La vita è una danza di Cédric Klapisch

  • Voto

Cédric Klapisch per la generazione X (coloro che sono nati tra il 1965 e il 1980) sarà sempre il regista di Chacun cherche son chat (Ognuno cerca il suo gatto, 1996), piccolo gioiello di commedia umana ambientata nel quartiere Bastille di Parigi. La grazia di tocco di Klapisch è rimasta la sua zampata più longeva: con poche pennellate restituisce un mondo, sebbene descrivere un intero universo con regole dure, disciplina, competizione come quello della danza sia sempre impresa ardua.

Nei primi minuti di La vita è una danza vengono gettate le basi su cui si fonda lo svolgimento della trama: la prima ballerina Elise (Marion Barbeau), orfana di madre, vede tra le quinte del teatro, il giorno della prima dello spettacolo, il suo compagno, primo ballerino, baciare un’altra: lo scombussolamento sentimentale che si è scatenato dentro di lei influirà sulla sua performance portandola a infortunarsi.

Una brutta slogatura obbligherà Elise a una sosta dalla danza di almeno tre mesi, se non seguirà le istruzioni del suo medico potrebbe doversi fermare due anni o per sempre e andare incontro a un intervento chirurgico. Dopo varie sedute da Yann (François Civil), un osteopata piagnucolone, deciderà di trovarsi un temporaneo lavoro alternativo e finirà in una splendida villa adibita a residenza per artisti tenuta da Josiane una ricca signora di mezza età – una perfetta personificazione sublimata di figura materna (interpretata da Muriel Robin) – a far da mangiare agli ospiti con la sua amica Sabrina (Souhelia Yacoub) e il di lei fidanzato chef (Pio Marmaï).

Una sceneggiatura abbastanza prevedibile porta la protagonista a confrontarsi con sé stessa, con la famiglia (un padre – Denis Podalydès – incapace a esprimere i sentimenti, due sorelle lontane geograficamente), con l’amore, con la carriera: è giovane – ventisei anni – ma per la danza non poi così tanto; è bella ma, come le dice il padre, “la bellezza non dura per sempre, bisogna sempre avere un piano B”; è spaventata ma la paura va vinta, bisogna avere fiducia nel futuro e guardare avanti con gli occhi spalancati e il cuore in allerta.

La negatività si può trasformare in occasione (questo lo dice il fisioterapista, ex compagno della fedifraga collega danzatrice, che si è invaghito di lei in un ovvio ribaltamento), le occasioni bisogna saperle riconoscere e cogliere, la vita è un continuo movimento: concetti tra il freak anni Settanta e il new age americano sono sciorinati come oro colato con sequenze alcune più riuscite e divertenti, una maggioranza di caratteri stereotipata, un susseguirsi di colpi di scena che tanto stupefacenti non sono.

Belle le immagini al tramonto in Bretagna, il ballo-volo di gruppo nel vento con la compagnia di danza contemporanea di Hofesh Shechter, suggestive e poetiche. Non manca l’uso di droni e di effetti speciali per le coreografie più articolate (titoli di testa e di coda).

Nel complesso un film leggero e gradevole, dal sapore agrodolce, che accende la voglia di muovere in libertà il corpo (non a caso, il titolo originale del film è En corps, nel corpo).

In sala dal 6 ottobre


La vita è una danza   Regia: Cédric Klapisch; sceneggiatura: Santiago Amigoreba, Cédric Klapisch; fotografia: Alexis Kavyrchine; montaggio: Anne-Sophie Bion; musica: Thomas Bangalore, Hofesh Shecthter;  interpreti: Marion Barbeau, Hofesh Shechter, Denis Podalydès, Muriel Robin, Pio Marmaï, François Civil, Souhelia Yacoub, Mehdi Baki, Alexia Giordano, Marion Gautier de Charnacé; produzione: Ce Qui Me Meut, Canal+, Ciné+, France Télévisions; origine: Francia, Belgio, 2022; durata: 117’; distribuzione: Bim distribuzione.

 

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *