Festival di Venezia (28 agosto- 7 settembre 2024): Mon inséparable di Anne-Sophie Bailly (Orizzonti)

Laure Calamy ormai in patria è una star. Al lido di Venezia, nelle ultime annualità, la ricordiamo sempre nella sezione Orizzonti nel bel film di Éric GravelFull time – al cento per cento, madre single sempre di corsa per mantenere i suoi figli. In Mon inseparable interpreta di nuovo una madre sola, stavolta di un figlio grande con una disabilità mentale.

Mona (Laure Calamy) ha avuto Joël (Charles Peccia-Galletto) molto giovane. Lo ha allevato senza un padre, con tutti i disagi del caso. Ha con lui un rapporto fusionale, come viene ben raccontato dalla prima scena: in piscina nuotano madre e figlio. Si incontrano a bordo vasca e giocano a schizzarsi. Mona chiede al figlio: Quanto ti mancherei se non ci fossi più? Il ragazzone risponde: Pochino.

Mona si trucca, si fascia in jeans elasticizzati, lavora come estetista, esce ogni tanto la sera a bere una birra mentre il figlio cena con una persona che si prende cura di lui. Joël di giorno lavora in una struttura per persone con disabilità. Spesso si nasconde in uno spogliatoio con Océane (Julie Froget), una sua coetanea. I due ragazzi si abbracciano e scambiano effusioni di tenerezza con reciproca soddisfazione.

Charles Peccia-Galletto e Laure Calamy

Mona è una persona estroversa, comunicativa, grintosa, una che parla facilmente con gli sconosciuti. Una sera Joël ha mandato via la badante, ha apparecchiato la tavola, deve dare alla madre una grossa notizia: Océane aspetta un bambino. È una bomba che esplode. Come può chi non è in grado di badare a sé stesso mettere al mondo un altro essere umano? Mona alza la voce, s’infuria, sbatte la porta e va al solito locale, lasciando il ragazzo da solo, per la prima volta.

Rimorchia un bel tipo con la barba (Geert Van Rampelberg), bevono un bicchiere, finiscono a letto, a casa di lei. C’è complicità tra loro, lui confessa che non gli capitava da tempo una cosa come quella, lei ride, anche per lei è lo stesso. Nella notte l’uomo va al bagno e viene scoperto da Joël che ha una crisi di panico. Mona manda via l’amante e calma suo figlio. È difficile crescere un figlio, è difficile lasciarlo andare tanto quanto è difficile essere una donna giovane con desideri e bisogni. Ancora più difficile decidere lucidamente come comportarsi in una situazione insolita per dei genitori che tutta la vita si sono trovati ad essere ancora più genitori della norma.

I genitori di Océane mettono in dubbio la buona fede di Joël, provano ad alludere a una possibile costrizione sulla figlia, il padre offende Mona insinuando che non conosce bene suo figlio, la donna reagisce impulsivamente e lo insulta. Aiutati dalla psicologa del centro dove i ragazzi lavorano arrivano a capire che quello tra Océane e Joël è un sentimento amoroso reale, tanto che i due vogliono tenere il bambino, contrariamente al parere degli adulti.

Senza parlarne con nessuno Mona porta Joël a fare un viaggio in macchina, meta il Polo Sud, dove lei ha sempre raccontato che vivesse il padre e dove lui, da piccolo, indirizzava le numerose cartoline che voleva inviargli. La vera destinazione sono le spiagge del mare del Nord, in Belgio. La tensione però non svanisce solo con la distanza: al ristorante, riguardo alla gravidanza, Mona spende parole troppo dure da sopportare e Joël si alza e se ne va. Come i pappagallini del titolo originale del film, appartenenti alla razza degli inseparabili, madre e figlio non sanno stare l’uno senza l’altra, non ne hanno l’abitudine, sanno con difficoltà muoversi nel mondo senza l’altra metà del nucleo familiare. Chi ha diritto a che cosa? Si chiede Mona, si chiede Joël, si chiedono i genitori di Océane. Dove finisce il diritto genitoriale su un figlio diversamente abile? Joël dice di avere il diritto di avere un figlio e, in effetti, chi glielo può negare, con quale coraggio e perché? Perché diventerebbe troppo gravoso economicamente? Perché si stenta a respirare al solo pensiero?

La storia ci viene narrata in maniera eccellente e originale, veritiera e rispettosa, crossando le ostilità del percorso, seguendo con delicatezza gli alti e bassi di scelte e incontri stratificati di significati per ognuno dei personaggi. Calamy splende in un ruolo non manicheo di una donna che sbaglia ammettendolo, che prende coraggio da un altro tiro di sigaretta, una madre che ha mentito ma che percepisce esaurito il tempo delle omissioni. Corpi perfetti nell’imperfezione, gli attori si muovono nel piano di realtà nuotando con leggerezza verso un finale commovente.


Mon inseparableRegia e sceneggiatura: Anne-Sophie Bailly; fotografia: Nader Chalhoub; montaggio: François Quiqueré; musica: Jean Thevenin; interpreti: Laure Calamy, Charles Peccia-Galletto, Julie Froger, Geert Van Rampelberg, Rebecca Finet, Pasquale D’Inca, Aissatou Diallo Sagna; produzione: Les Films Pelléas; origine: Francia, 2024; durata: 94 minuti.

 

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