumi: Jürgen Doering; interpreti: Johnny Depp, Maïwenn, Melvil Poupaud, Pierre Richard, Pascal Greggory, Benjamin Lavernhe, Noémie Lvovsky, India Hair; produzione: Why Not Productions, IN.2 Film, France Télévisions, La Petite Reine, Red Sea Film Festival Foundation;  origine: Francia/Belgio/UK, 2023; durata: 116 minuti; distribuzione: Notorious Pictures.

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