Crimes of the Future di David Cronenberg

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Un addome viene divaricato. E noi spostiamo lo sguardo. Un bisturi entra nell’addome divaricato. E noi mettiamo le mani davanti al viso. Il bisturi taglia ed estrae l’organo. E noi chiudiamo le dita. Ma gli occhi, in effetti, mai si sono chiusi perché vogliamo vedere. C’è qualcosa di estremamente sbagliato nell’osservare la violazione del corpo umano e Cronenberg lo sa, lo sa il suo protagonista, i restanti personaggi di un mondo biologicamente alla deriva e così ne siamo consapevoli noi spettatori… tuttavia, che ci si può fare? È un piacere, morboso e malato, eppure un piacere nostro.

Con Crimes of the Future il regista canadese, a cui in questi giorni viene dedicata una importante retrospettiva in alcune città italiane, torna al body horror. E lo fa dopo una parentesi di una decina di anni riempita da satira al mondo dello spettacolo (Maps to the stars) e un’avventura nel cortocircuito sacrale delilliano (Cosmopolis) ed è un ritorno bello, necessario, perché saper far film è una cosa, saper raschiare l’umanità con le dita, i rimasugli di carne sotto le unghie, è un’altra. E solo alcuni ne sono capaci. Per esempio, gli ossessi dell’umano.

Saul Tenser (Viggo Mortensen) è un artista. Dentro il suo corpo crescono nuovi organi e Caprice (Léa Seydoux), la sua assistente, li tatua e poi li toglie mentre gli spettatori osservano, filmano e si eccitano alla vista di quel bisturi che entra e taglia. “La chirurgia è il nuovo sesso” sussurra Timlin (Kristen Stewart), appartenente all’ente di registrazione dei nuovi organi, all’orecchio dell’artista e Tenser annuisce: il vecchio sesso, ormai, non ha più spazio nel mondo. Perché è un mondo alla deriva, questo: la soglia del dolore si è alzata e così tutto ciò che è afferente al sistema nervoso. I coltelli devono scendere sotto pelle perché si possa provare un’eco di piacere e l’arte insegue la barriera dell’ammesso-non ammesso per mantenerne l’effetto provocatorio richiestogli dalla società.

E la società provocata nel profondo lo è: gli organi che crescono nel corpo dell’artista sfidano i limiti dell’umano e l’umano stesso è messo in pericolo. Per noi, gli uomini, per loro, la polizia e i governi, non è accettabile e così per Tenser stesso che quegli organi deve e vuole rimuoverli. Potrebbero essere tumori, sostiene. Un giorno però gli capita tra le mani un’offerta irresistibile: l’autopsia del corpo di un bambino che si nutriva naturalmente di plastica. Arte e moralità si schermano, Tenser è tentato. Là dentro potrebbe esserci un nuovo umano. Là dentro potrebbe esserci la risposta che l’artista sta cercando. Là dentro potrebbe esserci tutto o nulla, bisogna avere il coraggio avventato di aprire.

Cronenberg è un autore di culto e come autore di culto crea mondi che non rotolano mai troppo lontano dalle radici dell’umano, in questo caso non ne escono dall’addome. Lo fa adottando un punto di vista differente che tra sano e malato sceglie il secondo, e costruisce così una scala di valori differente nel quale il conturbante è la normalità e ciò che è conturbante per quella normalità è conturbante al quadrato per gli occhi di spettatori sani. Ci riesce facendoci strisciare a forza in un mondo dalla scenografia intestinale, ruvidi interni ed esterni, splendidamente malsana e scomposta per richiamare un mondo che a partire dal corpo umano, e a ritornarci a quel corpo, ormai è marcio eppure in continuo utilizzo nonché auto digestione.

Le musiche sono affidate a Shore che con l’orchestra goticheggia i momenti di pathos, compresa la prima performance a cui appartiene il destino delle scene di culto, il restante è nelle mani di un cast di stelle che con Viggo Mortensen e Léa Seydoux raggiunge la giusta alchimia (giusta per il tono generale, insalubre) e che la recitazione (consapevolmente) esagerata di Kristen Stewart rilancia per conformarsi alla contraffazione generale. La storia non ha buchi e non ha rallentamenti gratuiti, soltanto in un paio di occasioni si prendono vie laterali che risulterebbero critica spiccia (concorso di bellezza interiore) se non fossero tracciate all’interno di un mondo narrativo estremamente coerente che le alza un poco di tono e così le salva rimandando a quel cosmo di perversioni che ha già seme nei nostri tempi e che in quei presenti tempi futuri trova giustificazione. Rimane il fatto che nell’immergere le mani nel perturbante si va a rimestare questioni fondamentali (arte etica morale politica biologia sesso) che hanno la loro voluminosità e spostarle non è semplice, così come non è facile farle incastrare tra loro. Alla fine, però, le redini vengono tenute, e le domande convergono tutte verso un punto, palese quanto fondante.

Riprendendo il body horror affrontato ne La mosca (1986), il suo film più famoso, e le parafilie di Crash (1996), con Crimes of the Future – titolo omonimo ma non remake di un film girato da Cronenberg stesso nel ’70 – il regista canadese rilancia una visione che gli appartiene per diritti artistici e che di nuovo rilancia nell’indagine sull’umano. Fa centro: non ci si annoia e si è segnati, anche se non si è degli habitué del maestro.
Il paradosso della nave di Teseo sostiene che non sia chiaro se e il momento nel quale la nave di Teseo, sostituendo pezzo per pezzo negli anni, smetta di essere di Teseo e diventi altro. È un quesito di persistenza dell’identità originaria e Cronenberg lo riflette su di noi: cosa è l’uomo? Quanto biologicamente deve cambiare prima di non essere più tale? E soprattutto: fino a che punto l’uomo può accettarsi?

Se giusto l’anno scorso Titane di Julia Ducornau lo aveva ricercato alla Crash nella relazione automobile-donna, per Cronenberg la risposta è sotto pelle, tra organi e altro. Lì si “gronda di significati”, e noi vogliamo saperli, abbassando lo sguardo ma non smettendo assolutamente di guardare.

Dal 24 agosto al cinema


Crimes of the Futureregia: David Cronenberg; soggetto: David Cronenberg; sceneggiatura: David Cronenberg; fotografia: Douglas Koch; montaggio: Christopher Donaldson; musica: Howard Shore; scenografia: Dimitra Sourlantzi; costumi: Mayou Trikerioti; trucco: Alexandra Anger, Dimitris Apostolidis, Panos Kondylis, Dora Nazou, Stacey Panepinto, Monica Pavez, Alex Priftis, Hronis Tzimos; Viggo Mortensen, Léa Seydoux, Kristen Stewart, Scott Speedman, Denise Capezza, Welket Bungué, Don McKellar, Lihi Kornowski, Tanaya Beatty, Yorgos Karamihos, Yorgos Pirpassopoulos, Nadia Litz; produzione: Argonaut Productions, NEON, CBC, MUBI, Serendipity Point Films, Telefilm Canada, Ingenious Media; origine: Francia, Grecia, Canada, UK, 2022; durata: 107’; distribuzione: Lucky Red.

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