Assassinio a Venezia di Kenneth Branagh

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Dopo Assassinio sull’Orient Express (2017, un grandissimo successo) e Assassinio sul Nilo (2022, un clamoroso flop) ecco il terzo capitolo della saga Hercule Poirot diretta e intrepretata dall’ineffabile Kenneth Branagh. Come di consueto è stato un romanzo per altro non molto noto della celebre scrittrice inglese Agatha Christie (1890 -1976), Poirot e la strage degli innocenti (Hallowe’en Party, 1969), a offrire la base di partenza del film. Ma lo sceneggiatore Michael Green si è preso numerose licenze poetiche, rielaborando la storia in modo radicale, a partire dalla location che è diventata Venezia (e non il villaggio inglese di Woodleigh Common), il periodo storico che è diventato il dopoguerra, per la precisione il 1947 e l’anglosassone party per Halloween (come da titolo originale del romanzo), nella cattolica vigilia di Ognissanti.

Kelly Reilly

Il nostro famoso investigatore si è ritirato in pensione e in esilio volontario a Venezia dove ha ingaggiato una guardia del corpo, un ex-poliziotto interpretato da Riccardo Scamarcio, con il compito di scoraggiare i questuanti che gli chiedono aiuto per risolvere dei casi insoluti. Poirot declina scocciato ogni possibile offerta, sino a quando una sua ex-amica (Tina Fey), una scrittrice molto celebre e che ha un’altissima stima della propria intelligenza, non lo viene a trovare e lo stuzzica per coinvolgerlo in un caso tragico accaduto anni prima con la triste morte (omicidio o suicidio?) di una ragazza in un grande palazzo veneziano che si sospetta infestato dagli spiriti. Pur ancora riluttante a lasciarsi attrarre dal caso, il detective prende parte ad una seduta medianica a cui partecipano vari familiari tra cui la madre  (Kelly Reilly) della vittima,  guidata da una fuoriclasse dello spiritismo proprio nel luogo in cui era accaduto il fatto ma dopo poco la medium ci lascia le penne. E fino a qui tutto più o meno chiaro con tanto di suggestioni ispirate ad un classico come A Venezia… un dicembre rosso shocking (Don’t Look Now, 1973) del buon Nicolas Roeg. Il proseguo, invece, di quanto Branagh ha definito un “thriller soprannaturale”, non può, ovviamente, essere raccontato e concerne l’assortito bagaglio funambolico dell’investigazione del nostro eroe. Con tutte le ipotesi, i sospetti, le piste più o meno vere o più o meno false che coinvolgono l’allegra combriccola familiare che si è radunata all’uopo, compreso un ragazzino molto saputello e vagamente antipaticuccio con tanto di occhialoni da intellettuale.

Le tradizionali ferree regole del whodunnit sono, come sempre, rispettate al 100% con un potente pizzico in più di componente horror e di colpi di scena rumorosamente portati all’ennesima potenza dalla musica e dagli effetti sonori. Sino all’inevitabile risoluzione del caso da parte di Hercule Poirot che da campione dell’intelligenza induttiva-matematica sconfigge l’irrazionalità dei demoni e così riprende il suo proverbiale gusto ad investigare su indecifrabili casi insoluti con la sua straordinaria intelligenza e il fiuto finissimo del levriero – amen.

Lo spettatore che vorrà vedere questo discreto Assassinio a Venezia si troverà perfettamente servito di barba e capelli su quanto lo aspetta. Dopo l’inizio en plein air con una bella ricostruzione della Venezia post-bellica, il film si svolge quasi esclusivamente, durante una infinita notte di tempesta, nel palazzo maledetto con Branagh che non perde un secondo per gigioneggiare alla grande con i suoi caratteristici moustache, surclassando il resto del cast. Che a differenza dei film precedenti è sì molto buono ma non particolarmente stellare con la sola eccezione forse del Premio Oscar Michelle Yeoh, nella parte della sfortunata medium che però sparisce quasi subito dopo la sua scena madre. Comunque tutti ottimi interpreti senza dubbio – un difetto questo di cui Branagh non può mai essere rimproverato – come, ad esempio, oltre al nostro Scamarcio in quota di piedipiatti locale, il duo Jamie Dornan e Jude Hill, che ritornano dal ben differente Belfast (2021) nella parte di padre e figlio occhialuto.

Tina Fey, Michelle Yeoh (al centro), Kenneth Branagh

Il tutto va visto rigorosamente doppiato in italiano (ohi noi) per non incorrere nei consueti bisticci di personaggi italiani e stranieri che parlano tutti in inglese – forse per questo motivo non è stato presentato in anteprima fuori Concorso al Festival di Venezia di qualche giorno fa per evitare frizzi e lazzi a cui già Ferrari di Michael Mann si poteva prestare. O per citare un altro caso recente, ancor peggio The Equalizer 3 – Senza tregua.
E comunque, malgrado il risultato largamente piacevole, ci auguriamo che Branagh non insista su una quarta puntata delle avventure di Poirot, per dedicarsi, invece, a qualcosa di più impegnativo – il talento, lo sappiamo, non gli manca.

In sala dal 15 settembre


Assassinio a Venezia (A Haunting in Venice) Regia: Kenneth Branagh; sceneggiatura: Michael Greendal romanzo di Agatha Christie Poirot e la strage degli   (1969); fotografia: Haris Zambarloukos; montaggio: Lucy Donaldson; musica: Hildur Guðnadóttir; scenografia: John Paul Kelly; interpreti: Kenneth Branagh, Kyle Allen, Camille Cottin, Jamie Dornan, Tina Fey, Jude Hill, Ali Khan, Emma Laird, Kelly Reilly, Riccardo Scamarcio, Michelle Yeoh, Amir El-Masry; produzione: Kenneth Branagh, Mark Gordon, Judy Hofflund x 20th Century Studios, Kinberg Genre, Scott Free Productions, TSG Entertainment, The Mark Gordon Company; origine: Usa, 2023; durata: 108 minuti; distribuzione: The Walt Disney Company Italia.

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