Festival del cinema tedesco (Roma): Wann wird es endlich wieder so, wie es nie war di Sonja Heiss

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Siamo nel 1974. La famiglia di Joachim, un bambino di sette anni da tutti chiamato con il diminutivo di Josse (Camille Loup Moltzen, Arsseni Bultmann, Merlin Rose), potrebbe essere una normalissima famiglia borghese: madre casalinga e tre figli maschi; se non fosse che il padre è il direttore di una clinica psichiatrica e la loro casa si trovi proprio all’interno dell’istituto paterno. La tragicomica commedia di Sonja Heiss Wann wird es endlich wieder so, wie es nie war (When Will It Be Again Like It Never Was Before), una coproduzione tedesco-belga presentata l’anno scorso in anteprima al Festival del cinema di Berlino, prende spunto dall’omonimo romanzo autobiografico di Joachim Meyerhoff per raccontare un originale coming-of-age.

Il lungometraggio che racconta in brevi episodi dei primi trent’anni di Josse è diviso in tre capitoli: infanzia, adolescenza ed età adulta. Sebbene la ricostruzione dell’ambiente sia ben curata nei dettagli del set-design e dei costumi, si tralascia però di contestualizzare storicamente gli eventi, accontentandosi di focalizzare l’attenzione sulle vicende familiari.

Richard (Devid Striesow), il padre di Josse è un medico psichiatra all’avanguardia e persuaso dal metodo della creatività terapeutica nella gestione della malattia mentale. Tanto che lo applica non solo nel suo lavoro con i pazienti, ma anche nell’educazione dei propri figli. Alle crisi di rabbia del ragazzo, dovute alle continue prese in giro dei fratelli maggiori, i genitori reagiscono con praticità e inventiva: il bambino viene semplicemente messo a sedere sulla lavatrice in fase di centrifuga, finché non si calma. Per quanto la stanza preferita di Josse in casa sia la stanza del fratello Philipp – al quale il bambino si sente più legato – per via dei diversi acquari con pesci e piante che la vivacizzano, il luogo in cui si sente più a suo agio è sicuramente la clinica paterna, dove può spostarsi in tutta libertà fra le stanze, ben accolto sia dal personale, sia dai pazienti che considera alla stregua di amici. Questi ultimi poi non lo mortificano come invece sono soliti fare i due fratelli maggiori, anzi, proprio nella clinica ha l’occasione di conosce Marlene, una paziente bambina, silenziosa e solitaria, per la quale prenderà la sua prima cotta amorosa.

L’adattamento letterario è affidato ad un buon ensemble di attori, ben scelto fin nei ruoli minori dei tre fratelli, gli attori dei quali cambiano man mano che crescono nel tempo. Laura Tonke e Devid Striesow convincono invece nella loro interpretazione di genitori progressisti e allo stesso tempo tradizionalisti nella divisione dei ruoli all’interno della coppia. Questo porta inevitabilmente alla crisi: il padre, nonostante tradisca la moglie, non ha il coraggio di ammettere le sue colpe al figlio ormai adulto e quindi nemmeno a sé stesso; la madre, casalinga frustrata, che ricorda con nostalgica tristezza il suo romantico soggiorno italiano, si consola dipingendo paesaggi umbri o ballando, nel salotto di casa e a piedi nudi, sulle note di “Felicità” di Al Bano e Romina Power. Una vera chicca sono i pazienti della clinica: le loro eccentriche personalità arricchiscono con vivacità i dialoghi. Se ne escono fuori con frasi talvolta assurde, tipo: – “Se uno si concentra non muore. Io lo faccio sempre, altrimenti sarei già morta mille volte” –, talvolta piene di acute osservazioni: – “Ma tutte le donne devono lavorare gratis?” – che potrebbero benissimo essere state improvvisate durante le riprese delle scene. Specialmente i dialoghi, che si svolgono durante le feste di compleanno del padre, contribuiscono con un tocco di ironia a fare un’accennata e sottile critica sociale. Questa però non tende ad andare oltre la forma episodica. Allo stesso modo si può parlare dei molti incontri di Josse con la morte che nel corso del film si accavallano uno dopo l’altro: il pensionato trovato sulla strada verso scuola, il merlo che va a sbattere addosso alla vetrata di casa, il cane domestico, il fratello, ecc… Manca loro una contestualizzazione, una cornice d’insieme. Dopotutto sono la colonna portante della narrazione, il filo conduttore che manda avanti la storia.

Guardando il film ci sentiamo come Josse che, davanti alla parete-acquario nella stanza del fratello, osserva e registra quel multiforme caleidoscopio di piccoli e grandi drammi che lo circondano e a cui la vita gli ha riservato di assistere. Si sorride e si ride, ma ci si intristisce pure, davanti a questa varietà di situazioni, talora divertenti, talvolta comiche, ma sempre piene di umana tragicità. Un’opera piacevole e leggera, da guardare senza però aspettarsi chissà che, anzi, probabilmente le considerazioni psicologiche – dopotutto non si parla di psiche? – sono rimaste (dimenticate?) nell’autobiografia dell’autore Joachim Meyerhoff.


Wann wird es endlich wieder so, wie es nie war (When Will It Be Again Like It Never Was Before) – Regia: Sonja Heiss; sceneggiatura: Sonja Heiss, Lars Hubrich; fotografia: Manuel Dacosse; montaggio: Julia Karg; musica: Dickon Hinchliffe; interpreti: Arsseni Bultmann, Laura Tonke, Devid Striesow, Pola Geiger, Camille Loup Moltzen, Casper von Bülow, Merlin Rose, Axel Milberg; produzione: Komplizen Film, Warner Bros. Film; origine: Germania, 2023; durata: 116 minuti.

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