-
Voto
È un “Uscì domani” insolito, quello di La prima notte di quiete, perché il (forse) più noto film di Valerio Zurlini uscì nel 1972, ma domani, il 25 luglio 2024, torna in sala (per l’omaggio ai 120 anni della Titanus) con la sua densità di parole colte, letterarie; con le atmosfere plumbee, ventose, e le sue immagini iconiche, a partire dal cappotto di cammello con cui Alain Delon procede solo e pensoso lungo la battigia e gli scogli portuali di una Rimini fuori stagione. Opaca, tempestosa come ciò che dentro quel soprabito si muove, con dolore soprattutto, unito a un sottile, sordo, desiderio di fuggire da un’antica, degenerativa, disperazione. Si chiama Daniele Dominici, insegna lettere, con passione per la materia: la letteratura e l’arte in generale, ma non per la trasmissione di questa agli studenti. Soffre di apatia professionale ed intima, nata, é ipotizzabile, da un addio coatto, lontano e traumatizzante, a una ragazza di nome Livia. Suicida.
Ci si arriva lentamente, a piccoli passi, dopo che di quest’uomo affascinante e tormentato, asciutto di parole e gesti, conosciamo un presente fatto di gioco a carte col denaro, di una relazione sentimentale esangue, da tempo giacente su un letto di sofferenza e distanza: quella con la Monica di Lea Massari, per cui Daniele prova compassione più che amore, soffrendo per la solitudine di lei conseguente a un eventuale abbandono. Aleggia una cupezza che sa di morte, attorno a quest’uomo trascurato, con la sigaretta sempre sulle labbra, i pasti fugaci, quando non mancati. Un individuo vagabondo dalla veglia continua, da un errare privo di senso, come priva di senso è la sua vita, probabilmente dopo la morte di quella ragazza a cui ha dedicato un libro di poesie dal titolo tratto da un verso di Goethe: “La prima notte di quiete”, appunto. Eppure, qualcosa di vitale continua a muoversi in Daniele, in una ombrosa profondità da cui riaffiora alla vista di Vanina (Sonia Petrovna): una studentessa della scuola presso la quale Dominici porta avanti la sua svogliata supplenza, tra una notte e l’altra in cui cammina negli abissi dell’alcol, di stordenti e tristi festini, di partite a carte in cui girano soldi e corpi senza vita, di uno squallore e di un degrado che pervadono ogni angolo di quegli spazi rendendoli euforici inferni. Daniele, in una specie di presente assenza, li frequenta senza battere ciglio, trascinando se stesso verso una sperata pace. Fino a che la figura di Vanina, ragazza dal passato e dal presente difficile, indirizzata verso la perdizione, avanza nel suo cuore, come a offrirgli un’occasione salvifica, di complessa rinascita. Egli asseconda questo desiderio. Entra in questo viaggio (in)possibile, per salvare ciò che ancora si può salvare, forse: degli altri e di lui. C’è un pensiero, che viene in mente al personaggio di Spider, nel film interpretato da Giancarlo Giannini, durante la visita in un luogo abbandonato, una volta splendido ed ora decadente, maestosa rovina (metafora): «Colui che voi cercate non è qui», dice Spider leggermente meravigliato, e subito Daniele completa questa citazione del Vangelo: «E’ risorto, come disse, il terzo giorno. Andate, vi ha preceduto in Galilea. Là lo incontrerete». La stessa frase viene ripetuta da Spider nel finale del film, mentre nella chiesa si svolgono le esequie del protagonista, e fa pensare al bisogno umano di donarsi agli altri per ri(trovare) se stessi.

È come se Daniele, essere umano sensibile, dall’anima segnata per quella morte giovanile, abbia pensato, sperato, cercato, di poter uscire dalle sue nebbie (sempre metaforicamente copiose nel film) attraverso un nuovo giovane e vero amore, coincidente con il salvataggio dell’innocente Vanina, gettata dagli altri, prima che potesse difendersi (dalla madre interpretata da Alida Valli e dal compagno incarnato da Adalberto Maria Merli) nella palude in cui l’insegnante l’ha trovata. C’è un donarsi cristiano nella determinazione di Daniele, seppure si definisca «ateo». C’è quel fondo di spiritualità sfuggente, tormentata ma ribollente del cinema di Valerio Zurlini (che avrebbe tanto voluto realizzare un film su San Paolo) in questo personaggio romantico e romanzesco, tenero e tragico, aperto alla piacevole interpretazione complessa ma decisamente ricco di materiale narrativo al suo interno. Che ad ogni suo passo, andando incontro ad altri personaggi non banali, portatori di tutti di una verticalità umana nella quale abbondano la sofferenza e la contraddizione, rende vasto e struggente, forte, interessante da esplorare, La prima notte di quiete, scritto dallo stesso Zurlini con Enrico Medioli, sapientemente fotografato da Dario Di Palma.
In sala dal 25 luglio 2024
La prima notte di quiete – Regia: Valerio Zurlini; sceneggiatura: Valerio Zurlini, Enrico Medioli; fotografia: Dario di Palma; montaggio: Mario Morra; musica: Mario Nascimbene; interpreti: Alain Delon, Sonia Petrovna, Giancarlo Giannini, Renato Salvatori, Salvo Randone, Lea Massari, Alida Valli, Adalberto Maria Merli; produzione: Mondial TE.FI., Roma – Adel Films (Alain Delon), Parigi; origine: Italia/Francia, 1972; durata: 132 minuti; distribuzione: Titanus (a suo tempo), Nexo Digital (oggi).
